CESNUR - center for studies on new religions

La Chiesa deve capire che Dio è tornato

di Antonio Socci (Il Giornale, 10 settembre 2003)

Ma davvero “non c’è più religione”? O invece ha ragione il Wall Street Journal che qualche mese fa titolava un editoriale “The Christian Century”, segnalando un grande ritorno di Dio in corso del neonato XXI secolo? La modernità porta inevitabilmente alla scristianizzazione o invece è vero ciò che “fiuta”, in base a dati e studi approfonditi, il pragmatico quotidiano della finanza internazionale?
Nell’Ottocento fu “profetizzata”, anche da Marx, la progressiva sparizione della religione, considerata “una menzogna idealistica”. Auguste Comte fonda la “sociologia” proprio sulla persuasione che tali “fantasie” sarebbero svanite. Cosicché un esercito di intellettuali negli anni Sessanta e Settanta ancora proclamavano, con Anthony Wallace, che “il futuro evolutivo della religione è l’estinzione”. Secondo costoro il progresso scientifico, il consumismo e la modernità avrebbero dissolto Dio come nebbia al sole.
È paradossale che proprio il mondo cattolico, dagli ecclesiastici agli intellettuali (compreso chi scrive), abbia inavvertitamente abbracciato queste tesi. È infatti diventato ovvio per tutti noi considerare la modernità come un equivalente della scristianizzazione e indicare la minaccia per la fede cristiana in “consumismo e individualismo”. Queste parole sono risuonate in un importante discorso alla diocesi ambrosiana del cardinal Tettamanzi (che ha detto però altre cose belle e preziose, su cui torneremo). Ebbene c’è un fenomeno, enorme, che fa letteralmente saltare questo teorema: gli Stati Uniti d’America.
“Il basso tasso di pratica religiosa in molte nazioni europee è stato interpretato come una conferma di questa tesi, mentre l’enorme vigore religioso degli Stati Uniti ha sempre costituito una grande difficoltà all’applicazione della tesi della secolarizzazione”. Così scrivono Rodney Stark (docente a Washington, un sociologo americano fra i più autorevoli) e Massimo Introvigne (fra i maggiori esperti di movimenti religiosi) in uno studio dal titolo sorprendente: Dio è tornato (sottotitolo: Indagine sulla rivincita delle religioni in Occidente
Negli Usa in effetti “nonostante l’immensa popolarità della scienza e l’alto livello di istruzione, la religione non mostra alcun segno di declino”. Altissima è la percentuale di credenti e praticanti delle varie denominazioni e la religiosità pervade perfino il discorso pubblico, a cominciare dalle maggiori istituzioni legislative, come si è visto dopo l’11 settembre.
Se dunque la modernità, il consumismo e l’individualismo mandano Dio in soffitta, com’è possibile che proprio il paese leader del mondo, quanto a modernità, istruzione e benessere, sia anche quello più profondamente religioso? Stak e Introvigne hanno il merito di segnalare una vera e propria svolta avvenuta nella sociologia contemporanea di cui il mondo cattolico e quello ecclesiastico non si sono ancora accorti. Un “mutamento di paradigma”. In soldoni, la teoria della scristianizzazione è stata giudicata sbagliata ed è oggi accantonata. La modernità non significa affatto secolarizzazione ed è in corso piuttosto il ritorno di Dio. Il libro di Stark e Introvigne fornisce i dettagli dell’inversione di rotta. Intanto – documenti storici alla mano – si scopre che “apatia, eterodossia e agnosticismo popolari sono esistiti di gran lunga prima dell’industrializzazione”. Le élite di un tempo erano fortemente cristiane e la cultura cattolica era egemone, esprimeva il senso comune, ma se per esempio si va a vedere lo stato del clero e della frequenza popolare alla Messa e ai sacramenti ai tempi del Concilio di Trento, soprattutto nelle campagne, scopriamo che la situazione era assai peggiore di quella odierna. Così in altre epoche.
Oggi poi i dati e le indagini dell’ultimo decennio non parlano affatto di declino religioso e cristiano in particolare. Al contrario. L’Italia venti anni fa era annoverata fra le nazioni che si stavano secolarizzando, ma Stark e Introvigne constatano invece attualmente “un sostanziale risveglio religioso”. Rilevato per esempio dall’Inchiesta europea sui valori. Vediamo qualche dato. Dal 1981 al 1999, passano dal 35 al 40 per cento coloro che “frequentano una comunità religiosa ogni settimana”. Dal 47 al 61 per cento coloro che “credono in una vita dopo la morte”, e viceversa dal 19 al 5 per cento quelli che “considerano la credenza in Dio non importante”.
Ancora più alti i valori per i giovani fra 18 e 29 anni: per esempio, passano dall’83 al 94 per cento quelli che “credono in Dio”. Il fenomeno è stato rilevato anche in una recente indagine Eurisko pubblicata il 22 giugno dalla Repubblica. Vi si scopre che il 50,7 per cento degli italiani prega almeno una volta al giorno (nove anni prima era il 41 per cento) e che il 61 per cento ritiene la religione “importante” o “fondamentale” (nel 1994 questo valore era il 46 per cento). Innanzitutto c’è da aspettarsi che anche la Chiesa prenda atto del fenomeno e del “cambio di paradigma” della sociologia contemporanea. Dobbiamo capire che la modernità, l’istruzione e anche il benessere, di per sé, non spazzano affatto via la domanda di significato, cioè il bisogno di Dio, ma anzi la ingigantiscono.
Il solo fenomeno che i cristiani devono temere è semmai quando “il sale diventa scipito” (lo dice già il Vangelo), cioè il venir meno dell’entusiasmo della fede, la burocratizzazione del mondo cattolico, la mancanza di presenza cristiana, di annuncio chiaro e deciso, di dinamismo missionario, il conformismo che induce anche tanti pastori ad andar dietro alle mode ideologiche del momento anziché a Cristo.
Lo si deduce anche dal nuovo modello sociologico che Stark e Introvigne illustrano, e che spiega contemporaneamente sia il fervore religioso americano sia la secolarizzazione di alcuni Paesi europei. A loro avviso la “società aperta” americana costringe ciascuno a ritrovare l’essenziale, l’identità. E così diventa persuasivo chi ha una proposta più esauriente e convincente per la vita. “L’incapacità delle denominazioni liberal a vendere se stesse efficacemente”, scrivono gli autori, “trova la sua radice nelle loro dottrine: solo vive concezioni di un supernaturale attivo e che si preoccupa degli uomini possono generare un’azione religiosa davvero vigorosa”.
Il gergo sociologico è terribile, ma per i cristiani c’è di che riflettere. È l’evidenza della presenza di Cristo, un incontro che colpisce la mente e il cuore, a convincere, non una strategia clericale e burocratica. Il mondo cattolico lo sta capendo? Forse sì. È un bel segno dei tempi l’intervento del cardinal Tettamanzi che ieri ha voluto dare una salutare scossa al mondo cattolico milanese, con il suo forte richiamo alla missione. L’urgenza avvertita dal nuovo vescovo di annunciare Gesù Cristo corrisponde a una fortissima attesa degli uomini che la Chiesa non può disattendere. Lo fa capire anche l’impressionante reportage di Magdi Allam, uscito sul Corriere della Sera, sui tanti musulmani che in Italia si sono convertiti (più o meno segretamente, a causa dei pericoli conseguenti) al cristianesimo.

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Rodney Stark - Massimo Introvigne
Dio è tornato

Piemme, Casale Monferrato (AL) 2003

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