CESNUR - center for studies on new religions

La prima guerra è nell'islam
L'evoluzione di molti movimento fondamentalisti verso la politica apre nuovi rischi per la libertà

di Andrea Menegotto (da il Domenicale, anno 3, numero 23, 5 giugno 2004)

Un recente contributo di Oliver Roy, direttore di ricerca al Cnrs (Laboratorio «Mondo iraniano» e docente alla Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales e all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi, prendendo le mosse da alcune conclusioni a cui lo stesso autore era giunto in alcune sue precedenti opere, sottolinea come via sia in atto un’evoluzione di molti movimenti islamisti e fondamentalisti verso l’adozione di un’impostazione nazionalista, assumendo forme partitiche. Da questo punto di vista, l’ispirazione originaria di tipo rivoluzionario pare cedere il posto ad una posizione prettamente politica. Resta tuttavia problematico l’accento posto sulla shari’a, cioè la legge islamica intesa come insieme di disposizioni contenute nel Corano per aiutare il fedele musulmano a compiere il volere divino nel più ampio senso del termine, e sulla negazione a livello concettuale della democrazia. Questi elementi finiscono, di fatto, per continuare a trasmettere la visione di una società in cui la libertà dell’individuo e - in primis - la libertà religiosa sono fortemente ridotte se non negate.In secondo luogo, l’autore si sofferma sulla tesi per cui, sul piano degli argomenti, non intercorrono differenze sostanziali tra il neo-fondamentalismo di tipo «dogmatico» tipico dell’Arabia Saudita e quello radicale e jihadista, che invece ispira le organizzazioni terroristiche. La differenza sta nella scelta operativa, laddove l’islam radicale e violento adotta come stile d’azione il terrorismo; ma dal punto di vista contenutistico i due ambiti sono accomunati da una forte avversione occidentale e da un atteggiamento ostile agli intellettuali islamici, che si manifesta particolarmente come diffidenza nei confronti degli ulama o interpreti della legge.Andrea Pacini (direttore del Centro di Studi Religiosi Comparati Edoardo Agnelli e docente presso il Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica di Roma) è autore di un ampio articolo di commento al volume di Roy, pubblicato sul n. 1/2004 (gennaio-febbraio) de Il Dialogo - Al-Hiwar, bimestrale del Centro Federico Peirone per lo studio e le relazioni con l’islam di Torino (www.centro-peirone.it). In esso, lo studioso sottolinea come la peraltro apprezzabile analisi di Roy non tenga conto di alcuni fattori di rischio prettamente politici e soprattutto del fatto che lo sviluppo dei vecchi movimenti islamisti in partiti conservatori aventi una ridotta progettualità politica può comportare il rafforzamento di ampie sacche di marginalità economica e sociale nei paesi musulmani, le quali potranno produrre in futuro instabilità politica. La ridotta o nulla progettualità politica che pare caratterizzare ampiamente e in generale le elite politiche musulmane contemporanee è l’elemento che secondo Roy condurrà il neo-fondamentalismo radicale alla sconfitta. Tuttavia, Roy non si pone la domanda in merito al ruolo che il neo-fondamentalismo non-radicale e non-violento può occupare nelle società musulmane e quindi trascura la seria problematica della conflittualità interna al mondo musulmano. Gli attuali e gravi sviluppi recenti della crisi mediorientale ci portano invece a ritenere che la guerra interna all’islam sia la causa primaria e determinante dell’attuale situazione, che vede i terroristi impegnati nel tentativo di rovesciare i regimi «empi» che governano i paesi a maggioranza musulmana, attaccando pure chi dall’Occidente sostiene questi governi.

Oliver Roy
Global Muslim.
Le radici occidentali del nuovo islàm
Feltrinelli, Milano 2003, pp. 180, € 15,00.

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