CESNUR - center for studies on new religions

Satanisti nel Varesotto. Soprattutto poveri diavoli

di Andrea Menegotto (articolo sostanzialmente anticipato in il Domenicale. Settimanale di cultura, anno 3, numero 25, 19 giugno 2004)

I recenti tragici fatti di cronaca riaprono una questione annosa ma troppo spesso affrontata senza la serenità necessaria. Gli studi scientifici parlano infatti di crimini rari e isolati, comunque prodotto di grave disagio sociale.

Distraendo almeno temporaneamente il nostro sguardo dallo scenario attuale legato al terrorismo internazionale, a cui costantemente guardiamo con tensione e preoccupazione, prendiamo atto che il tranquillo Varesotto è stato recentemente scosso dal ritrovamento dei corpi dei giovanissimi Chiara Marino e Fabio Tollis, alla cui vicenda si accompagna anche quella dell’efferata uccisione di Mariangela Pezzotta. Altre piste d’indagine ora aperte sono volte ad accertare possibili connessioni fra i citati delitti ed altri casi di scomparse e morti misteriose di giovani verificatisi nella laboriosa e verde area fra il Varesotto e l’Alto Milanese, zona e territorio di caccia del gruppuscolo denominatosi «Bestie di Satana».

Augurando buon lavoro agli inquirenti, a cui spetta pure il compito di verificare la fondatezza dell’ipotesi investigativa circa l’esistenza di un «terzo livello», ovvero di un singolo personaggio o di un gruppo di insospettabili che avrebbero rappresentato la mente dell’organizzazione, di cui gli accusati dei delitti a sfondo satanico rappresenterebbero quindi solamente il braccio operativo, non possiamo mancare di notare come la retorica - si passi l’espressione - del «grande vecchio» accomuni la vicenda delle «Bestie di Satana» con quelle del cosiddetto «mostro di Firenze», dove parimenti si ipotizza la peraltro, almeno fino ad ora, mai dimostrata partecipazione ai delitti dei soliti insospettabili con interessi di tipo magico.

V’è da notare in ogni caso che le tragiche vicende recenti trovano da sé, e al di là di qualunque congettura, un’agevole chiave di lettura in un modello che gli studiosi di fenomeni magici e del satanismo contemporaneo hanno sviluppato ormai da anni. Il clamore della cronaca non deve perciò farci perdere alcuni importanti punti fermi per comprendere un fenomeno certamente preoccupante e drammatico, ma che richiede di essere inquadrato nella sua realtà vera e non presunta, poiché solamente comprendendo chi realmente sono i satanisti la società potrà sviluppare risposte e soluzioni adeguate.

Un grosso rischio è quello di condurre l’opinione pubblica verso - per usare le parole del sociologo e criminologo americano Philip Jenkins - il «panico morale». Il concetto di «panico morale» fu sviluppato negli anni 1970 per spiegare come alcuni problemi sociali, caratterizzati sia nella rappresentazione mediatica sia nelle istituzioni politiche da una reazione sproporzionata rispetto all’effettiva minaccia, siano ipercostruiti e generino timori esagerati. Spesso, i panici morali si fondano su statistiche folkloriche che, benché non confermate da studi scientifici o accademici, rimbalzano da un mezzo di comunicazione all’altro e possono ispirare misure politiche. Di fatto, il panico morale risulta essere una conseguenza di timori non ben definiti che trovano un centro drammatico e semplificato in un singolo incidente o stereotipo, che quindi funge da simbolo visibile per la discussione e il dibattito. A proposito di satanismo, il rischio è quello di amplificare il già ampio allarme sociale, riciclando statistiche tanto antiche quanto fasulle su centinaia di migliaia di satanisti che sarebbero attivi in Italia e minaccerebbero l’incolumità pressoché di tutti.

Un’osservazione e uno studio serio del fenomeno porta innanzitutto a distinguere fra due ambiti: da un lato i gruppi organizzati con sedi, magari un testo di riferimento, pubblicazioni e talvolta tessere di appartenenza, composti da adulti in genere benestanti, dediti a rituali discutibili e ripugnanti, ma che in genere non violano le leggi vigenti; dall’altro il satanismo giovanile (detto pure «satanismo acido», per la sua associazione pressoché onnipresente con la droga), composto da gruppuscoli di minorenni, adolescenti e giovani - molto raramente con la presenza di qualche adulto -, privi di una continuità organizzativa e rituale e di contatti con i gruppi del satanismo «storico» e organizzato. I satanisti «selvaggi» mettono in scena rituali satanici caserecci ispirandosi a film, trasmissioni televisive, fumetti, frequentando particolari siti Internet, alcuni locali pubblici e una certa subcultura musicale. Proprio per le caratteristiche sociologiche dello stesso fenomeno, le statistiche sul satanismo giovanile sono ipotetiche e, in effetti, molti gruppi possono essere rilevati soltanto in occasione di un reato compiuto. Dai dati di polizia che riguardano diverse regioni si può ipotizzare che in Italia siano coinvolti circa un migliaio di giovani, mentre una cerchia più ampia (2.000-3.000 persone, secondo altre fonti 5.000) adotta stili della subcultura satanica (abbigliamento, simboli, gesti...) senza però partecipare alle vere e proprie attività dei gruppi del satanismo giovanile.

Se il satanismo organizzato svolge almeno il ruolo di «cattivo maestro» nei confronti dei giovani che - attraverso percorsi dai risvolti sociali problematici - approdano al «satanismo selvaggio», attratti spesso dalla tanto mitica quanto immaginaria figura del satanista inteso come un potente signore delle tenebre, è proprio il satanismo giovanile che si rivela spesso veramente pericoloso ed è in tale ambiente che sono maturati negli ultimi anni crimini di vario genere e gravità: vandalismo e profanazione di chiese e cimiteri, violenza carnale e omicidi, come quello di suor Maria Laura Mainetti (1939-2000) il 6 giugno del 2000 a Chiavenna e, ora, gli episodi legati alle «Bestie di Satana», la cui roboante sigla non deve in realtà trarre in inganno facendo pensare a un gruppo con un certo grado di strutture formali, con collegamenti ufficiali a organizzazioni internazionali, sedi, recapiti e quant’altro.

Le vite delle vittime e dei carnefici delle «Bestie di Satana», così come quelle delle giovanissime assassine di Chiavenna - in linea generale -, parlano della frequentazione di ambienti border-line, di droga, teppismo, piccola criminalità, sessualità vissuta all’eccesso e in maniera ossessiva, «male di vivere», noia, adolescenze e gioventù inquiete, grande fascino per tematiche «estreme» quali la morte, il sesso, la disperazione, temi oggetto di interminabili corrispondenze e diari e sono unite da un’inquietante «colonna sonora» di genere hard, black o death rock e particolarmente dalle canzoni del controverso cantante rock statunitense Marilyn Manson.

Alla luce di ciò, è senz’altro inquadrare il satanismo giovanile, come realmente è, fondamentalmente come un fenomeno di disagio, che non richiede perciò in prima battuta di essere analizzato con le categorie della sociologia e della psicologia dei movimenti religiosi, ma con quelle della devianza e del disagio giovanile e infatti, collocandosi in questa linea, Joyce Mercer lo interpreta adeguatamente come una «maschera» del disagio e della devianza (Cfr. Joyce Mercer, Behind the Mask of Adolescent Satanism, Deaconess Press, Minneapolis 1991). D’altronde, come scriveva Massimo Introvigne già nel 1994, per alcuni giovani «[...] in un mondo dove il sesso e il turpiloquio non creano più veramente scandalo [...] forse soltanto Satana rimane veramente provocatorio» (Indagine sul satanismo. Satanisti e anti-satanisti dal Seicento ai nostri giorni, Mondadori, Milano 1994, p. 362).

Considerazioni e statistiche non sono di alcuna consolazione per le famiglie delle vittime e nulla tolgono al dramma e all’orrore, tuttavia aiutano a comprendere la realtà e la portata del fenomeno in questione e a calibrare le risposte: se il satanismo criminale nasce da specifiche e ridotte aree di devianza giovanile, gli interventi possono essere mirati e colpire gli ambiti (alcuni locali pubblici e discoteche, siti Internet, fanzine) dove l’apologia del crimine è all’ordine del giorno. Tuttavia, la soluzione da esigere non passa solo attraverso le azioni di polizia: essendo il satanismo giovanile la punta di un iceberg che indica l’esistenza di una forte crisi a livello culturale ed educativo, la risposta deve necessariamente essere pedagogica e di ampio respiro sociale. D’altra parte, affermando il satanista il proprio diritto di prevaricare sul più debole, di ridurlo a un oggetto per la sua brama di potenza, di ricchezza e di piacere sessuale, ci ricorda quello che molti pensano e che varie ideologie del Novecento hanno nascosto dietro alcuni pretesti. Il satanista - da questo punto di vista - toglie la maschera a una certa modernità e la rivela nuda e cruda per quella che è.

In conclusione, al di là della versione caricaturale offerta talora dai mass media, lo studio accurato del satanismo porta a ritenere che i satanisti in realtà sono pochi e che le loro attività veramente criminali sono piuttosto infrequenti. In tale contesto, la soluzione al problema del satanismo - e, in particolare, del satanismo giovanile - passa attraverso un’accorta e veritiera opera di informazione sui suoi reali (e non immaginari) pericoli, che si accompagni con una puntigliosa azione di demitizzazione. I mass media occupano dunque, in tale ambito, un ruolo di grande responsabilità: da un lato non possono ignorare il satanismo soprattutto quando si verificano episodi gravi, dall’altro però non dovrebbero enfatizzare il fenomeno, attribuendogli una rilevanza statistica che non ha e dare spazio a sedicenti «esperti» che, gonfiando le cifre, pur magari in buona fede, pensando di combattere i satanisti, ma si rivelano invece loro alleati. Il successo del satanismo, soprattutto fra i giovani, è infatti dovuto all’alone mitologico che lo circonda.

Solo un’opera che vada in tale direzione riuscirà ad evitare ulteriori drammi e a considerare i satanisti non come potenti e in qualche modo affascinanti signori delle tenebre, ma piuttosto come dei veri e propri «poveri diavoli».

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