Il sangue dei martiri cristiani versato in Irak ha il marchio inconfondibile di Al Qaida. Nelle sue Epistole Ladenesi Osama bin Laden preannuncia con tragica chiarezza il passaggio, dopo una prima fase di scontro politico, a una guerra religiosa apocalittica dove i musulmani combattono la battaglia finale contro "i crociati" - cioè contro i cristiani - e "gli ebrei". È una versione primitiva, barbara, sanguinaria dello scontro di civiltà da cui anche molti fondamentalisti islamici prendono le distanze. Ma evocare l'odio contro chi non è musulmano mira a risvegliare emozioni e tensioni antiche di secoli: l'ossessivo riferimento alle Crociate non è casuale.
Come sempre, tuttavia, Al Qaida coniuga la poesia apocalittica con la prosa della strategia politica. In Irak l'attacco alle chiese cristiane spera di ricompattare un vasto fronte musulmano, già agitato dalla diffusione di false notizie su una "invasione" di missionari cristiani, contro le religioni "straniere", e a provocare scontri inter-religiosi che potrebbero ostacolare ulteriormente la già difficile marcia verso le elezioni. I cristiani in Irak sono una minoranza, ma non sono pochi: ottocentomila secondo le statistiche ufficiali, forse in realtà un milione. Un numero sufficiente per innescare, soprattutto nell'inquieto Nord del paese (dove si trovano due delle chiese colpite), ritorsioni, tensioni e violenze dagli esiti imprevedibili.
D'altra parte, la carta dell'odio inter-religioso è una delle ultime che il terrorismo può giocare in Irak. Contrariamente a quanto sembra, il terrorismo irakeno è in crisi. Minaccia da settimane di uccidere i dirigenti del governo provvisorio e la principale autorità religiosa che lo legittima, il grande ayatollah sciita Sistani. Si è però ridotto ad assassinare - come è avvenuto da ultimo a Baquba - semplici passanti, tra cui molte donne e bambini. Il terrorismo in Irak ha ormai gravi difficoltà a colpire obiettivi politici significativi. Può solo dedicarsi alla bassa macelleria delle stragi di civili e di fedeli che vanno in chiesa alla domenica, sparare nel mucchio come fanno tutte le forme di terrorismo in declino. Ma sono stragi che diminuiscono la popolarità dei terroristi anche fra i loro potenziali sostenitori. Gli attentatori si propongono di provocare una saldatura fra sciiti e sunniti contro il governo. Ma l'unica saldatura che stanno provocando è contro di loro, contro i terroristi, che hanno ormai stancato un'opinione irakena stufa di stragi di civili innocenti. Si propongono di impedire le elezioni del 2005: a giudicare dal carattere disperato delle ultime stragi, non ci riusciranno. Anzi, la furia cieca dei terroristi può semmai consolidare il crescente consenso degli irakeni verso il processo che si muove in direzione della democrazia.
L'Italia deve guardare con particolare preoccupazione all'attacco contro le chiese in Irak. La coincidenza fra questi attentati e ulteriori minacce al nostro paese potrebbe non essere casuale. La letteratura di Al Qaida ha sempre collegato l'attacco ai "crociati", ai cristiani, con le minacce a Roma, capitale della cristianità. Già prima dell'11 settembre, un'inquietante letteratura fondamentalista metteva Roma vicino a New York tra gli obiettivi di attentati alle città-simbolo dell'Occidente e del cristianesimo. La carta dell'odio anticristiano è una carta disperata, che conferma come il terrorismo sia in difficoltà. Ma è una carta che tocca da vicino l'Italia.
[Home Page] [Cos'è il CESNUR] [Biblioteca del CESNUR] [Testi e documenti] [Libri] [Convegni]
[Home Page] [About CESNUR] [CESNUR Library] [Texts & Documents] [Book Reviews] [Conferences]