Resoconto di giovedì 13 marzo 2003
Norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi.
C. 2531 Governo.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame.
Domenico DI VIRGILIO (FI), relatore, osserva preliminarmente che l'ipotesi di un intervento legislativo sulla materia oggetto del provvedimento in titolo suscita di per sé una valutazione non negativa, nell'auspicio che possa contribuire a realizzare più compiutamente il sistema costituzionale che disciplina il fenomeno religioso. Ciò nel rispetto di alcuni principi ed esigenze quali, in primo luogo, la necessità di superare la legislazione sui culti ammessi degli anni 1929-1930 che, per quanto emendata, negli aspetti più negativi dagli interventi della Corte costituzionale, esprime una impostazione ispirata più ad una concezione sospettosa che al pieno
riconoscimento dei diritti originali delle persone e delle comunità religiose, nonché l'esigenza di attuare la chiara disposizione del primo comma dell'articolo 8 della Costituzione, vero caposaldo della disciplina costituzionale del fenomeno religioso.
Il provvedimento in esame, assegnato in sede referente alla I Commissione affari costituzionali, mira a sostituire integralmente la disciplina dettata dalla vigente legge n. 1159 del 1929 in materia di riconoscimento dei culti diversi da quello cattolico, perseguendo tre obiettivi principali: definire i principi generali sulla libertà religiosa; regolamentare la posizione giuridica delle confessioni religiose; definire le procedure per la stipulazione delle intese fra lo Stato e le confessioni religiose. Per molti aspetti il testo in discussione riprende i contenuti dei precedenti disegni di legge in materia, quali quelli del 1990 e 1997. Ne deriva una impostazione volta a disciplinare la materia in forma tendenzialmente completa ed organica, che apporta concrete precisazioni ed integrazioni, prevede alcune forme comuni di agevolazioni, offre chiarezza e certezza di riferimenti, pur lasciando necessariamente alla sensibilità culturale e all'interpretazione giurisprudenziale taluni ulteriori sviluppi, pur sempre da collocare, peraltro, nel quadro dei grandi principi e indirizzi costituzionali.
Illustra quindi il contenuto del provvedimento in titolo, il cui capo I detta norme a tutela della libertà di coscienza e di religione, richiamando quali fonti i princìpi della Costituzione, le convenzioni internazionali sui diritti inviolabili dell'uomo, nonché i principi del diritto internazionale generalmente riconosciuti in materia, e superando la dizione di «culti ammessi nello Stato», rappresentativa della concezione fatta propria dalla normativa del 1929, basata non sul principio della libertà religiosa, ma su quello della tolleranza dello Stato rispetto alla presenza di determinati culti.
Il capo II è dedicato alla disciplina delle confessioni e associazioni religiose. Esso prevede, innanzitutto, una tutela generale comune a tutte le confessioni - secondo il principio di cui all'articolo 8 della Costituzione -, nell'ambito della quale sono compresi il diritto di celebrare i propri riti, di aprire edifici di culto, di diffondere la propria fede, di nominare i ministri di culto. Inoltre, si definiscono e disciplinano le forme di tutela e i benefici (anche di natura fiscale) cui possono accedere le confessioni che chiedono ed ottengono il riconoscimento della personalità giuridica, nonché i requisiti e la procedura del riconoscimento.
Il capo III definisce le procedure per la stipulazione delle intese, ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, fra lo Stato e le confessioni religiose. Il procedimento previsto ricalca sostanzialmente quello utilizzato nella prassi, con la notevole differenza che a tale procedimento possono avere accesso anche le confessioni che non abbiano richiesto il riconoscimento della personalità giuridica. Inoltre, il Presidente del Consiglio, già al momento in cui sottopone il progetto di intesa al Consiglio dei ministri, deve informare il Parlamento sui contenuti dello stesso.
Il capo IV reca disposizioni finali e transitorie.
Rileva quindi che le disposizioni di competenza della XII Commissione sono contenute innanzitutto nel capo I e, in particolare, all'articolo 4, relativo all'istruzione ed educazione religiosa nella famiglia.
Tale articolo, che si rifà alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, alla Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo e alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, al comma 1, attribuisce ai genitori il diritto ad istruire ed educare i figli, anche naturali, in coerenza con la propria fede religiosa nel rispetto della loro personalità e senza pregiudizio della salute dei medesimi. La disposizione va letta in connessione con il primo comma dell'articolo 30 della Costituzione e con l'articolo 147 del codice civile. I genitori possono quindi educare i figli in modo religioso o non religioso, senza tuttavia che sia possibile alcuna coercizione.
Il comma 2 riconosce, infatti, al figlio di età superiore ai quattordici anni la possibilità di compiere autonomamente le scelte pertinenti all'esercizio del diritto di libertà religiosa. In base all'articolo 316 del codice civile, espressamente richiamato dalla norma in esame, tuttavia, entrambi i coniugi possono paritariamente influire sull'educazione religiosa dei figli e in caso di disaccordo potrà adirsi il Tribunale per i minori.
Anche gli articoli 5 e 6 riguardano materie di interesse della XII Commissione, disciplinando l'esercizio della libertà di associazione per finalità di religione e prevedendo che la libertà religiosa comprenda anche il diritto di aderire liberamente ad una confessione religiosa o associazione religiosa e di recedere da essa.
L'articolo 23 del capo II dispone in materia di sepoltura dei defunti, che rientra anch'essa nella competenza della Commissione affari sociali. Tale disposizione prevede che la sepoltura dei defunti sia effettuata secondo il rito della confessione o associazione religiosa di appartenenza avente personalità giuridica, compatibilmente con le norme di polizia mortuaria e con quelle in materia di cremazione. È fatto espressamente salvo l'articolo 100 del regolamento di polizia mortuaria, in base al quale i piani regolatori cimiteriali possono prevedere reparti speciali e separati per la sepoltura di cadaveri di persone professanti un culto diverso da quello cattolico.
Per quanto riguarda le norme in materia di cremazione, compatibilmente con le quali deve avvenire la sepoltura, si ricorda che la legge n. 130 del 2001 ha legittimato la dispersione delle ceneri, in precedenza configurata come reato, se autorizzata dall'ufficiale di stato civile ed ha inoltre disciplinato le modalità di espressione della volontà da parte del defunto e le modalità relative alla dispersione delle ceneri.
Infine, va segnalato l'articolo 26 che, nel definire l'attività religiosa o di culto agli effetti civili, distingue tra attività religiose o di culto, intese come attività dirette all'esercizio del culto e dei riti, alla cura delle anime, alla formazione dei ministri di culto, a scopi missionari e di diffusione della propria fede e all'educazione religiosa (lettera a), e attività diverse da quelle religiose, tra le quali sono comprese quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e comunque le attività commerciali (lettera b).
In conclusione, alla luce delle considerazioni svolte, formula una proposta di parere favorevole.
Giuseppe PALUMBO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
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