L'attentato allíambasciata australiana di Giakarta è molto grave. Porta la firma di Al Qaida, specializzata in attacchi alle ambasciate condotti sempre con la stessa tecnica, e della sua filiale indonesiana Jemaah Islamiyah (JI), già responsabile degli attentati a due locali notturni di Bali dell'ottobre 2002 - in cui, fra gli oltre 200 morti, c'erano 88 australiani - e dell'attacco all'Hotel Marriott di Giakarta del 5 agosto 2003 (dodici morti). Gli arresti degli ultimi due anni - che hanno portato in carcere oltre duecento militanti di JI compreso il suo capo, Hambali - non hanno distrutto l'organizzazione. Il governo indonesiano - e la presidentessa Megawati Sukarnoputri, la figlia del padre della patria Sukarno impegnata a preparare il ballottaggio per la rielezione che la opporrà il 20 settembre al generale Yudhoyono, ex-ministro dell'Interno - hanno enfatizzato i successi sul terrorismo in chiave pre-elettorale. I successi sono reali, ma si è ancora lontani da una sconfitta definitiva di JI e di Al Qaida.
L'organizzazione di Osama bin Laden considera quello del Sud-Est asiatico uno scenario di importanza fondamentale. Le sue filiali tailandesi e filippine sono all'opera per destabilizzare due degli alleati chiave degli Stati Uniti nella regione; un terzo, Singapore, è ora minacciato da cellule di cui si è scoperta líesistenza ma che non si è riusciti a sgominare. Le Filippine - dopo avere ceduto a un sequestro che le ha fatte scappare dall'Irak - resistono a fatica. In Malesia e in Indonesia il terrorismo si propone di dimostrare che governi con una forte componente islamica conservatrice ma non fondamentalista - 'cattivi esempi' per tutto il mondo musulmano come, in altre aree dell'islam, la Turchia e il Marocco, pure colpiti piuttosto spesso da Al Qaida - non sono in grado di garantire l'ordine pubblico. L'Australia deve essere punita per il suo appoggio agli Stati Uniti e il ruolo che ha a suo tempo svolto per proteggere le popolazioni cristiane minacciate di genocidio a Timor Est e altrove, anche perchè ogni attentato rafforza nel paese oceanico una forte sinistra pacifista e isolazionista.
JI - come tutte le filiali di Al Qaida - nasce dalla presenza di un battaglione di indonesiani nella guerriglia anti-sovietica in Afghanistan. Dal 1995 questi 'afghani' indonesiani hanno continuato l'addestramento a Mindanao, nelle Filippine. I campi filippini sono stati chiusi con l'aiuto delle truppe americane dopo l'11 settembre (ne resta forse soltanto uno), e l'addestramento di JI si è spostato in una zona montana quasi inaccessibile dell'isola indonesiana di Sulawesi. Sotto la guida di Hambali, JI ha stretto importanti contatti con la temibile criminalità organizzata indonesiana, cui ha fornito una giustificazione ideologica. A partire dal 2002 si è mostrata in tutta la sua potenza operativa. Il nuovo attentato di Giakarta ha un triplice scopo. Confermare - secondo decisioni che vengono dal vertice di Al Qaida - JI come guida di tutto il movimento terrorista nel Sud-Est asiatico. Punire e spaventare l'Australia. E destabilizzare l'Indonesia, alla vigilia del ballottaggio che porterà al primo presidente direttamente eletto dal popolo. Un passo decisivo, su cui puntano le grandi organizzazioni islamiche conservatrici - anzitutto la Nahdlatul Ulama, con i suoi quaranta milioni di membri - verso quella democrazia che toglierebbe al terrorismo l'acqua in cui i suoi militanti nuotano come squali impazziti.
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