Cè magia e «magia»
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Se per magia intendiamo ciò che il celebre fenomenologo delle religioni rumeno Mircea Eliade (1907-1986), nel suo altrettanto celebre Le sacré et le profane, (Gallimard, Parigi 1965 [tr. it.: Il sacro e il profano, P. Boringhieri, Torino 1967]) distinguendola opportunamente dallesperienza religiosa, cioè del sacro o del divino (ierofania) chiamava cratofania, ovvero esperienza del potere, caratterizzata dalla manipolazione del sacro da parte delluomo che pone questo al proprio servizio, ci si dischiude davanti un mondo: quello dei «nuovi movimenti magici», dei maghi vero nomine e dei sedicenti tali. Se coloro che abbiamo definito «maghi vero nomine» sono in genere fondatori o punti di riferimento essenziali di gruppi organizzati i «nuovi movimenti magici»; impossibile non ricordare a tal proposito il celebre mago «nero» inglese Aleister Crowley (1875-1947) , nellultimo caso, per quanto la folk magic (magia popolare) costituisca lo scenario statisticamente più significativo del cosiddetto «ritorno della magia» che caratterizza la nostra epoca post-moderna, ci troviamo certamente a un livello dottrinalmente e culturalmente inferiore rispetto ai sistemi e alle idee complesse e articolate dei vari «nuovi movimenti magici»: siamo infatti nellambito di coloro che, qualificandosi come «professionisti dellocculto», calcano le scene televisive delle TV locali e private e ricevono i clienti nei loro studi dislocati in diverse città italiane. Tuttavia, si possono individuare e distinguere due ulteriori piani in cui la vulgata corrente tende a parlare di «magia», ma il vocabolo può applicarsi solo in maniera pressoché metaforica ai fenomeni descritti. Unaccezione imprecisa del termine «magia» è infatti quella che si riferisce a effetti strabilianti ottenuti con metodi naturali quali i giochi di prestigio. Naturalmente, per chi la pratica, questa attività che spesso fa scaturire la gioia e la meraviglia dei più piccoli , che dovrebbe essere chiamata «illusionismo», per la sua stessa natura non ha nulla a che fare con la magia propriamente detta. Un ulteriore ambito è quello della fiction «magica», ovvero di romanzi, comics e film in cui temi magici costituiscono parte integrante della trama. A fronte del successo di prodotti quali le serie televisive Buffy lammazzavampiri e Streghe, di fumetti come Witch (firmato Disney), romanzi quali Harry Potter con la sua trasposizione cinematografica, anche in Italia si sono diffuse critiche sia in ottica laicista che in taluni ambienti cattolici, che accusano il genere fiction e tali prodotti in particolare di avvicinare il pubblico e specificamente bambini e giovani alla magia. Nel dibattito in corso occorrerà senza dubbio tenere conto del fatto che la sfera del fantastico ha da sempre comè giusto che abbia una sua autonomia ed elementi «magici» sono tradizionalmente utilizzati nelle fiabe e nei racconti fantastici, da Biancaneve e Cenerentola sino e su diverso piano narrativo alla trilogia de Il Signore degli Anelli di John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973). Daltra parte fate, maghi, streghe, gnomi e folletti sono tradizionalmente personaggi fantastici che popolano da sempre limmaginario collettivo a partire dai più teneri anni di vita. Ciò che si chiede al genere fantasy, soprattutto se il prodotto artistico è rivolto alle fasce più giovani, è unicamente di mettere in atto a fini pedagogici una non ambigua distinzione fra la sfera del bene e quella del male. Il passaggio fra la «magia» che vive sul piano fantastico e i fenomeni reali che determinano sociologicamente il «ritorno della magia» nella nostra epoca è tuttaltro che scontato: a separare i due ambiti sta limbocco del «Binario Nove e Tre Quarti» da cui parte alle ore 11 lespresso per la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, che Harry Potter riesce a prendere in orario, ma che naturalmente esiste solo nella fantasia della scrittrice Joanne Kathleen Rowling e dei numerosi appassionati dei suoi romanzi. |
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