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English translation

SCIENTOLOGY: LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DEL 5.10.2000 CHE CHIUDE LA VENTENNALE CAUSA MILANESE

 Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano
La Corte d'Appello di Milano
Sezione Prima Penale

Composta dai Signori

1. Dott. Orio Simonazzi, Presidente
2. Paola Capobianco, Consigliere
3. Fabrizio Poppi, Consigliere

ha pronunciato la seguente sentenza
nella causa del Pubblico Ministero
contro
(OMISSIS)

MOTIVI DELLA DECISIONE

 Decisione impugnata - Nel 1950 l'americano Ron Hubbard pubblicava il libro intitolato Dianetica, che voleva essere una guida per aiutare gli uomini a conquistare un concetto moderno di salute mentale. Vi si sosteneva che le difficoltà terrene possono essere provocate da immagini negative della mente frutto di esperienze dolorose in questa vita o in precedenti reincarnazioni e venivano proposte una serie di metodiche ritenute idonee ad eliminare queste immagini negative e a raggiungere uno stato di limpidezza.

Le persone conquistate dalla Dianetica passavano alla fase pratica e fondavano centri di Dianetica prima in USA e poi anche in Europa. Nel 1977 veniva costituito il primo Centro di Dianetica a Milano, l'Hubbard Dianetic Istitute seguito da analoghe iniziative in altre città d'Italia. Interessano questo processo le sedi di Brescia, Bergamo, Modena, Pordenone. Nel 1982 veniva costituita a Milano la Lega Nazionale per una civiltà libera dalla droga avente il fine di recuperare i tossicodipendenti coi metodi di Hubbard.

Emanazioni della Lega erano i Centri Narconon, enti che operavano per il recupero dei tossicodipendenti; nonché la società Futura s.r.l. che provvedeva ad addestrare gli operatori dei Narconon e a tenere cicli di etica cui dovevano sotto-porsi anche coloro che ricadevano nel vizio della droga.

Nell'ottobre 1985 veniva costituita la Chiesa degli Scientology d'Italia che assor-biva la struttura preesistente di Dianetica.

A seguito di indagini, esperite per molti anni in tutto il territorio nazionale sull'attività degli appartenenti a diverse sedi della Chiesa di Scientology e dei collegati centri Narconon, il Giudice istruttore del Tribunale di Milano con ordinanza 3.10.1988 disponeva il rinvio a giudizio di numerosi adepti dell'istituzione, fra cui gli odierni imputati, chiamati a rispondere di delitti di natura finanziaria, di circonvenzione d'incapace, di estorsione e di truffa nonché di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di tali reati che, per le uniformi modalità delle condotte, apparivano ispirati a direttive generali dell'organizzazione.

Secondo il Giudice istruttore, l'associazione aveva un precipuo fine di lucro che attuava proponendo ai neofiti servizi sempre più costosi fino a depauperare l'acquirente sottoposto a pressioni, a raggiri o a un'induzione mirata al proprio stato di inferiorità. Gli operatori catturavano l'interesse delle persone verso l'organizzazione con test sulla personalità privi di validità scientifica e poi prospettavano l'adesione all'associazione come rimedio ai problemi asseritamente evidenziati dai test; facevano pressioni assillanti mediante continui contatti personali di giorno e di notte per indurre i clienti ad acquistare corsi di vario tipo e livello presentati come idonei a migliorare la qualità della loro vita; sottoponevano talune di queste persone a sedute estenuanti di auditing tenute da operatori non qualificati; vincevano eventuali resistenze sia con le sedute di auditing sia con l'uso di un apparecchio denominato E-meter (venduto a prezzi superiori al valore reale e al quale veniva attribuita una funzione diagnostica inesistente) sia sottoponendo i clienti a saune per ore malgrado il loro evidente stato di prostrazione; durante le sedute prendevano appunti sulle dichiarazioni rese su fatti riservati, conservandoli in apposite cartelle unitamente alle confessioni scritte che potevano essere trasmesse a un ufficio organizzativo dell'associazione chiamato Guardian Office; imponevano a chi proseguiva i corsi la sottoscrizione di dichiarazioni di successo da appendere in bacheca a fine promozionale; promettevano, in caso di insuccesso, il rimborso di quanto pagato e poi opponevano ai richiedenti tecniche defatigatorie ponendo dinanzi al cliente sempre una persona diversa che si dichiarava incompetente, sottoponendo il richiedente a interrogatori estenuanti sui motivi del recesso e prospettando un male grave in caso di interruzione del corso.

Con sentenza del 2.7.1991 il Tribunale di Milano disattendeva l'assunto accusatorio con le seguenti considerazioni:

a) l'accusa aveva mostrato di ritenere lecita l'attuazione delle direttive di Hubbard poiché non aveva chiesto il rinvio a giudizio di tutti coloro che le avevano attuate, ma solo di una minoranza deviante che aveva operato in modo autonomo all'interno di un'organizzazione che a termini di statuto operava lecitamente;

b) non era stata provata l'esistenza di una programmazione criminosa fra coloro che avevano tenuto comportamenti devianti, ma erano emersi episodi di deviazione dalle direttive di Hubbard ad opera dei singoli operatori che si erano posti in contrasto non solo con la legge penale ma anche con le indicazioni della stessa associazione;

c) non poteva ravvisarsi una responsabilità penale,dei presidenti, dei vicepresidenti o comunque di coloro che avevano ricoperto posti di responsabilità al vertice dell'organizzazione a titolo di dolo eventuale per aver accettato il rischio che singoli operatori, nell'attuare direttive di Hubbard potessero spingersi fino a violare la norma penale; l'associazione a delinquere postulava un vincolo stabile avente ad oggetto l'accordo per la commissione di reati, cosa evidentemente diversa dall'accettazione del rischio che altri, nell'esecuzione di direttive lecite, potessero compiere reati che, come tali, spezzavano il rapporto organico con l'associazione.

In sostanza il Tribunale escludeva che l'ente morale Scientology avesse natura e caratteristiche proprie di un'associazione per delinquere sia perché era perfettamente lecito lo scopo sociale perseguito a norma di statuto sia perché gli adepti avevano generalmente agito in contemplazione dei fini statutari come dimostrava il rilevante numero di persone dichiaratesi soddisfatte dei servizi ricevuti. Le condotte illecite rilevate in singoli casi dovevano ritenersi frutto di iniziative devianti di singoli adepti taluno dei quali era stato condannato per qualcuno degli altri delitti contestati.

Impugnazioni - La pubblica accusa lamentava che il Tribunale non aveva tenuto conto che Scientology aveva svolto un indiscriminato proselitismo nelle fasce deboli della popolazione facendo leva su meccanismi ben noti alla moderna scienza psicologica e applicando una metodologia uniforme che si connotava d'illiceità in relazione alla natura dei soggetti passivi e all'oggettiva invariabilità degli approcci. L'ipotesi accusatoria di reato associativo era supportata dal carattere seriale delle condotte in sostanziale aderenza alle direttive di Hubbard, sintomatiche di direttive impartite ai vari operatori nell'ambito dell'organizzazione e finalizzate a commettere reati, ogni volta che la resistenza dei clienti imponeva di forzare la mano oltre il lecito. Donde, sul piano logico, la penale responsabilità degli organizzatori, dei presidenti e vicepresidenti delle varie Chiese e dei preposti ai Centri Narconon per il delitto associativo contestato agli operatori che non avrebbero potuto commettere i delitti loro ascritti senza lo strumento offerto dalle strutture dell'organizzazione.

La sentenza veniva impugnata anche dalla parte civile, Ministero delle Finanze, limitatamente ai reati finanziari contestati ad alcuni imputati sul presupposto della natura non confessionale di Scientology.

Prima sentenza di appello - Con sentenza 5-11-1993 la Corte di Appello di Milano ribaltava la sentenza di primo grado affermando che l'intera associazione di Scientology era un'associazione per delinquere. La Corte dichiarava di essere pervenuta a tale conclusione non già processando le dottrine dell'Hubbard o le idee praticate dalla Chiesa di Scientology che, come qualsiasi altra manifestazione del pensiero, ricevevano tutela nel nostro ordinamento, ma dopo avere accertato che l'attività di Scientology era stata orientata sin dall'inizio, come qualsiasi impresa commerciale operante sul libero mercato, alla massimizzazione del profitto mediante la vendita ad un pubblico sempre più numeroso e a prezzi crescenti delle pubblicazioni del fondatore, dei servizi dell'organizzazione e del cosiddetto apparecchio E-Meter, per cui poteva escludersi che Scientology fosse una chiesa o una confessione religiosa.

Per affermare la criminalizzazione dell'intera associazione (in aperto dissenso col P.G. secondo cui all'interno dell'associazione lecita se ne sarebbe formata una illecita, distinta dalla prima), la Corte ha preso le mosse dai reati-fine, ritenuti significativi anche quando non era stato possibile individuarne l'autore, e ha osservato che dei 37 capi di imputazione, 25 riguardavano fatti attribuiti ad aderenti alla associazione nel periodo compreso fra il 1981 e il 1986. Fino al 1981 era emersa un'associazione attenta ai mezzi finanziari da ricavarsi applicando le direttive di Hubbard che suggeriva la vendita dura elaborata negli USA per i venditori porta a porta basata sull'insistenza. Quando l'Italia aveva cominciato a subire l'influenza della sede di Copenhagen, vi era stata una corsa esasperata al profitto fino a trasformare Dianetics in associazione a delinquere, prima a Milano è poi nelle sedi italiane che da Milano dipendevano. Non si doveva parlare di associazione illecita formatasi all'interno di un'associazione lecita, come prospettato dall'accusa, ma della svolta in senso criminale di un'associazione originariamente lecita. Il convincimento che la Chiesa di Scientology d'Italia si era trasformata in un'associazione a delinquere era sì frutto di una generalizzazione, ma di una generalizzazione corretta. Infatti anche se su 27.000 aderenti, 26.980 non avevano espresso denunce, ciò era dovuto a una scelta della Guardia di Finanza che aveva esaminato solo 6.000 cartelle e del pubblico ministero che aveva seguito una linea minimalista configurando l'ipotesi delittuosa solo in casi eclatanti. La devianza risultava dalla deliberata violazione della direttiva di Hubbard che prescriveva di non accettare soggetti con un passato psichiatrico o sottoposte a psicanalisi o a psicofarmaci: una tipologia di soggetti che era stata respinta da (nome omesso) fino al 1978-1980 come attestato dai documenti 116 e che, come attestato dai documenti 17-24, era stata invece accettata in epoca successiva, dimostrando un'inversione di tendenza.

Secondo la Corte, l'anno 1981 aveva segnato l'inizio della grande trasformazione di Dianetics e Scientology in associazione a delinquere attestata da violazioni delle direttive di Hubbard riguardanti la vendita dura, condotta da tale data con metodi illeciti. E poiché la devianza era emersa un po' dovunque, doveva essere frutto di direttive dell'organizzazione italiana. Indici di tale devianza erano l'accettazione degli "psichici", le difficoltà opposte alle richieste di rimborso da parte di clienti insoddisfatti, le pressioni usate per indurre i clienti a comprare i servizi. Il coinvolgimento dei dirigenti non era una questione di dolo eventuale, ma di dolo diretto, e ciò anche a voler ritenere che l'associazione prevedesse il compimento di azioni criminose solo in caso di una particolare resistenza opposta dai soggetti venuti a contatto con l'organizzazione.

In conclusione, Scientology non si era fermata neppure davanti alla deficienza psichica di alcuni neofiti e i vari operatori avevano agito con modalità così uniformi e costanti, salvo variazioni imposte da peculiarità del caso concreto, da rivelare l'unicità delle direttive, l'unicità della previsione e della programmazione dei singoli reati e di conseguenza la sussistenza dei delitto associativo contestato agl'imputati, individuati non per il solo fatto della loro appartenenza all'associazione, ma per la loro responsabilità diretta nei reati fine ovvero in ragione delle funzioni esplicate, anche quali appartenenti al consiglio esecutivo o ai consiglio direttivo.

Anche la Lega per una civiltà libera dalla droga con a capo (nome omesso) e la Società Futura S.r.l., presieduta da due coppie di coniugi, la coppia (nome omesso) e la coppia (nome omesso), erano strettamente legate alla Chiesa di Scientology e avevano promosso la costituzione dei Centri Narconon dedicati alla cura e al recupero dei tossici. La Lega si occupava degli aspetti finanziari (riceveva le contribuzioni e le ripartiva fra i singoli centri), mentre Futura addestrava gli operatori dei Centri Narconon, organizzava cicli di etica e forniva il materiale. II trattamento avveniva secondo le indicazione di Hubbard: vitamine nella fase di astinenza, saune in fase di disintossicazione e infine lo studio delle teorie dianetiche.

I Narconon sono nati nel 1982 con mezzi improvvisati e inadeguati sia per le condizioni ambientali e igieniche sia per l'impreparazione degli operatori che continuavano spesso a bucarsi. I servizi forniti venivano fatti pagare circa il doppio del loro valore. Anche da tali elementi la Corte ha tratto motivi a sostegno dell'esistenza di direttive generali e ha sostenuto che se qualcuno si era recuperato, lo doveva unicamente alla propria volontà e non alle attenzioni degli centri, orientati solo al denaro.

Infine la Corte ha riconosciuto in diritto che la carica di presidente o di vicepresidente delle sedi non bastava a far ritenere tali soggetti partecipi dell'associazione, dovendosi invece verificare se la posizione sostanziale ricoperta avesse implicato contributi causali alla svolta in senso criminale compiuta dall'associazione nel 1981-1982. Ritenuta certa l'esistenza dell'associazione, ha individuato all'interno dell'organizzazione il consiglio esecutivo e il consiglio consultivo siccome essenziali per realizzare il coordinamento delle attività e ha ritenuto che gli imputati facenti parte di questi due comitati dovevano essere ritenuti partecipi dell'associazione delinquere.

La Corte ha ritenuto partecipi gli imputati che hanno svolto il ruolo di venditori di servizi, il responsabile della Lega, della Società Futura e dei Centri Narconon (ritenuti dalla Corte una delle attività delle Chiesa in contrasto con la tesi del P.G. secondo cui rappresentavano un'associazione a delinquere separata dalla Chiesa), nonché chi aveva ricoperto la carica di cappellano (intendendo per tale il preposto al rimborsi) e l'FBO quale preposto all'andamento finanziario.

Applicando questi criteri, la Corte ha affermato la responsabilità degli odierni imputati nelle specifiche qualità e funzioni di partecipazione ad associazione a delinquere ed ha concesso a tutti attenuanti generiche equivalenti, con la sola eccezione di (nomi omessi) che hanno fruito di attenuanti generiche prevalenti.

Ricorsi alla Cassazione da parte dei difensori - La decisione veniva impugnata davanti alla Cassazione da parte dei difensori sostenendo che la Corte di merito aveva inteso processare una religione in quanto diversa di quelle ufficiali, limitando di fatto il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, tutelato al più alto livello dall'art. 19 della Costituzione; aveva omesso di motivare adeguatamente sulla natura religiosa della Chiesa di Scientology e sulla circostanza che la dianetica e la scientologia predicate da detta Chiesa non si esplicavano in attività contrastanti col precetto costituzionale, circostanza particolarmente rilevante non soltanto perché avrebbe sottratto l'associazione al sindacato del giudice penale, ma anche perché avrebbe inciso sulla ricostruzione del fatto e dell'elemento soggettivo del reato, consentendo di attribuire alla fede e non alla smania di profitto (erroneamente dedotta da una lettura parziale e distorta delle direttive del fondatore) l'eccesso caratterizzante la propaganda dei corsi e la loro vendita; la Corte aveva indotto dalla generalizzazione di pochi casi il convincimento che le azioni delittuose attribuite separatamente a diversi gruppi d'imputati fossero state previste e programmate in via generale fin dall'inizio secondo direttive provenienti dai vertici dell'associazione.

Prima sentenza della Corte di Cassazione - Con sentenza 9.2. 1995 la Cassazione annullava la decisione della Corte di Appello con rinvio ad altra sezione di questa della stessa Corte territoriale per nuovo giudizio.

Secondo la Cassazione, la professione di agnosticismo esposta dalla Corta d'appello nelle premesse della sentenza di riforma era censurabile, poiché la tutela della confessione religiosa di cui agli artt. 8, 19 e 20 della Costituzione è più ampia della tutela apprestata al diritto di manifestare il proprio pensiero. Se un gruppo si autoqualifica come confessione religiosa, il giudice deve accertarne l'effettività facendo riferimento, in mancanza di una definizione legislativa, ai criteri enunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 195/93 secondo la quale, quando non vi è un'intesa con lo Stato, la natura di confessione potrà trarsi da precedenti riconoscimenti pubblici, dallo statuto o dalla comune considerazione, salva la possibilità per un interprete di elaborare indici ulteriori. La Corte di merito non aveva escluso la natura religiosa dell'associazione sulla base degli indici indicati dalla Corte Costituzionale, ma in relazione all'attività commerciale svolta dall'associazione consistente nella vendita dei propri servizi, dimenticando che l'attività commerciale non è incompatibile con la natura confessionale di un'associazione, posto che tutte le confessioni tendono ad autofinanziarsi. L'orientamento mercantile di una confessione che vuole autofinanziarsi per diffondersi non era dunque argomento per escludere la natura confessionale di Scientology, attestata, fino a prova contraria, dal suo statuto.

Secondo la Cassazione non era eludibile l'indagine sulla natura confessionale della associazione poiché, una volta ritenuta tale natura, diventava insostenibile l'assunto della sua trasformazione in associazione a delinquere se non si provava che tutti gli adepti avevano cambiato le regole di comune accordo per dare vita un soggetto nuovo e diverso. Era invece astrattamente ipotizzabile la tesi del Procuratore Generale secondo cui alcuni operatori avessero deviato costituendo un'associazione illecita nell'ambito di quella lecita. La confessione religiosa incontra il solo limite del buon costume inteso come conformità ai principi etici del nostro ordinamento da cui nasce la morale sociale, ma non è suscettibile di altri sindacati giurisdizionali.

Mentre il tribunale aveva affermato che i presidenti, i vicepresidenti e i responsabili di un'associazione non possono ritenersi responsabili della degenerazione della condotta di singole persone che operano per l'associazione, la Corte d'appello, facendo propri gli indici indicati dal procuratore generale, si era limitata a indicare le ragioni per le quali si potrebbe presumere che i dirigenti di un'associazione devono essere a conoscenza delle iniziative dei sottoposti. Ma si tratta di una presunzione non praticabile nel caso di organizzazioni di vaste proporzioni. La Corte di Appello era poi incorsa nella violazione dell'articolo 192 comma 2 codice procedura penale perché aveva fondato su un fatto presunto un'ulteriore presunzione, incorrendo nel vizio noto come praesumptio de praesumpto. Dalla presunzione semplice ricavata dalla posizione di vertice rispetto a un reato singolo la Corte d'appello aveva ricavato l'ulteriore presunzione della conoscenza dei metodi usati dai dipendenti senza fornire elementi atti a provare direttamente l'effettività di tale conoscenza, da parte dei singoli dirigenti, in ordine ai metodi utilizzati dai sottoposti.

La sentenza della Corte d'appello era anche illogica nella parte in cui aveva ritenuto provato il delitto di associazione a delinquere basandosi sulla molteplice reiterazione di condotte analoghe, ritenute, come tali, riconducibili necessariamente a un'organizzazione. In realtà il limitato numero di casi per cui si era proceduto, non era sufficientemente indicativo della sussistenza di un'associazione criminale se confrontato con i 27.000 soggetti con cui l'associazione aveva stabilito rapporti. Erano state pochissime persone a presentare denuncia o a lamentare alcun- ché, e ciò non consentiva di criminalizzare un'intera associazione. II numero delle denunce poteva essere utilizzato, a tutto concedere, per avviare ulteriori indagini. II fatto che su 27.000 adepti solo un numero limitatissimo di persone aveva presentato denuncia, non giustificava la generalizzazione fatta dalla Corte d'appello. Il percorso argomentativo seguito dalla Corte di merito non era praticabile, poiché non era rilevante che molti soggetti sentiti a verbale si fossero dichiarati insoddisfatti; non era rilevante che la Guardia di Finanza avesse esaminato solo seimila posizioni, non essendo consentito desumere, dal mancato esame di fatti a disposizione degli acquirenti, elementi per affermare in base ad una mera probabilità statistica che alcune persone già inquisite hanno commesso ulteriori reati.

Seconda sentenza della Corte di appello - La corte di merito, pronunciando per la seconda volta in sede di rinvio ha escluso la natura confessionale di Scientology, sostenendo che tale natura non era suffragata da nessuno degli indici indicati dalla Corte Costituzionale: infatti, non aveva un'intesa con lo Stato, non aveva avuto pubblici riconoscimenti, non aveva uno statuto che potesse suffragare il perseguimento di fini religiosi, non era una religione nella comune considerazione, intendendosi per tale l'opinione pubblica della comunità nazionale.

Data la scarsità degli adepti, le sentenze di alcuni giudici di merito e di alcune commissioni tributarie o i pareri di autorevoli studiosi italiani o stranieri non erano rilevanti perché non concorrono a formare la pubblica opinione.

A Scientology mancava quello che nel comune sentire è il concetto di salvezza dell'anima e il rapporto con la divinità, tipico delle grandi religioni monoteistiche giudaico-cristiane e islamiche. Lo stesso statuto di Scientology soffriva di queste limitazioni perché in esso si afferma in modo contraddittorio che la tecnologia può rendere l'uomo consapevole della conoscenza dell'essere supremo; perché le modifiche statutarie che avevano portato a sostituire agli Istituti di Dianetica la Chiesa Nazionale di Scientology di Italia erano state solo uno stratagemma per sottrarre gli Istituti di Dianetica ai problemi legali già emersi altrove. La natura strumentale dell'autoqualificazione di Scientology come confessione religiosa era comprovata:

a) dalle dichiarazioni di due testimoni americani secondo cui Hubbard si era determinato a definire Scientology una religione all'esito di una causa intentata contro Scientology dall'associazione medica del New Jersey per abuso della professione medica;

b) dal contenuto di un documento sequestrato nella sede romana di Scientology nel 1991, nel quale veniva valutata l'opportunità che Dianetics si trasformasse in Chiesa per sopperire alla mancanza di collegamenti con qualche gruppo stabile in Italia, avuto riguardo alla cerchia di interessi politici economici e finanziari in cui Scientology si trovava a operare;

c) da quanto riferito da un teste cui era stato detto che la parola Chiesa era stata usata per comodo;

d) da quanto riferito da altri testi che avevano riferito di non avere mai sentito parlare di pastori;

e) dalla mancanza di un credo esclusivo, dalla storia della associazione, dalla natura scientifica e oggettiva dei riti e delle pratiche.

Esclusa la natura confessionale di Scientology, la Corte di merito ha creduto di superare la censura della Cassazione relativa all'inammissibile generalizzazione di alcuni casi di devianza per inferire l'esistenza di una programmazione criminosa rispondente alle direttive dei vertici italiani, compulsando l'organigramma e le testimonianze relative alla struttura dell'organizzazione e alle direttive di ordine generale.

Secondo la Corte di merito era stata acquisita la prova indiziaria che l'associazione si era data un programma delinquenziale; ciò era desumibile da convergenti considerazioni: le organizzazioni di Scientology avevano come unico obiettivo lo scopo di lucro, come era risultato da due direttive di Hubbard, dai documenti interni sequestrati e dalle testimonianze; dal disinteresse per la condizione di salute degli adepti o degli operatori, in spregio alla proclamazione di una missione finalizzata al benessere fisico e psichico dalle persone; dalle tecniche di approccio perseguite facendo compilare questionari fuorvianti concernente le condizioni fisiche e mentali dei compilatori per indurli a profittare dei servizi e ad acquistare libri costosi; dalle false promesse di restituzione di quanto pagato in caso di mancato conseguimento dei benefici promessi e dalla velata prospettazione di danni fisici o psichici in caso di mancata adesione alla Chiesa o di mancato acquisto dei prodotti offerti; dalla millantata validità scientifica dei metodi proposti, dalla simulazione in alcune fasi di un progresso del trattamento pretesamente controllato scientificamente con uno strumento denominato E-Meter.

Da tali elementi, complessivamente considerati, la Corte di merito ha dedotto che l'intera attività dell'associazione era preordinato a commettere reati e ha disatteso ancora una volta la prospettazione dell'accusa secondo cui l'associazione a delinquere si era costituita nell'ambito della Chiesa di Scientology senza identificarsi con la Chiesa stessa: era la stessa organizzazione di Scientology con tutte le sue emanazioni a integrare un'associazione a fini criminosi e ne erano responsabili coloro che avevano fornito un contributo causale alla realizzazione del programma. L'elemento psicologico era desumibile dal contesto, connotato dalla fallacia delle promesse, dalla nocività o inutilità dei servizi, dall'impreparazione degli operatori.

La corte ha dichiarato la prescrizione dei reati contestati a (nomi omessi) che hanno beneficiato di attenuanti generiche prevalenti. Tuttavia la sentenza è stata egualmente oggetto di ricorso per Cassazione anche da parte di questi imputati senza far cenno alla declaratoria di estinzione del reato pronunciata dalla Corte di merito precedente.

Seconda sentenza della Corte di Cassazione - A seguito di un secondo ricorso di tutti gli odierni imputati, la Cassazione con sentenza 8-10-1997 ha nuovamente annullato con rinvio la decisione impugnata.

La Suprema Corte ha alzato il tono rimarcando che il giudice del rinvio aveva violato il giudicato interno omettendo di giustificare il proprio convincimento sulla base dello schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento che la vincolava a una determinata valutazione delle risultanze processuali o al compimento di una determinata indagine ritenuta da essa Cassazione di rilevanza determinante e precedentemente omessa.

Le violazioni dei giudicato interno commesse dal giudice del rinvio sono state definite molteplici: la Corte d'Appello aveva escluso la natura religiosa di Scientology applicando i criteri indicati dalla Corte Costituzionale con gravi fraintendimenti ed elaborando una nozione soggettiva di confessione ritagliata sull'esperienza storica monoteistica giudaico cristiana ed islamica in modo dei tutto arbitrario. Ciò facendo aveva violato la carta costituzionale che garantisce a tutti di professare la propria fede religiosa col solo limite dei rispetto del buon costume inteso come rispetto delle norme penali e delle norme atte a garantire una libera e pacifica convivenza. La mancata definizione legale di religione sottende la più ampia tutela dei soggettivi convincimenti in materia e il distacco laicale dalle dottrine caratterizzanti le religioni esistenti o sopravvenute. La corte di merito si era avventurata a sindacare illegittimamente l'essenza di una fede, facendo malgoverno degli indici elaborati dalla Corte Costituzionale e violando i limiti dei giudicato interno.

La Cassazione ha definito elusiva. la motivazione della sentenza annullata, non avendo la Corte di Appello motivato perché Scientology non avrebbe avuto pubblici riconoscimenti come religione, omettendo di accertare quali atti formali diversi dalla intesa costituiscano pubblico riconoscimento di una confessione religiosa e omettendo altresì di spiegare perché atti di provenienza pubblica, sentenze di giudici ordinari e tributari non siano idonei a costituire indiretto riconoscimento pubblico.

Se poi la Corte d'Appello aveva inteso riconoscimento pubblico come riconoscimento popolare avrebbe dovuto spiegare perché le dichiarazioni di migliaia di adepti che fanno parte dei popolo, i pareri di esperti e quelli espressi nelle sentenze, che nel giudicare si avvalgono di massima della comune esperienza e del notorio, non sarebbero riconoscimenti pubblici.

In realtà la Corte d'appello aveva male applicato il criterio della comune considerazione da intendersi non come opinione pubblica dell'intera comunità nazionale, ma come valutazione condivisa da altri nella cerchia dei dotti e delle persone interessate al problema. Le conclusioni della Corte di Appello erano viziate dal fraintendimento di partenza, avendo inteso la comune considerazione come opinione pubblica italiana e avendo ritenuto di poter negare con criteri unilaterali e personali la natura religiosa di Scientology sol perché a tale dottrina mancherebbe quello che nel comune sentire sarebbe elemento indispensabile perché ci sia religione, vale a dire il concetto della salvezza dell'anima realizzata attraverso il legame dell'uomo con Dio.

La Cassazione ha anche esaminato lo statuto nazionale che fa riferimento a un percorso di liberazione nella linea di pensiero delle scienze esatte per la soluzione dei problemi dell'esistenza e il conseguimento della libertà dello spirito umano e ha concluso che il ricorso a tecniche fisiche e a mezzi materiali per conseguire una qualche visione del mondo dello spirito non è estraneo a diverse religioni. La Corte di Cassazione ha definito acritica l'adesione della Corte di Appello alle dichiarazioni rese dagli americani Atack e Armstrong, non avendo indagato il contesto (americano) in cui tali dichiarazioni furono rese e in quale procedimento. A fronte dei mancati approfondimenti critici, rimaneva egualmente attendibile che la Chiesa sia sorta come sviluppo delle dottrine dianetiche e per il concorso di adepti sempre più numerosi, nulla rilevando che la Chiesa abbia ereditato o assorbita la struttura di Dianetics.

La Cassazione ha poi negato qualsiasi contenuto indiziante al documento sequestrato a Roma nel quale si lamentava genericamente la difficoltà incontrata da Dianetics senza le coperture di cui gode la confessione religiosa. Inoltre ha riesaminato la deposizione della teste (nome omesso) per concludere che alla donna avevano solo spiegato che non vi era incompatibilità fra la religione cattolica e Scientology. Non era rilevante la mancanza di un credo e la Corte di appello aveva omesso di valutare le prove acquisite nel loro complesso e particolarmente le testimonianze e documenti prodotti dalla difesa.

La Cassazione ha fissato un ulteriore limite al giudice dei rinvio censurando la sentenza laddove elude il giudicato interno riproponendo la tesi che vuole Scientology come associazione a delinquere basandosi non più su una inammissibile generalizzazione di pochi episodi ma enfatizzando l'orientamento al denaro, già ritenuto dalla stessa Corte di Cassazione non ostativo all'esistenza e al riconoscimento di una confessione che tenda ad autofinanziarsi vendendo i propri servizi.

La Cassazione ha concluso aderendo ai rilievi difensivi secondo cui i reati accertati non erano emersi nell'ordinarietà ma si palesavano come deviazioni occasionali dalle regole di condotta generali, circostanza, questa che, unitamente alla liceità dei fini statutari, non poteva non riverberarsi sul dolo di ciascun imputato che, se convinto di partecipare alla realizzazione di scopi leciti, non poteva essere consapevole di partecipare a un'associazione criminale. Alle censure concernenti la criminalizzazione dell'intera associazione basata su un'inammissibile generalizzazione di pochi casi la Cassazione ha aggiunto che, in mancanza di più solidi ancoraggi oggettivi, potevano, sul piano razionale, attribuirsi la convergenza delle condotte attribuite agli operatori e le uniformi commissioni dei reati-fine loro ascritti sia alla comunanza di direttive sia all'identità delle condizioni dell'azione umana nelle quali gli imputati si trovarono a operare e/o alla rigidità dello schema tipico dei reati loro attribuiti.

Nessuna illazione di carattere generale poteva trarsi dalla constatazione che gli adepti insoddisfatti avevano ottenuto i rimborsi per la loro forte determinazione o con una minaccia di denunce, tenuto conto anche dei limiti assegnati dal giudicato interno secondo cui la stragrande maggioranza non aveva chiesto rimborsi.

In conclusione la Corte di appello aveva violato i limiti dei giudicato interno ignorando il percorso indicato dalla Cassazione in ordine all'accertamento della natura religiosa o meno.di Scientology, ignorando la rilevanza dell'esiguo numero dei soggetti che avevano commesso reati, le prove fornite a discarico, richiamate nella prima sentenza di annullamento e non valutate in sede di rinvio. Infine il giudice del rinvio avrebbe dovuto tener presente che la responsabilità per il reato associativo dei dirigenti non poteva essere provata facendo ricorso alla praesumptio de praesumpto.

Esame dei motivi di impugnazione - La presente sentenza è stata in larga parte già scritta dalle due decisioni della Cassazione che, con il secondo annullamento, ha ulteriormente puntualizzato i vincoli del giudicato interno, indicando le violazioni commesse e i percorsi argomentativi inammissibilmente seguiti dal giudice del rinvio.

II Procuratore Generale ha riproposto i termini della requisitoria pronunciata a conclusione dei primo giudizio di rinvio ed ha ribadito ancora una volta che, nello specifico, non era in discussione se Scientology fosse un'assocíazione confessionale, ma se gli odierni 33 imputati avessero costituito, all'interno di Scientology, una distinta associazione a delinquere, con la conseguenza che perdeva ogni ragion d'essere il pronunciamento pregiudiziale sul carattere confessionale di Scientology imposto dalla Cassazione al giudice del rinvio. Il dictum della Suprema Corte poteva avere una sua ragion d'essere se posto in relazione con la scelta di campo fatta dalla Corte di Appello che aveva ritenuto Scientology, a far tempo dai primi anni '80, un'associazione criminale tout court; ma se si verificava l'ipotesi accusatoria caldeggiata dal P.G. nei due giudizi di rinvio, la richiesta di accertare in via pregiudiziale se il gruppo di riferimento (Dianetica, Chiesa di Scientology o Lega per la civiltà libera dalla droga) cui appartenevano gli odierni imputati avesse o meno natura confessionale si palesava superata. In particolare, le direttive di Hubbard potevano essere esaminate al limitato scopo di chiarire come potesse essersi sviluppato un sodalizio criminoso autonomo all'interno dell'attività di Scientology e, in tale ottica, anche il modesto dato quantitativo della devianza, ritenuto dalla Cassazione l'argomento forte delle difese, perdeva la pregnanza attribuitagli dalla Suprema Corte. Infine la considerazione che l'associazione criminale ipotizzata avesse ad oggetto il compimento di una serie indeterminata di reati contro il patrimonio per destinarne il profitto all'organizzazione lecita, non collideva con la tesi avanzata dal P.G., posto che la fattispecie legale del reato associativo non prevede, come scopo, il profitto del sodalizio, ma un generico programma di commettere reati, ancorché contro il patrimonio.

Sulla base di queste premesse il P.G ha ritenuto di ribadire (anche se la seconda sentenza di annullamento aveva ulteriormente ridotto i residui percorsi argomentativi):

a) che la Cassazione sbaglia quando pretende dai giudici di merito un pronunciamento pregiudiziale sulla religiosità del gruppo, essendo in fatto del tutto evidente che a essere sottoposta a giudizio non è Scientology come tale, ma solo un gruppo di soggetti ad essa appartenenti;

b) che il giudice di rinvio deve solo verificare la condotta tenuta in concreto dagli imputati esaminando non le regole dei gruppo ma la concreta applicazione che di tali regole gli odierni imputati avevano fatto.

Le difese hanno invece sostenuto, con sfumature diverse, che il giudice del rinvio non poteva esimersi dal prendere posizione sulla natura confessionale di Scientology.

In proposito hanno ricordato che non era affatto evidente che a essere sottoposta a giudizio non fosse Scientology come tale, ma solo un gruppo di soggetti ad essa appartenenti. Tale assunto era smentito:

a) dal tenore del capo di imputazione, dalla scelta di campo del Giudice Istruttore che, dopo una lunga e ampia indagine, aveva licenziato il processo sostenendo che Scientology, anche se si richiamava a una qualche religione, era comunque criminale perché i reati contestati non erano espressione di condotte occasionalmente devianti, ma programmati in quanto commessi in applicazione delle direttive promananti dall'organizzazione; e che, comunque, le idealità, i programmi, gli statuti, gli scritti, le policies interne dimostravano che Scientology non era religiosa;

b) dal tenore dell'impugnazione del P.M che con atto 4-10-1991 aveva appellato la decisione assolutoria del Tribunale, riproponendo la tesi della natura criminale di Scientology, accusata di essere un produttore collettivo di reati a fine di lucro per autofinanziarsi, come comprovato anche dal fatto che il profitto tratto dai reati specifici (in ipotesi accusatoria, truffa, circonvenzione, reati fiscali, estorsione) non era lucrato dagli autori dei reati, ma collettivamente dal sodalizio criminoso;

c) dalle due sentenze censurate dalla Cassazione, che avevano sposato la tesi massimalista del P.M. sostenendo con argomentazioni diverse, ma con esiti convergenti, che la Chiesa di Scientology d'Italia aveva attuato la vendita dura dei servizi offerti ai fedeli con modalità che si discostavano dalle direttive del fondatore, ponendo in essere deviazioni che, lungi dal postulare l'esistenza di un sotto-gruppo criminale, investivano tutta l'associazione che, pur dotata di una struttura articolata, di sedi periferiche, statuti, divisione dei ruoli, aveva avuto apprezzamenti per l'opera dei venditori devianti, per cui valeva il principio del cui prodest. In particolare, la seconda decisione pronunciata dal giudice dei rinvio aveva ribadito che Scientology era un sodalizio criminale non confessionale e aveva individuato in tale organizzazione la struttura e l'organizzazione del sodalizio criminale e nell'adesione e nell'attività a favore di Scientology l'elemento psicologico e il contributo causale della partecipazione al sodalizio criminoso.

Le difese hanno quindi concluso che il lavoro del giudice del rinvio doveva rapportarsi alla sentenza di primo grado e al quantum devolutum dell'impugnazione nel rispetto del giudicato interno.

Pare a questa Corte che fra i nodi da sciogliere ci sia anche quello che il P.G. ha continuato a considerare una questione irrilevante. Non pare che il giudice di rinvio possa ignorare che il duplice annullamento della Suprema Corte ha avuto per oggetto due sentenze che, pur battendo percorsi argomentativi diversi, hanno accolto l'originaria tesi del P.M. appellante, escludendo in modo convergente la natura confessionale di Scientology onde poterne affermare la natura criminale. La Cassazione è giunta a reclamare una presa di posizione, non elusiva e comunque adeguata, sulla natura confessionale di Scientology non solo perché la questione appartiene ormai in modo ineludibile alla materia devoluta all'appello e ai piani del discorso imposti dalla Cassazione, ma soprattutto perché, al punto in cui è giunto il processo, la risposta a tale questione finisce per orientare in modo determinante la lettura dei vincoli imposti dalla Cassazione alla valutazione del materiale probatorio acquisito.

La Cassazione, correggendo il percorso argomentativo seguito dai giudici nel rinvio investiti dall'impugnazione del P.M., ha stabilito che l'accertamento dell'eventuale natura confessionale di Scientology è rilevante, perché, in caso affermativo, l'assunto della conversione dell'intero sodalizio in associazione a delinquere postulava la prova che tutti gli adepti avevano cambiato di comune accordo le regole originarie per dare vita un soggetto nuovo e diverso con evidenti riverberi sulla significatività e univocità degli elementi probatori acquisiti, sia che, in ipotesi accusatoria, si volesse riferire l'ipotizzata criminalizzazione all'intera associazione sia che la si volesse riferire a un gruppo di associati (c.d. schegge impazzite).

Una presa di posizione sulla natura confessionale di Scientology non è imposta da una rivisitazione archeologica dei materiale processuale, ma dal quantum devolutum, recepito dalle sentenze poi annullate dalla Cassazione, da valutarsi coi rispetto dei giudicato interno. Con la seconda sentenza di annullamento la Suprema Corte ha alzato i toni delle censure e non avrebbe potuto essere più esplicita: ha rimproverato al giudice del rinvio di avere violato il giudicato interno laddove, 'invece di giustificare il proprio convincimento sulla base dello schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento che lo vincolava a una determinata valutazione delle risultanze processuali o al compimento di una determinata indagine ritenuta dalla Corte di rilevanza determinante e precedentemente omessa’, aveva battuto strade diverse che implicavano plurime violazioni del giudicato interno. Non sembra dunque seriamente contestabile che, a torto o a ragione, ma comunque in modo processualmente vincolante, il giudice del rinvio è stato posto nella condizione di dover giustificare il proprio convincimento sulla base dello schema esplicitamente enunciato dal giudice superiore che prevede, tra l'altro, una presa di posizione sulla natura confessionale di Scientology. Non pare che la Cassazione abbia lasciato ulteriori vie di fuga in proposito, esplicitando una serie di vincoli di cui in questa sede si può solo prendere atto, lasciando da parte i personali convincimenti; né sembra essere entrata in conflitto con se stessa allorché ha applicato l'amnistia ai reati tributari. Si tratta infatti di violazioni che sottendono lo svolgimento di una attività commerciale da ritenersi non imponibile se Scientology fosse confessionale. E poiché quando è sopravvenuto il provvedimento di l'amnistia, mancava allo stato, l'evidenza della prova circa la natura confessionale dell'associazione, la Cassazione ha privilegiato l'economia processuale e ha applicato il provvedimento estintivo.

Con la prima sentenza di annullamento, la Cassazione è stata in proposito particolarmente perentoria: se un gruppo si autoqualifica come confessione religiosa, il giudice deve accertare l'effettività di tale autoqualificazione facendo riferimento, in mancanza di una definizione legislativa, ai criteri enunciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 195/93 secondo la quale, quando non vi è un'intesa con lo Stato (da ritenersi in tal caso assorbente), la natura di confessione potrà trarsi da precedenti riconoscimenti pubblici, dallo statuto o dalla comune considerazione, salva la possibilità per l'interprete di elaborare indici ulteriori; ed ha censurato il giudice di appello che aveva escluso la natura confessionale di Scientology in relazione all'attività commerciale svolta, dimenticando che l'orientamento mercantile di una confessione, che vuole autofinanziarsi per diffondersi, non è argomento per escluderne la natura confessionale attestata, in ipotesi, dal suo statuto.

Con la seconda sentenza la Cassazione ha fornito una sorta di interpretazione autentica di se stessa, indicando i vincoli non eludibili assegnati a questa Corte con forza di giudicato interno:

a) non poteva essere esclusa la natura confessionale di una associazione sindacando con criteri unilaterali e personali i contenuti delle relative credenze (nella specie la mancanza del concetto della salvezza dell'anima realizzata attraverso il legame dell'uomo con Dio), ostandovi precisi precetti costituzionali che vietano di ancorare la riconoscibilità della natura confessionale di un'associazione ai contenuti delle religioni esistenti o sopravvenute;

b) gli atti di provenienza pubblica quali sentenze di giudici ordinari e tributari sono astrattamente idonei a costituire indiretto riconoscimento pubblico della natura confessionale di un'associazione e, in presenza di tali atti, tale indiretto riconoscimento non poteva essere escluso senza spiegarne la ragione e senza indicare gli atti formali, diversi dall'intesa e dalle sentenze di giudici ordinari e tributari, che darebbero luogo a pubblico riconoscimento. Anche a voler attribuire al pubblico riconoscimento l'accezione di riconoscimento popolare, il giudice del rinvio doveva spiegare perché le dichiarazioni di migliaia di adepti, che fanno parte del popolo, i pareri di esperti e i pareri espressi nelle sentenze, che nel giudicare si avvalgono di massime della comune esperienza e del notorio, non sarebbero riconoscimenti pubblici. Infine la Corte d'appello aveva male applicato il criterio della comune considerazione, erroneamente intesa come opinione pubblica dell'intera comunità nazionale, e non come valutazione condivisa da altri nella cerchia dei dotti e delle persone interessate al problema;

c) lo statuto nazionale di Scientology, prevedendo un percorso di liberazione e facendo ricorso a tecniche fisiche e a mezzi materiali per conseguire una determinata visione del mondo dello spirito, collocava l'associazione in un ambito comune anche ad altre confessioni pacificamente riconosciute;

d) le dichiarazioni rese in contrario dagli americani Atack e Armstrong non potevano ritenersi concludenti senza indagare il contesto americano e il procedimento in cui tali dichiarazioni furono rese, per cui restava egualmente attendibile, a fronte dei mancati approfondimenti critici, che la confessione sia sorta come sviluppo delle dottrine dianetiche e per il concorso di adepti sempre più numerosi, nulla rilevando che Scientology avesse ereditato o assorbito la struttura di Dianetics;

e) il documento sequestrato a Roma nel quale si lamenta genericamente la difficoltà incontrata da Dianetics senza le coperture di cui gode la confessione religiosa non aveva contenuto indiziante;

f) non erano rilevanti né la mancanza di un credo né la dichiarata compatibilità fra la religione cattolica e Scientology;

g) il giudice del rinvio aveva criminalizzato Scientology enfatizzando l'orientamento al denaro, già ritenuto non ostativo al riconoscimento di una confessione che voglia autofinanziarsi con la vendita dei propri servizi; e con ciò aveva violato il giudicato interno;

h) i reati accertati non sono emersi nell'ordinarietà, ma si configurano come deviazioni occasionali dalle regole di condotta generali; circostanza che, unitamente alla liceità dei fini statutari, non può non riverberarsi sul dolo di ciascun imputato che, se convinto di partecipare alla realizzazione di scopi leciti, non poteva essere consapevole di partecipare a un'associazione criminale;

i) posto che pochi casi di devianza non potevano essere generalizzati, in mancanza di più solidi ancoraggi oggettivi, la convergenza delle condotte attribuite agli operatori e le uniformi commissioni dei reati-fine ascritti a taluni imputati poteva essere egualmente attribuita tanto a una comunanza di direttive quanto all'identità delle condizioni dell'azione umana nelle quali gli imputati si trovarono a operare e/o alla rigidità dello schema tipico dei reati loro attribuiti.

In buona sostanza, la Cassazione, ribadendo l'assoluta rilevanza dell'indagine concernente l'eventuale natura confessionale di Scientology e la forza cogente dei percorso argomentativo implicitamente o esplicitamente enunciato nelle sue sentenze di annullamento; e qualificando le omissioni e le violazioni poste in essere dai giudici dei rinvio alla stregua di violazioni del giudicato interno, ha vincolato il giudice del rinvio a prendere posizione sulla natura confessionale dell'associazione, osservando che, allo stato, tale natura era attestata, dai riconoscimenti pubblici e dallo statuto; e che gli elementi cui le sentenze annullate avevano attribuito una valenza di segno contrario erano stati letti incorrendo in errata applicazione di norma di legge, violazione della costituzione in tema di libertà confessionale e in vizi logici e in violazione del giudicato; che gli approdi impugnati potrebbero essere riproposti solo sulla base di ulteriori elementi probatori, da valutare nel rispetto dei limiti imposti dal giudicato interno.

A ben vedere, la Cassazione, dopo due annullamenti, ha indicato percorsi vincolanti a esito scontato. Dopo aver additato al giudice del rinvio la corretta lettura degli indici indicati dalla Corte Costituzionale, ha chiarito che l'ipotesi accusatoria non poteva essere portata avanti ulteriormente, senza altre indagini idonee a superare, nel rispetto dei giudicato interno e del distacco laicale praticato in questa materia dalla Carta Costituzionale, le conclusioni cui portavano le prove acquisite. Poiché in questa fase non ci sono stati apporti probatori di segno con-trario rispetto agli elementi di prova su cui la Cassazione ha formulato la proprie radicali censure, non resta che prendere atto che lo statuto di Scientology è compatibile con la qualificazione autoreferenziale che l'associazione si è attribuita e che le numerose sentenze di giudici ordinari e tributari costituiscono quel pubblico riconoscimento che la Corte costituzionale annovera fra i criteri non di merito utilizzabili, nel rispetto di una equidistanza laicale fra le varie confessioni, per stabilire se un'associazione sia effettualmente confessionale.

In altre parole, in difetto degli ulteriori apporti probatori idonei a superare le censure della Cassazione, questo giudice prende atto con la Suprema Corte che le prove acquisite non consentono di escludere la natura confessionale di Scientology suffragata dallo statuto e dal pubblico riconoscimento.

A questo punto resta da verificare, secondo quanto riproposto dal P.G. correggendo in sede di rinvio quanto devoluto dall'impugnazione del P.M., se gli odierni imputati abbiano costituito una associazione a delinquere autonoma all'interno e in contrasto coi fini confessionali di Scientology.

Le difese hanno puntualmente osservato che per percorrere la strada evocata dal P.G in sede di rinvio occorre domandarsi se il materiale probatorio utilizzato dai precedenti giudici di rinvio, rimasto assolutamente invariato, consenta una diversa valutazione, nell'ambito della discrezionalità consentita dall'art. 627 c.p.p.; e hanno fatto rilevare in proposito che il capo di imputazione n. 42 prefigura la costituzione di un sodalizio criminoso da parte di soggetti che hanno agito per conto di Scientology; che tutta la pregressa attività probatoria è stata svolta in funzione di questa ipotesi di accusa che è poi quella utilizzata dal Giudice Istruttore per disporre il rinvio a giudizio degli odierni imputati; che l'introduzione della terza ipotesi (quella della "devianza di un gruppo di fedeli diventati infedeli") finisce comunque per entrare in rotta di collisione, almeno sul piano logico, con l'accertata natura confessionale di Scientology, poiché l'ipotesi di un sodalizio fra soggetti che, dopo anni di fedele militanza, si costituiscono in associazione a delinquere contro i principi precedentemente seguiti senza trarre alcun utile economico personale, impone di stabilire se l'asserito accordo criminoso sia scaturito, in ipotesi, dalla convergente volontà di compiere un numero indeterminato di reati in contrasto coi fini di Scientology per un eccesso di zelo o per altro fine che il P.G. non ha certo esplicitato facendo osservare che il dolo richiesto dalla fattispecie di cui all'art. 416 c.p. non postula il fine di lucro.

In effetti, abbandonata la tesi totalizzante della conversione criminale dell'intera struttura cui appartengono tuttora gli imputati (il Tribunale aveva denunciato l'antinomia di una tale assunto, avendo il P.M. chiesto il rinvio a giudizio non di tutti gli associati, ma solo di alcuni), la questione della prova di un accordo criminale intervenuto fra alcuni operatori e alcuni dirigenti per procurare all'associazione i mezzi finanziari con condotte illecite, diventa cruciale. La ritenuta natura confessionale di Scientology, e quindi il carattere lecito della sua attività, sposta radicalmente il piano dei discorso poiché, in tal caso, il supposto sodalizio criminale fra gli odierni imputati non può più trovare supporto nelle direttive e nell'organizzazione dell'associazione lecita, ma solo in uno specifico accordo fra alcuni operatori e alcuni dirigenti di talune sedi, finalizzati a eludere i fini statutari della confessione. Ma se è vero che i comportamenti umani finalizzati tendono a rapportarsi a scelte razionali e se è vero che Scientology è una confessione che persegue fini leciti, diventava ineludibile dare conto, sul piano logico e probatorio, della singolare situazione i alcuni adepti che, in ipotesi accusatoria, decidono costituirsi in sodalizio criminale all'interno della confessione (lecita) per commettere reati contro il patrimonio e violare i principi della confessione cui tuttora appartengono non per trarre un lucro personale, ma per avvantaggiare la confessione stessa.

II discorso accusatorio ha preso le mosse dalla posizione degli imputati (nomi omessi) che hanno commesso reati contro il patrimonio praticando la vendita dura dei beni o dei servizi distribuiti da Scientology a malati psichici (categoria esclusa dal campo dei possibili fruitori in base ad una policy di Hubbard) o a tossicodipendenti, profittando della fragilità di questi soggetti che venivano convinti senza molta fatica del conseguimento di sicuri risultati positivi. È stato osservato che costoro, pur conoscendo le direttive di Hubbard sulla vendita dura, le avevano trasgredite con analoghe modalità operative; avevano commesso la stessa tipologia di reati agendo, talvolta anche in concorso, all'interno di un'attività organizzata nella specifica funzione di venditori loro assegnata da Scientology e senza profitto personale; tutti e tre avevano utilizzato per la commissione dei reati la sede e i mezzi dell'organizzazione; tutti e tre, insieme o autonomamente, avevano iniziato la vendita dura con assoluta identità di comportamenti e di obbiettivi. E poiché i tre imputati avevano caratteristiche personologiche differenti e storie personali non omogenee, non potevano avere agito in modo casuale nell'applicare nello stesso modo distorto le direttive di Hubbard sulla vendita dei servizi, donde la prova indiziaria del sodalizio fra i tre, un numero che basta a costituire un'associazione criminale. Non c'era solo l'analogia delle condotte, ma l'analogia anche nel modo di violare le stesse direttive di Hubbard.

L'accusa ha poi esteso le precedenti conclusioni anche alle posizioni degli altri imputati con ruolo di esecutori materiali, osservando ancora una volta che anche costoro avevano posto in essere condotte criminose, applicando nello stesso modo distorto le stesse direttive di Hubbard sulla vendita dura all'interno di un'attività organizzata e nell'ambito della specifica funzione loro assegnata, avvalendosi dei mezzi dell'associazione e senza trarre profitto personale. Anche coloro che avevano operato nelle sedi periferiche non si erano discostati dalle modalità che avevano caratterizzato le condotte dei colleghi di Milano e si erano mossi egualmente quali operatori di Scientology, utilizzando la struttura e i mezzi di cui a tale titolo disponevano, seguendo i principi ispiratori della vendita dura riportati nelle direttive di Hubbard, con una convergenza di modalità e di intenti che postu-lavano un pregresso accordo.

Infine anche la prova della partecipazione morale al sodalizio da parte dei dirigenti (nei cui confronti non sono stati accertati reati fine) è stata fondata sull'uniformità e sulla reiterazione delle condotte criminose che, avendo incontrato il gradimento dei superiori, non potevano non sottendere direttive ratificate dai suddetti dirigenti.

La Cassazione ha distinto i due piani del discorso. Con riferimento agli operatori sul campo, ha censurato come illogica (e quindi non più praticabile) la pretesa di ricondurre necessariamente all'esistenza di un'associazione criminale la mera reiterazione di condotte criminose analoghe da parte di alcuni adepti. Premesso che i reati accertati non sono emersi nell'ordinarietà ma come deviazioni occasionali dalle regole di condotta generali, ha osservato che la mera reiterazione di alcuni reati connotati da condotte analoghe unitamente alla liceità dei fini dell'associazione destinataria dei profitti non può non riverberarsi sul dolo di ciascun imputato che, se convinto di partecipare alla realizzazione di scopi leciti, non poteva essere consapevole di partecipare a un'associazione criminale. Con un'ironia che talora ha rasentato il sarcasmo, la Suprema Corte ha fatto rilevare che, in mancanza di più solidi ancoraggi oggettivi, potevano, sul piano razionale, attribuirsi le uniformi commissioni dei reati-fine ascritti ad alcuni degli odierni imputati e la convergenza delle condotte con eguale legittimità sia alla comunanza di direttive sia all'identità delle condizioni dell'azione umana nelle quali gli imputati si trovarono a operare e/o alla rigidità dello schema tipico dei reati loro attribuiti.

Con ciò la Cassazione ha inteso dire che gli elementi probatori indicati a sostegno dell'assunto accusatorio erano particolarmente fragili e perdono ogni univocità se ricondotti a un contesto in cui non sono stati i singoli autori, ma l'associazione lecita, a trarne profitto. Come dire che una maggiore attenzione al contesto e una maggiore propensione all'ascolto neutrale avrebbe agevolmente consentito di superare l'apparente aporia di adepti che violano la legge senza profitto personale per avvantaggiare la propria associazione lecita (di cui continuano a fare parte): bastava rendersi conto che le violazioni furono incidenti di percorso episodici nell'ambito di un'attività svolta per i fini leciti della confessione, dovuti a eccesso di zelo. Con ciò non si vuol dire che le condotte poste in essere da taluni degli odierni imputati non siano state odiose. Si vuol dire semplicemente che non è possibile inferire da queste condotte l'esistenza di un sodalizio criminoso, sulla base di considerazioni astratte e del tutto estrinseche, facendo leva sul fatto che gli imputati, pur conoscendo le direttive di Hubbard sulla vendita dura, le avevano trasgredite con analoghe modalità operative. A ben vedere basta l'identità delle condizioni dell'azione in cui gli imputati si trovarono a operare per spiegare taluni eccessi maturati nell'ambito di una vendita dura connotata dall'emulazione tra venditori. E basta la rigidità dello schema tipico delle violazioni commesse a spiegare talune analogie estrinseche riconducibili alle tipiche forzature apprese da venditori formatisi sui manuali della vendita dura.

La Corte di appello che ha giudicato a seguito del primo rinvio della Cassazione ha colto la difficoltà di fondare la prova dell'esistenza di un sodalizio criminoso (che presuppone la reiterazione programmata delle condotte criminose da cui inferire l'esistenza di direttive) su violazioni del tutto episodiche e casuali e ha ritenuto di superare la difficoltà ipotizzando un accordo criminoso originato da una direttiva che prevedeva di perseguire il successo della vendita dura senza fermarsi, in presenza di clienti riottosí, neppure di fronte al reato. Come appare evidente, si tratta di una ricostruzione ex post, finalizzata a configurare un dolo diretto, che ha il sapore di un riconoscimento del carattere non programmato delle violazioni e che ha indotto la Cassazione a suggerire al giudice del rinvio di cercare ancoraggi più solidi di siffatta induzione cui fondare l'ipotesi accusatoria.

La Cassazione ha affrontato anche il tema dell'incriminazione dei dirigenti ritenuti responsabili, in ipotesi accusatoria, di avere partecipato al sodalizio vuoi perché autori delle presunte direttive sottese ai comportamenti devianti, vuoi perché avevano apprezzato le iniziative devianti degli operatori e le avevano ratificate in fatto, consentendo all'associazione di così avvantaggiarsi del provento dei reati commessi.

In proposito basterà ricordare che in questa fase non si discetta più di un eventuale concorso morale dei dirigenti nei reati-fine, ma di una loro eventuale partecipazione al sodalizio. Le conclusioni cui questa Corte è pervenuta in ordine agli autori dei reati-fine, ritenuti inidonei a comprovare in via indiziaria l'esistenza di un sodalizio criminoso fra gli operatori incriminati, consentono di ritenere assorbita ogni questione circa la partecipazione morale dei dirigenti.

Per completezza di argomentazione si ricorda che la Cassazione ha censurato per violazione di legge l'inferenza praticata dai precedenti giudici di rinvio, osservando che, attribuire ai dirigenti in via di presunzione, la conoscenza delle violazioni commesse dai i subordinati e poi fondare su tale conclusione in via di ulteriore presunzione, la prova indiziaria della loro partecipazione al sodalizio, costituisce violazione di legge non essendo ammessa la presunzione di presunzione (praesumptio de praesumpto). Se è lecito, in certe condizioni, trarre dai reati-fine la presunzione di un sottostante sodalizio criminoso, non è consentito indurre (presumere) dalla mansione direttiva la conoscenza dell'operato dei subordinati e poi indurre da tale presunta conoscenza la partecipazione a un sodalizio criminale.

In conclusione, il giudice di primo grado aveva escluso che ci fosse negli atti processuali la prova di un siffatto accordo criminoso deviante. I giudici di appello hanno invece inteso superare l'evidente lacuna probatoria concernente gli elementi costitutivi del preteso sodalizio criminoso, criminalizzando l'intera associazione, così che la prova del sodalizio finiva per risolversi nel mero fatto dell'esistenza di Scientology e nel mero fatto dell'adesione dei singoli adepti al sodalizio che forniva le direttive e il supporto organizzativo.

Una volta accertato che Scientology perseguiva fini leciti; che i comportamenti devianti non sono emersi nell'ordinarietà; e che gli operatori devianti non si sono mai avvantaggiati delle violazioni commesse, una corretta valutazione del contesto impone di riconoscere la reiterazione delle violazioni ha avuto un andamento casuale, originato dal clima emulativo che a un certo punto ha caratterizzato la condotta dei venditori impegnati in una vendita dura basata su quel tipo di insistenza che tende alla resa del cliente per stanchezza. A spiegare le episodiche modalità criminose bastano le decisive considerazioni della Cassazione: il fastidio e la tediosità dell'approccio praticato con la vendita dura possono trascendere in molestia, circonvenzione (se il soggetto è in stato di inferiorità) o in truffa se si supera il limite che separa il dolus bonus dall'artificio o dal raggiro. Eccesso di zelo e voglia individuale di emergere furono alla base delle forzature che in taluni casi hanno conferito alla vendita dura la connotazione di reato, ogni volta che l'insistenza è disgredita in una inammissibile violenza psicologica o nel raggiro. Giova rilevare con la Cassazione che reiterazione (episodica) e analogia delle condotte non furono necessariamente originate da direttive, bastando a spiegarle l'identità delle condizioni dell'azione in cui gli imputati si trovarono a operare (eccessi nella competizione tra venditori) e la rigidità delle violazioni che originate da un eccesso di zelo tra venditori impegnati con esasperato spirito di emulazione nella vendita dura. Si tratta di eccessi che sono figli di una acculturazione improvvisata appresa dai venditori sui manuali della vendita porta a porta. Conferma la valutazione che precede la constatazione che i profitti delle violazioni eran. devoluti a un'associazione lecita senza vantaggi per gli operatori devianti, circostanza con decisivi riverberi negativi sulla consapevolezza di alimentare e partecipare a un sodalizio criminoso. Le considerazioni che precedono valgono per tutti i servizi venduti sia da Scietology che dalle sue articolazioni.

La sentenza di primo grado deve essere confermata in punto a insussistenza di un sodalizio criminale fra gli odierni imputati.

P. Q. M.

Visti gli artt. 523 e 544 c.p.p. 1930, decidendo in sede di giudizio di rinvio riguardante il capo della sentenza Tribunale di Milano 27/26-7 1991 relativo all'associazione a delinquere contestata al capo 42, conferma la suddetta sentenza nei confronti degli imputati sopra indicati. Milano , 5-10-2000

II presidente estensore

Orio Simonazzi

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