Persa fra le molte notizie che arrivano dal Medio Oriente, la disponibilità espressa dalla Giordania a inviare truppe in Irak non deve essere però sottovalutata. Contemporaneamente si sta negoziando un accordo trilaterale fra Giordania, Israele e Unione Europea che apre la strada a joint venture che permetteranno al capitale israeliano di finanziare il decollo delleconomia giordana.
Uno scambio politico-economico, già in corso da anni: la Giordania al di là di qualche dichiarazione di facciata sostiene di fatto la campagna occidentale contro il terrorismo e ha fornito un discreto appoggio logistico anche allattacco a Saddam Hussein. Gli Stati Uniti e Israele lavorano per la stabilità della monarchia giordana e la sostengono con aiuti economici.
Lappoggio alla pacificazione dellIrak è un episodio o sta nascendo in Giordania una novità, in un futuro almeno remoto, applicabile anche alla Palestina? Il modello giordano è la chiave per la soluzione della questione palestinese? Potrebbe sembrare di sì, se si considera che da un punto di vista etnico, linguistico e culturale i giordani, abitanti di quella che gli inglesi chiamavano Transgiordania, hanno caratteristiche pressoché identiche ai palestinesi della Cisgiordania e di Gaza.
Inoltre, una percentuale sulla cui consistenza vi sono controversie, ma che è valutata intorno almeno al 30%, della popolazione giordana viene dai territori affidati allAutorità Nazionale Palestinese, e a questi palestinesi, a differenza di tutti gli altri Stati arabi, la Giordania ha concesso la cittadinanza. Non vi sarebbe dunque nessuna ragione per cui la convivenza con Israele e con un Irak democratico che è accettabile per un palestinese cittadino giordano non debba essere accettata da un palestinese cittadino di una futura Palestina indipendente che comprenda Cisgiordania e Gaza.
In pratica, il problema è più complicato. In Giordania esiste una classe dirigente affidabile, credibile per la maggioranza della popolazione; in Palestina no. Non si può paragonare un raiss corrotto e considerato da gran parte del popolo delle moschee palestinese un miscredente come Arafat con un giovane re insieme ritenuto discendente del Profeta e popolare per i suoi atteggiamenti democratici e le sue riforme come Abdullah II di Giordania.
Inoltre, la cosiddetta eccezione giordana deriva dal fatto che la maggiore organizzazione del fondamentalismo internazionale, quella dei Fratelli Musulmani, ha deciso da ventanni di abbandonare la violenza e inserirsi nella politica parlamentare, mentre in Palestina è successo il contrario e i locali Fratelli Musulmani sono alle origini di Hamas. Fino a quando da un conservatorismo religioso e da un fondamentalismo capace di rinunciare alla violenza non emergerà in Palestina una classe dirigente alternativa a quella impopolare e corrotta raccolta intorno ad Arafat il modello giordano non potrà essere imitato.
Ma è importante che il modello esista. Lo ha ben compreso il terrorismo internazionale, che ha cercato ripetutamente di colpire la Giordania. E anche il fondamentalismo più radicale, che organizza continue campagne contro la cosiddetta normalizzazione dei rapporti con Israele e lIrak e le riforme di re Abdullah II.
Sostenere le riforme (certo chiedendo anche una maggiore trasparenza di un processo elettorale talora criticato) e lapertura economica giordana dovrebbe dunque essere una priorità per lOccidente e per lEuropa.
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