CESNUR - center for studies on new religions

Religioni: dietro la rinascita

di Laura D’Incalci (La Provincia – Como, 10 novembre 2003)

“Dio è tornato”: la clamorosa rivelazione fornisce il titolo ad una indagine condotta dal direttore del Cesnur (Centro Studi sulle Nuove Religioni), Massimo Introvigne, e dallo studioso americano Rodney Stark, numero uno nella schiera dei sociologi delle religioni e docente all’Università di Washington.

Si tratta di una “scoperta”, documentata in oltre cento pagine edite da Piemme, destinata a rivoluzionare un’opinione diffusa, trasversale e consolidata in ambiti più diversi.

Professor Introvigne, come spiega che proprio la scienza sociologica, che a partire da Comte aveva prospettato il dissolversi delle religioni, oggi sia chiamata ad inaugurare una inversione di tendenza?

Molti dei padri della sociologia della religione non erano loro stessi religiosi. In seguito, in Europa il tema dominante è stato quello della secolarizzazione, anche a causa di condizioni particolari che si credevano universali, mentre invece erano soltanto europee. Proprio il confronto con gli Stati Uniti – un paese dove il tasso di partecipazione religiosa settimanale è doppio rispetto a quello dell’Europa Occidentale – ha indotto a una più rigorosa distinzione fra secolarizzazione qualitativa e quantitativa. E’ indubbio che in Europa (come negli Stati Uniti) ci sia un fenomeno di secolarizzazione qualitativa, nel senso che la religione incide assai meno di un tempo sulle scelte culturali e politiche e anche sulla morale individuale: è quella che Mons. Maggiolini chiama “scristianizzazione”. Ma – ed è questo il punto, nella nostra ricerca – la secolarizzazione qualitativa non va necessariamente di pari passo con la secolarizzazione quantitativa: di fatto, proprio il caso italiano è quello di una società industriale avanzata, dove il tasso di pratica religiosa settimanale (secondo indagini diverse dal 32 % al 38 %), mensile (di poco superiore al 50 %) e di persone che si dichiarano religiose (89 %) da una parte è piuttosto elevato, dall’altra negli ultimi anni non cala, ma semmai cresce lievemente.

Come si riassume l’essenza della sua scoperta, vale a dire la possibilità di “misurare” l’incidenza dei fenomeni religiosi attraverso la “teoria economica” e lo studio di un “mercato”? Che ricaduta ha sulla gente semplice?

Anzitutto, la “scoperta” non è mia. Il cosiddetto “nuovo paradigma” nella sociologia delle religioni è stato definito da Rodney Stark e Larry Iannaccone, rispetto ai quali io, Roger Finke e altri studiosi rappresentiamo una seconda generazione che applica il paradigma a casi particolari. L’essenziale del “nuovo paradigma” è che il mercato religioso si comporta come altri mercati di beni e di servizi: la concorrenza fa bene alla religione, e l’offerta (in una certa misura e in mancanza di interventi dello Stato, che operano una distorsione del mercato) crea la sua domanda. Qualcuno sostiene che in realtà il “caso Italia” crea una difficoltà al “nuovo paradigma”, perché in Italia i dati quantitativi sulla religione sono positivi, nonostante la Chiesa cattolica abbia un virtuale monopolio (le altre religioni sono – comunque le si conti – sotto il 4 %). Noi sosteniamo invece che in Italia negli ultimi anni vi è, se non un vero pluralismo religioso, la percezione del pluralismo (a causa anche dell’immigrazione), e la sociologia ci insegna che gli effetti derivano dai fenomeni non “come sono” in realtà, ma come sono percepiti. Inoltre – come hanno sostenuto in lavori recenti il sociologo italiano Luca Diotallevi e lo stesso Stark – non si deve guardare solo alla concorrenza tra le religioni, ma anche alla concorrenza all’interno delle grandi religioni. Da questo punto di vista, l’offerta cattolica in Italia è un’offerta altamente differenziata tra parrocchie, movimenti, santuari, congregazioni, e così via. Contrariamente a quanto qualcuno pensa, questa pluralità di offerte crea domanda, e spiega la maggiore tenuta (quantitativa) del cattolicesimo italiano rispetto a quello di altri paesi.

Libera concorrenza e deregulation incrementano l’offerta e, dunque, il numero di “imprese religiose”: trattando le proposte di fede alla stregua della produzione di bulloni, non si corre il rischio di relativizzare il contenuto di verità?

Certamente, ma questo rischio lo si correva anche con il cosiddetto “vecchio paradigma”, che spesso trattava la religione come un semplice prodotto delle crisi sociali, e nella sua variante marxista come oppio (non so se l’oppio sia meglio dei bulloni…) La conclusione è che occorre sempre ricordare che la sociologia considera solo il lato umano della religione, il solo che è capace a misurare ed analizzare con i suoi strumenti limitati. C’è poi un lato divino della religione su cui, a stretto rigore, la sociologia non può dir nulla.

Il libro più famoso di Stark con il quale lei condivide l’ipotesi controcorrente si intitola The Rise of Christianity (L’ascesa del Cristianesimo). Le ultime fatiche del vescovo di Como focalizzano “la fine della nostra cristianità” e Declino e speranza del Cattolicesimo. Prevale la divergenza o la possibilità di un confronto?

Non vedo contraddizioni, perché L’ascesa del Cristianesimo di Stark parla dell’affermarsi del cristianesimo nel periodo che va dagli apostoli a Costantino e ne dà per la prima volta una spiegazione sociologica rigorosa. Non vedo contraddizioni neanche con Dio è tornato. Monsignor Maggiolini parla – e bene a ragione – degli aspetti qualitativi della secolarizzazione, su cui nessuna scuola sociologica ha dubbi. Dove il dibattito invece ferve è sugli aspetti quantitativi, e Dio è tornato si occupa solo di questi ultimi. In Italia il cristianesimo – o almeno è questa la nostra tesi – è oggi molto meno influente e profondamente vissuto di un tempo (è la secolarizzazione qualitativa), ma a questo declino non si accompagna (a differenza di quanto avviene per esempio in Francia) una diminuzione quantitativa drammatica nel numero dei credenti e neppure (in termini relativi, nel senso che stiamo molto meglio di altri paesi) nel numero dei praticanti.

La “rivincita” delle religioni che contraddice e smaschera il binomio modernità-secolarizzazione cosa rappresenta per il Cristianesimo? Costituisce una minaccia o una speranza?

E’ probabile che la modernità generi fatalmente secolarizzazione qualitativa, perché una delle definizioni della modernità fa riferimento alla differenziazione e alla specializzazione delle funzioni, così che nella società la “funzione” religiosa non è più percepita come il momento di unificazione e di giudizio rispetto a tutte le altre. Tuttavia, nella modernità – e nella sua fase successiva, chiamata da molti “postmodernità”, in cui cade anche l’illusione che la scienza o la razionalità politica possano sostituire la religione nel suo ruolo di “funzione delle funzioni” – la religione organizzata non è affatto scomparsa: è viva e sta bene proprio nei paesi più “moderni” di tutti come gli Stati Uniti. Sulla base di dati quantitativi ancora confortanti (almeno da noi) è possibile porsi il problema di nuove forme (che in ogni caso non potranno essere identiche a quelle del passato) di presenza significativa anche dal punto di vista qualitativo.

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Rodney Stark - Massimo Introvigne
Dio è tornato

Piemme, Casale Monferrato (AL) 2003

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