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Al Qaida e la strategia dell'annuncio

di Massimo Introvigne (il Giornale, 9 giugno 2004)

Nel corso di una settimana ci sono stati tre comunicati di Al Qaida, tutti giudicati credibili dai servizi americani. L’ultimo, più lungo del solito, è datato 7 giugno e ammonisce i musulmani a non usare “mezzi di trasporto occidentali di qualunque tipo”, perché “saranno obiettivi diretti di nostre operazioni in un prossimo futuro”. La situazione è nuova, perché Al Qaida – a differenza delle Brigate Rosse, ma anche di Hamas – non ha mai amato i comunicati. Non ha rivendicato neppure l’11 settembre, e certamente non lo ha preannunciato nei giorni precedenti. Perché i comunicati di Al Qaida – in passato spesso fasulli, oggi probabilmente veri – ora proliferano?
Una prima spiegazione che circola negli ambienti di intelligence americani è interna ad Al Qaida, dove è in atto un ricambio generazionale. Molti capi storici sono morti, in prigione o impegnati principalmente a scappare. Sta emergendo una nuova classe dirigente di Al Qaida, principalmente saudita e guidata da trentenni, che hanno bisogno di far riconoscere la loro autorità dalla base. Un Bin Laden o un Ayman al-Zawahiri non hanno necessità di comunicati stampa per far sapere chi sono. I nuovi dirigenti sauditi di Al Qaida spesso firmano con nome e cognome, perché sperano che i loro nomi diventino familiari anche a militanti che, dal Marocco alle Filippine, si trovano molto lontani dalle loro principali zone di operazione.
Si tratta, dunque, della costruzione a mezzo stampa di un carisma che per i capi di seconda generazione non deriva più dall’avere condiviso una vita intera con il fondatore Bin Laden.
La spiegazione principale è però un’altra. La guerra al terrorismo non è certo finita, ma ha inflitto duri colpi ad Al Qaida sottraendole capi e campi di addestramento, non solo in Afghanistan ma anche in Sudan (dove il governo militare, spaventato, ha arrestato i capi fondamentalisti) e in Iraq, dove Bin Laden poteva contare sulla rete curda di Ansar al Islam, sostenuta da Saddam. Il numero di attentati spettacolari che Al Qaida può davvero mettere a segno si è molto ridotto. Ecco allora scendere in campo il comunicato stampa, che diventa esso stesso un atto di terrorismo. Diffuso al momento giusto, il comunicato può avere gli stessi effetti di intimidazione dell’atto terroristico fisico. Se l’11 settembre ha fatto fallire diverse compagnie aeree e crollare il prezzo delle azioni di tutte – ed era uno degli obiettivi dell’attacco –, oggi basta annunciare che le linee aeree saranno colpite per riprodurre gli stessi problemi. Per questo i servizi americani considerano veramente di Al Qaida il comunicato del 7 giugno che annuncia attacchi agli aerei, ma nello stesso tempo consigliano alle compagnie aeree di non cascarci e di non aumentare misure di sicurezza già costosissime e imponenti. Per influenzare le elezioni spagnole c’è voluto l’11 marzo. Ma – una volta che il marchio Al Qaida è diventato garanzia di una vera capacità di colpire – forse per altre elezioni e in altri paesi, a cominciare dall’Italia, non sarà neppure necessario fare esplodere le bombe: basterà, al momento giusto, un bel comunicato che preannunci l’esplosione.
Il passaggio di Al Qaida dalle bombe ai comunicati mostra che l’organizzazione di Bin Laden è diventata più debole, ma anche politicamente più avveduta e più capace di manipolare i media occidentali. Can che abbaia non morde: ma, se abbaia nel modo e nel momento giusto, può causare in chi ha paura dei cani gli stessi effetti del morso.

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