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Al Qaida, il Congo e gli strani amori del colonnello Gheddafi

di Massimo Introvigne (il Domenicale. Settimanale di cultura, 31 luglio 2004)

Le Nazioni Unite, presenti nella Repubblica Democratica del Congo con oltre diecimila caschi blu, da settimane denunciano che sono ricominciati i combattimenti nella zona orientale del Paese. La guerra del Congo, pressoché dimenticata in Occidente, ha fatto dal 1998 al 2003 oltre tre milioni di morti e ha visto operare nel Paese africano sei eserciti stranieri. Ufficialmente è finita nel giugno 2003. Ufficiosamente, continua.
Una buona ragione per occuparsene è che nel Congo orientale, dove si combatte, ci sono assieme le maggiori riserve di oro del mondo e ottime prospettive per un futuro petrolifero. Recentemente, di questo petrolio ha cominciato a interessarsi la Tamoil, la società petrolifera del colonnello Muhammar Gheddafi. Lo stesso colonnello si occupa molto direttamente dei fatti del Congo. Tra i tanti signori della guerra congolesi, egli sostiene Kahwa Mandro, leader del Partito per l'Unità e la Salvaguardia dell'Indipendenza del Congo (PUSIC), un partito etnico della tribù Hema che, vedi caso, controlla alcune delle zone più interessanti dal punto di vista petrolifero. Mandro si è convertito all'islam e la Libia ha avviato un ambizioso programma di costruzione di moschee nella zona nord-orientale del Congo dove operano le sue milizie. In un discorso, Mandro - che peraltro le offensive dell'esercito congolese costringono periodicamente a rifugiarsi nella vicina Uganda - ha dichiarato che la sua regione diventerà l'Arabia Saudita dell'Africa.
L'Uganda, che ha interferito continuamente nei fatti congolesi, è un paese a maggioranza cristiana, ma con una consistente minoranza musulmana e con un governo che si sforza di mantenere eccellenti relazioni con i Paesi arabi. Inoltre il presidente Yoweri Museweni ha restaurato l'autonomia di quattro regni semi-indipendenti all'interno del Paese, la cui esistenza legale era stata abolita dal despota Idi Amin Dada Oumee. E qui s'inserisce una storia curiosa, dal sapore di favola hollywoodiana.
Il più ricco (e musulmano) dei quattro regni, quello di Tooro, ha un re bambino ed è nelle mani di una bella regina madre che si chiama Best Kemigisha. La regina è stata vista sempre più spesso in Libia e la stampa africana parla di un sontuoso palazzo a Londra acquistato per lei dal colonnello Gheddafi, che ne sarebbe segretamente innamorato e che ha anche restaurato il palazzo reale di Tooro a sue spese. La regina nega, ma la storia occupa le prime pagine dei rotocalchi africani e consente comunque al colonnello libico di avere più di un piede in Uganda.
L'Uganda, d'altra parte, mentre s'interessa del Congo, deve difendersi dalla sanguinosa guerriglia settentrionale dell'Esercito della Resistenza del Signore, guidato da Joseph Kony.
Quest'ultimo, originariamente protestante, si è convertito all'islam agl'inizi del 2004 sotto l'influenza di missionari fondamentalisti sudanesi, legati all'ideologo (ora in carcere) Hassan al-Turabi e, secondo fonti d'intelligence americane, anche a Osama bin Laden. Al Qaida, peraltro, intratterrebbe discreti legami pure con ambienti dei servizi ugandesi e con il partito di Mandro in Congo. Se Gheddafi - certo senza rinunciare agl'interessi petroliferi - si riavvicina all'Occidente, sul tipo d'islam radicale che ha seminato nell'Africa sub-sahariana (dove vive un quinto della popolazione islamica mondiale) può inserirsi la propaganda di Al Qaida, a sua volta alla ricerca di nuove basi di addestramento per i propri terroristi in zone il più possibile remote. Per questo le “guerre dimenticate” dell'Africa nera sono conflitti che l'Occidente farebbe bene a non dimenticare troppo.

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