By the book: secondo il libro, secondo la procedura. Così un esperto dell'amministrazione Bush con cui ho avuto spesso occasione di lavorare commenta la liberazione delle due Simone. I sequestratori non vanno confusi con i terroristi suicidi. Lo scopo del terrorista suicida è morire martire, shahid, dopo avere inflitto agli infedeli il maggior danno possibile. Né ci sono monete o riscatti che ai suoi occhi valgano quanto il sangue del martirio che garantisce il paradiso. Il sequestratore invece vuole salvare la pelle: se scappa, verrà buono per un'altra volta. Spesso ammazza gli ostaggi, ma è anche disposto a liberarli se il prezzo è giusto e serve a finanziare l'organizzazione.
Il libro, la procedura internazionale standard, di fronte a un sequestro prevede tre tappe: identificare il gruppo responsabile, scoprire dove tiene gli ostaggi, decidere se pagare un riscatto o tentare un blitz per liberarli.
L'anonima sequestri irakena è un'industria organizzata in modo piramidale. Al vertice c'è il giordano Zarqawi, esponente di Al Qaida venuto in Irak già alla fine del 2001 dopo l'11 settembre, come ora è chiaro, non solo per combattere i curdi ma anche per preparare, d'intesa con Saddam, una sorta di stay behind o Gladio rossa pronta a entrare in azione nel caso, che diventava probabile, di occupazione americana. I quadri intermedi sono ex-militanti del partito Ba'ath: vecchi laicisti che Al Qaida disprezza ma ha imparato a utilizzare. Ancora più in basso, nella piramide di Zarqawi, ci sono i criminali comuni: delinquenti tribali, tagliagole ed ex-informatori del regime di Saddam trasformati in resistenti, che da una parte fanno il lavoro sporco, dall'altra si presentano ai governi occidentali offrendo la loro generosa collaborazione come mediatori.
Gli italiani hanno identificato il gruppo che aveva rapito le due Simone e il loro luogo di prigionia lavorando con l'intelligence americana e con quelle di una mezza dozzina di Paesi amici, con un ruolo decisivo svolto dai servizi giordani, un nome che nel mondo arabo evoca immediatamente una collaborazione silenziosa ma efficace con il Mossad, che più volte ha salvato la pelle al coraggioso monarca di Amman. A questo punto, hanno deciso in modo diverso rispetto al caso Stefio-Agliana-Cupertino, in cui c'era già stato l'assassinio di Quattrocchi: non il blitz, ma il pagamento di un riscatto - in vil danaro, non in gesti politici -, non elevatissimo per gli standard irakeni. Sembra del resto che la Gladio rossa di Zarqawi e Saddam stia finendo una delle risorse indispensabili, i soldi, e che per questo sia più disponibile in queste ore a liberare ostaggi per danaro.
Speriamo di vedere liberi anche i due francesi: ma il loro governo ha preso il libro al contrario. Ha cominciato a pagare prezzi politici altissimi (l'ultimo, la grottesca richiesta di invitare i resistenti terroristi alla conferenza internazionale sull'Irak, potrebbe forse rappresentare il pagamento finale per liberare gli ostaggi) prima di raccogliere informazioni, anche perché i suoi servizi sono in rapporti pessimi con chi le ha per davvero (gli americani e i giordani, dietro a cui ci sono gli israeliani). Chirac potrebbe cominciare a riflettere sul fatto che è preferibile essere amici del re di Giordania, discendente diretto del profeta Muhammad in grado di minacciare fatwa fulminanti contro chi uccide donne in spregio al Corano, che di Hamas. Quanto agli americani, ci si potrebbe chiedere perché - se conoscono così bene il libro - i loro ostaggi finiscono decapitati. Ma la domanda sarebbe sbagliata. La stampa ha parlato di cinque ostaggi americani sequestrati e ammazzati: molti meno dei turchi, dei nepalesi, dei libanesi. Eppure dovrebbero essere gli americani l'obiettivo primo di Zarqawi. La stampa invece non ha citato - non solo perché il segreto militare funziona, ma perché i giornalisti, che sono fra i primi a rischiare il sequestro, almeno per qualche giorno collaborano - un buon numero di sequestri di americani: risolti con le maniere forti, dalle forze alleate entro due-tre giorni dai fatti, non sono mai arrivati sui giornali.
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