Resoconto di mercoledì 12 marzo 2003
Libertà religiosa e culti ammessi.
C. 2531 Governo.
(Parere alla I Commissione, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame.
Giorgio LA MALFA, presidente relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere alla I Commissione affari costituzionale, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, sul disegno di legge C. 2531, recante norme sulla libertà religiosa.
Il provvedimento intende dare compiuta attuazione ai principi costituzionali in materia di libertà di coscienza e di credo religioso, superando in questa prospettiva il quadro normativo in tema di culti definito alla fine degli anni venti, che non appare in sintonia con il pluralismo confessionale che ispira le norme costituzionali in materia.
Il disegno di legge si compone di 42 articoli, ripartiti in quattro capi, relativi alla disciplina della libertà di coscienza e di religione, alle confessioni ed associazioni religiose, alla stipula di intese tra lo Stato e le confessioni religiose diverse da quella cattolica, ed al coordinamento con la normativa vigente.
Per quanto riguarda specificamente gli ambiti di competenza della Commissione, segnala l'articolo 25, relativo al regime tributario delle confessioni religiose, il quale demanda alla legge la definizione dei casi nei quali le confessioni religiose aventi personalità giuridica o i loro enti esponenziali aventi fine di religione o di culto sono equiparati agli enti ed alle attività aventi finalità di beneficenza o di istruzione. Inoltre, la norma chiarisce che per le attività diverse da quelle di religione o di culto resta fermo il regime tributario per esse vigente.
In questo quadro l'articolo 26 specifica che, agli effetti civili, tra le attività di religione o di culto si devono comunque annoverare quelle dirette all'esercizio del culto e dei riti, alla cura delle anime, alla formazione dei ministri del culto ed alla educazione religiosa, mentre, tra le attività diverse, si comprendono quelle di assistenza e beneficenza, di istruzione e cultura, nonché le attività commerciali o a scopo di lucro.
La disposizione dell'articolo 25 sembrerebbe in pratica confermare l'applicabilità alle confessioni religiose ed ai loro enti esponenziali del regime fiscale definito dal decreto legislativo n. 460 del 1997 per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS); occorre a questo riguardo ricordare che l'articolo 10, comma 9, del citato decreto legislativo n. 460 già comprende gli enti ecclesiastici delle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, tra le ONLUS, nella misura in cui esercitino attività nei campi di attività indicati per le ONLUS stesse (assistenza, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela e promozione di beni d'interesse artistico e storico, tutela e valorizzazione della natura, promozione culturale ed artistica, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica).
Lo speciale regime giuridico delle ONLUS prevede, tra l'altro, la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile dei proventi derivanti dall'esercizio delle attività istituzionali nel perseguimento di finalità sociale, la detrazione delle erogazioni liberali in favore delle medesime ONLUS, l'esenzione dall'IVA di alcune operazioni, nonché dall'obbligo di certificazione mediante ricevuta o scontrino fiscale, l'esenzione dalla ritenuta a titolo d'acconto sui contributi corrisposti dagli enti pubblici, l'esenzione dall'imposta di bollo, dalle tasse sulle concessioni governative
e dall'imposta sugli spettacoli nonché agevolazioni in materia di imposta di registro.
In merito alla formulazione dell'articolo 25 non risulta del tutto chiaro quale sia l'ambito di discrezionalità riconosciuto alla legge nel dettare il regime tributario delle confessioni religiose e dei relativi enti esponenziali, in particolare se si intenda confermare il regime ONLUS ovvero introdurre una nuova disciplina speciale in materia.
Inoltre rileva come, nonostante l'articolo 25 indichi che solo il fine di religione o di culto giustifica il riconoscimento del trattamento tributario delle ONLUS, anche le attività qualificate come «diverse da quelle di religione o di culto» dall'articolo 26 già godano attualmente, ai sensi del citato decreto legislativo n. 460 del 1997, di tale speciale regime, in quanto finalizzate a scopi di assistenza, beneficenza, istruzione, educazione e cultura, settori compresi tra quelli di attività delle ONLUS. Pertanto, laddove si confermasse l'applicabilità del regime ONLUS, la distinzione introdotta dall'articolo 26 non sembrerebbe avere effetti sul piano del trattamento tributario.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
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