Nellannuale incontro con il Corpo Diplomatico, del 12 gennaio 2004, il Papa (parlando in francese) ha affermato, con tanto di punto esclamativo, che la laicità non è laicismo! e che in certi paesi dEuropa si afferma un atteggiamento che potrebbe mettere in pericolo il rispetto effettivo della libertà religiosa. Mentre la laicità, secondo Giovanni Paolo II, è un luogo di comunicazione fra le diverse tradizioni spirituali e la nazione, il laicismo è la separazione radicale e non la semplice distinzione fra religione e sfera pubblica. Questa rottura si esprime sia nella politica interna, sia nella politica estera, con il rifiuto di riconoscere pubblicamente le radici cristiane dellEuropa e il ruolo di una Chiesa che pure è stata decisiva per la restaurazione della democrazia in Europa Centrale e Orientale.
Quali siano quei certi paesi dEuropa è chiaro, e a Chirac devono essere fischiate non poco le orecchie. Dalla lotta contro le cosiddette sette alla questione del velo e degli altri simboli religiosi a scuola, il governo francese si è fatto portabandiera dellideologia laicista della separazione radicale fra fede e cultura pubblica. Ed è lo stesso governo francese che si è opposto con testarda intransigenza a ogni menzione delleredità cristiana nella Carta Costituzionale europea. Sui due punti di politica interna ed estera già i vescovi cattolici francesi avevano criticato esplicitamente Chirac.
La questione, tuttavia, è di rilievo generale, e merita di essere sottratta alle polemiche spicciole. Sul tema diventato nuovamente essenziale dei rapporti tra religione e cultura, si confrontano laicismo, fondamentalismo e laicità. Per il laicismo, tra fede e cultura ci deve essere totale separazione: una sorta di muraglia cinese che valuta negativamente ogni tentativo del credente di far diventare la sua fede cultura e di giudicare la cultura, quindi anche la politica, alla luce della fede. Allestremo opposto, vi è la posizione per cui fede e cultura, e anche fede e politica, coincidono o dovrebbero aspirare a coincidere in una sorta di fusione che chi non condivide questo accostamento valuterà facilmente come confusione , per cui ogni modo di produzione della cultura che non parta esplicitamente dalla fede, ogni politica che non sia direttamente e senza mediazioni religiosa, sarà considerata di volta in volta sospetta, ovvero totalmente inaccettabile se non demoniaca. È questa la posizione del fondamentalismo, i cui sostenitori o si separano totalmente dalla società circostante vivendo in enclave o comunità che riducono al minimo il contatto con gli altri, ovvero decidono che è assolutamente necessario reagire al carattere intollerabile della società cambiandola e diventano movimenti religiosi di tipo attivista e rivoluzionario, con possibili derive verso la violenza. Il Papa critica senza chiamarla con questo nome la posizione fondamentalista, ricordando che una distinzione fra la comunità politica e le religioni è in sé legittima e necessaria. Ma e qui il Pontefice ricorre ancora al punto esclamativo distinguere non vuol dire ignorare!.
Per la Chiesa cattolica tra fede e cultura vi è distinzione, non separazione. Si ritiene che la cultura, come la politica e tutte le realtà terrene e secolari, abbia una sua sfera di autonomia, ma che possa e debba essere giudicata dai credenti alla luce della fede e della morale. È, questultima, una posizione di laicità, un termine cui Giovanni Paolo II dà un valore positivo e che non coincide con il laicismo. La laicità, in quanto indica la strada di una collaborazione tra fede e cultura, non è naturalmente la laïcité à la française, e in questo senso il francese laïcité andrebbe tradotto piuttosto con laicismo. Il Papa denuncia sia la separazione assoluta sia la confusione fra fede e politica e, indicando la via media e ragionevole della distinzione e della laicità, impartisce una lezione sia ai fondamentalisti religiosi sia agli adepti del nuovo fondamentalismo laicista alla francese. È troppo attendersi che qualcuno, in Francia, rifletta?
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