Gli USA hanno distrutto La base di Osama bin Laden, ma ne sopravvivono cellule indipendenti, comunque operative. LOccidente cerca interlocutori nellislam laico, ma in realtà sono più affidabili glintegralisti. Che non sono però tutti uguali
Sul terrorismo in Irak, dopo Nassiriya e gli attentati successivi, si sono dette molte cose. Alcune riecheggiate anche da qualche politico nostrano sono basate su una nozione del tutto inadeguata dellattuale situazione del terrorismo islamico in generale e della sua presenza in Irak in particolare. Mi limito a quattro esempi.
Nessuna resistenzaIl criminale attentato di Nassiriya, con ogni probabilità, non ha nulla a che fare con la cosiddetta resistenza irachena di cui alcuni parlano. Tale presunta resistenza è lultima raffica di un regime terrorista e assassino che si è mantenuto al potere in Iraq grazie ai gas asfissianti e alle fosse comuni, oltre che grazie alla complicità affaristica e talora ideologica meglio un nemico che un amico degli americani, meglio il peggior esponente del mondo laico del partito Baath che il miglior esponente religioso di diversi governi europei, Francia in testa. Ma Nassiriya è sempre stata una delle città irachene più ostili a Saddam Hussein, che ne ha terrorizzato la maggioranza sciita con ogni mezzo. Chiunque siano gli esecutori materiali, la tecnica utilizzata corrisponde al marchio di fabbrica di al-Qaida, descritto nella voluminosa Enciclopedia del Jihad compilata da Osama bin Laden e dai suoi collaboratori. È quasi come se avessero lasciato la firma. Dunque non resistenza di una popolazione ispirata da un presunto orgoglio nazionale contro gli occupanti, ma ennesima strage di un terrorismo internazionale che spara sullONU, sulla Croce Rossa, su pacifici abitanti della capitale dellArabia Saudita, su contadini algerini (musulmani) inermi e anche su italiani colpevoli solo di aiutare la popolazione con la generosità propria del nostro ethos nazionale.
La principale battaglia contro al-Qaida non è in corso. È già stata vinta dagli Stati Uniti, in Afghanistan. Al-Qaida (la base, come dice il suo nome) era come alcuni hanno scritto un gigantesco supermercato del terrorismo islamico: un luogo dove movimenti del fondamentalismo islamico radicale di tutto il mondo, pre-esistenti alliniziativa di Osama bin Laden e non inventati da lui, venivano a rifornirsi di denaro, armi, addestramento e idee. Un luogo fisico: per addestrare combattenti e ammassare armi occorre controllare un territorio. Questo territorio non esiste più: la base afghana è stata spazzata via, e nessun altro paese del mondo concederà ad al-Qaida le vaste estensioni di territorio necessarie a impiantare di nuovo il supermercato perché sa quale sarebbe la reazione americana.
Rimane, è vero, lelemento economico: grazie anche qui alla insufficiente collaborazione europea, la banca è lunico elemento del supermercato che, non avendo bisogno di territorio, funziona ancora. Ma anche questa ha subito duri colpi. Gli elementi del network chiamato alQaida, però, pre-esistevano a bin Laden, e continuano a esistere anche dopo che lo smantellamento della base afghana ha reso difficile il collegamento fra la testa e le gambe della rete del terrore (i cui dirigenti o sono morti o sono principalmente impegnati a non farsi trovare). Questo successo la cui portata è raramente concepita dallopinione pubblica rende più difficili i grandi attentati dell11 settembre. Tuttavia le gambe, in buona parte separate dalla testa, continuano a scalciare ognuna per conto suo.
Gli elementi un tempo riuniti nel network al-Qaida hanno ripreso ciascuno la loro autonomia. Essi sono ancora al-Qaida in quanto a stile e ispirazione, ma le loro azioni locali in gran parte non obbediscono più a un centro unico, quindi sfuggono a ogni logica politica e diventano terrorismo allo stato puro.
Se le cose stanno così, quando si dice che ai tempi di Andreotti funzionava il patto secondo cui lItalia, in cambio di una politica medio-orientale ammiccante e terzaforzista, sfuggiva al terrorismo, si dice insieme una verità e un anacronismo. Andreotti ammiccava ad Arafat, a Gheddafi, ad Assad. Oggi non cè neppure più nessuno cui ammiccare. Non funzionerebbe neppure più mettersi daccordo sottobanco con la testa di al-Qaida (un sospetto che in passato ha sfiorato più di un esperto di intelligence americano in relazione ai soliti francesi), perché la testa non controlla più le gambe.
La sindrome di VoltaireDa tempo, sostengo che uno degli errori dellOccidente nel trattare con lislam originario o dimportazione tramite limmigrazione consiste nel soffrire di una sindrome di Voltaire che spinge a immaginare che lunico interlocutore accettabile sia il laico culturalmente occidentalizzato e sostanzialmente miscredente. Questi laici esistono, ma raramente godono del sostegno popolare. Possono governare, come Saddam o i generali algerini, ma governano contro la loro società civile con il terrore e larbitrio. Penso anche che uno dei problemi sia semantico: noi chiamiamo certo per mancanza di categorie più adeguate capaci nello stesso tempo di essere largamente condivise fondamentalisti tutti coloro che interpretano lislam in modo conservatore e vogliono una politica ispirata dallislam. Così fondamentalista è il partito al governo in Tuchia, fondamentalisti sono i Fratelli Musulmani, e fondamentalisti sono i vari spezzoni di al-Qaida.
Qualche distinzione, invece, si impone.
Cè un islam politico conservatore che afferma di voler considerare la legge islamica, la sharia, come orizzonte ideale e come ispirazione, non come un insieme di precetti codificati una volta per tutte nel Medioevo: che cosa ne potrà risultare è tutto da scoprire, ma è questa limpostazione che dichiara Erdogan in Turchia (e lo stesso fanno vari intellettuali fondamentalisti in Tunisia, in Egitto, in Europa).
Cè un islam fondamentalista, ben più conservatore rispetto alle posizioni di un Erdogan, che persegue i suoi scopi dal basso con unoperazione neo-tradizionalista di islamizzazione della società civile e di partecipazione alla vita politica con mezzi democratici e non violenti. E cè un islam fondamentalista di tipo radicale che almeno non esclude, quando non lo organizza e lo pratica, il terrorismo come mezzo di lotta. Con il primo cosiddetto fondamentalismo, quello di Erdogan, si può e si deve dialogare: sono forze simili, non i presunti laici, che possono offrire alle popolazioni medio-orientali una leadership credibile e ostile al terrorismo. Con i fondamentalisti radicali il dialogo è impossibile, e dopo Nassiriya non è neppure più tempo di dialoghi sottobanco e di furbizie. Restano i fondamentalisti neo-tradizionalisti: organizzazioni come i Fratelli Musulmani, peraltro assai diverse nelle loro varie anime nazionali, cui in Italia si ispira ampiamente la dirigenza della più grande delle organizzazioni che si candidano a rappresentare lislam, lUCOII (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia).
Si può dialogare con costoro? Il governo italiano può e deve considerarli interlocutori affidabili? La cartina di tornasole è la condanna del terrorismo senza se e senza ma: anche quello di Hamas (il che non implica evidentemente sarebbe assurdo chiederlo allUCOII o a chiunque altro indossare la politica del governo israeliano), anche quello ceceno (il che ancora non significa non porsi il problema politico e umanitario della Cecenia), anche quello del Kashmir. I terroristi non sono fratelli che sbagliano (tanto simili ai compagni che sbagliano di unaltra stagione): sono criminali assassini. In un giorno di lutto nazionale fra i più tragici della storia italiana recente, lUCOII ha avuto loccasione storica di condannare il terrorismo senza se e senza ma. Lha perduta, come già preannunciava ladesione di suoi esponenti, una settimana prima, a una manifestazione «contro il sionismo, con lIntifada e con la resistenza irachena» a fianco di no-global e di movimenti insurrezionalisti per cui lunico amerikano buono è quello morto. LUCOII nel suo comunicato del 13 novembre ha certo condannato la strage di Nassiriya, ma con un linguaggio pieno di se e di ma, arrivando a sostenere che i caduti italiani erano in Iraq nel «dispregio dellopinione pubblica e dei valori fondanti della Repubblica». Il segretario dellUCOII, «a titolo personale» (ci mancherebbe) persevera, e conferma anche la sua presenza alla marcia pro-resistenza irachena di dicembre. Confondere fondamentalisti neo-tradizionalisti e radicali rimane ingiusto e sbagliato. Ma per lUCOII lesame di maturità questa volta è fallito: il nostro governo, nella sua futura gestione dei problemi sul tappeto con lislam italiano, non potrà che prenderne atto.
[Home Page] [Cos'è il CESNUR] [Biblioteca del CESNUR] [Testi e documenti] [Libri] [Convegni]
[Home Page] [About CESNUR] [CESNUR Library] [Texts & Documents] [Book Reviews] [Conferences]