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"Apologia di Harry Potter: contro i nuovi talebani"

Massimo Introvigne*

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Per lo studioso di scienze sociali, la vera notizia non è l’uscita del film di Harry Potter ma la manifestazione aperta, per la prima volta in Italia, di idee fondamentaliste che filtrano in alcune frange cattoliche dal neo-fondamentalismo protestante di lingua inglese e che fino a oggi non avevano avuto, nel mondo cattolico, grande successo. Si accusa Harry Potter di essere un cattivo maestro e di avviare i ragazzini alla magia e ai movimenti magici, che - si afferma - sarebbero in grande espansione.

Tra le molte definizioni del fondamentalismo correnti nelle scienze sociali c’è quella - qui pertinente - secondo cui la sua caratteristica specifica è la negazione dell’autonomia delle realtà secolari, in particolare della cultura (e della politica), nel loro rapporto con la fede. Per il laicista, tra fede e cultura ci deve essere totale separazione: una sorta di muraglia cinese che nega al credente il diritto di far diventare la sua fede cultura e di giudicare la cultura alla luce della fede. Per l’uomo religioso non fondamentalista, tra fede e cultura non c’è separazione: vi è tuttavia distinzione, nel senso che la cultura, come tutte le realtà terrene e secolari, ha una sua sfera di autonomia, pur potendo e dovendo essere giudicata alla luce della fede e della morale. Per il fondamentalista, fede e cultura coincidono in una sorta di fusione - che chi fondamentalista non è valuterà facilmente come confusione -, per cui ogni modo di produzione della cultura che non parta esplicitamente dalla fede sarà considerato necessariamente sospetto, se non demoniaco.

Il problema - per rimanere alle sue dimensioni sociologiche - è che, almeno dal Settecento e certamente dalla Rivoluzione francese, la cultura popolare (per tacere di quella colta) è ampiamente prodotta a prescindere dalla Chiesa e dalla comunità cristiana, come cultura non anzitutto indirizzata alla missione e alla formazione ma al consumo. Rifiutare pregiudizialmente tutta la cultura popolare moderna e postmoderna in quanto i suoi modi di produzione non sono religiosi è una conclusione cui il fondamentalismo, concepito in modo rigoroso, non può sottrarsi: ma è anche una conclusione che chiude il credente fondamentalista in un ghetto e lo condanna ad alimentarsi di quel poco che è ancora prodotto dall’interno della sfera religiosa.

Alcuni neo-talebani impegnati nella campagna contro Harry Potter ci assicurano che la sua autrice non è credente, mentre - per esempio - John Ronald Reuel Tolkien, il creatore de Il Signore degli Anelli, era invece un buon cattolico. So poco delle convinzioni religiose della signora Rowling; mi sembra però che ci sia qui una notevole confusione fra intenzione dell’autore e intenzione dell’opera, che pure sarebbe facile da chiarire senza neppure bisogno degli studi sull’interpretazione di Umberto Eco, con il semplice ricorso alla filosofia classica e al buon senso. Intentio auctoris e intentio operis non coincidono necessariamente. Il lettore non è obbligato a conoscere la biografia dell’autore e l’opera, per così dire, parla da sola. Non ho nulla contro Il Signore degli Anelli -al contrario -: ma sfido chiunque non abbia letto una biografia di Tolkien a trovarvi tracce esplicite della devozione cristiana dell’autore. Semmai, il mondo di Tolkien è un tipico mondo alternativo, che assomiglia ben poco al mondo cristiano redento dalla venuta del Figlio di Dio sulla Terra: del che i suoi cristianissimi amici non fecero mai una colpa a Tolkien, perché uno dei compiti di quel tipo di letteratura è appunto la creazione di mondi alternativi.

Ma - incalza il talebano di casa nostra - Harry Potter fa della magia. Il problema del talebano italiano è che si è appena convertito al fondamentalismo, e non se la sente (ancora) di andare fino in fondo. Dunque, dagli ad Harry Potter: ma non sentiamo nulla contro Biancaneve (e la strega?), Cenerentola (e la fata?), la Bella Addormentata nel Bosco (e le tre fatine?). Ma, obietta timidamente il neo-talebano, Biancaneve e Cenerentola (e perfino Tolkien) si situano in un mondo fantastico, mentre Harry Potter confonde i bambini perché si muove nell’Inghilterra dei nostri giorni Vero: ma allora perché non prendersela con Peter Pan (che inizia il suo viaggio dall’Inghilterra dei tempi del suo autore), il Mago di Oz o Mary Poppins? (e al talebano non fate sapere che l’autrice di quest’ultima, Pamela Travers, era una fedele discepola dell’esoterista George Ivanovitch Gurdjieff). In verità non c’è scelta: o si riconosce che il linguaggio della magia è stato usato per raccontare storie ai più giovani a partire dalle favole, e in gran parte della letteratura per bambini di tutti i tempi, e che i bambini normali lo hanno riconosciuto intuitivamente come linguaggio e non come fotografia della realtà, o si bruciano sul rogo con Harry Potter anche Peter Pan e Biancaneve, e si manda Cenerentola al ballo solo se indossa rigorosamente la burkha.

Il problema però - tenta di rispondere il talebano - è che il bambino che oggi legge Harry Potter domani aderirà a qualche movimento magico o occulto. Davvero? Ma certo, risponde il talebano: non è forse a tutti noto che i movimenti magici e gli ordini esoterici sono in crescita? La risposta è no. Non è noto agli specialisti, quelli che non si limitano a collezionare ritagli di giornali oppure osservazioni aneddotiche (più o meno "partecipanti") ma seguono l’evoluzione dei movimenti magici, degli ordini esoterici, delle società occulte: i loro aderenti in Italia (e in molti altri paesi) rimangono sotto lo 0,1% della popolazione, e la maggior parte di queste organizzazioni (comprese quelle un tempo più grandi) sono semmai in declino. Certo, fanno notizia e audience in televisione (il sociologo Rodney Stark scriveva qualche tempo fa che i media si interessano di più a tredici adepte della neo-stregoneria che ballano intorno a un calderone che non, per esempio, a tredici milioni di Testimoni di Geova): ma le notizie non fanno statistica. E in questi dati c’è la prova empirica che il nostro talebano ha torto: dopo un decennio televisivo, cinematografico e di letteratura popolare in gran parte all’insegna del magico e del paranormale (da X-Files a Streghe, e da Ghost a Buffy) ci si dovrebbe aspettare che i giovani si affollino alle porte dei movimenti magici: succede invece esattamente il contrario. Qualora poi si sostenesse (più seriamente) che non le appartenenze ma le credenze magiche sono in aumento, si potrebbe rispondere che sono assai presenti nella società e tra i giovani, ma - a credere alle indagini sociologiche - sono costanti da diversi lustri (forse anche da prima, ma mancano i dati): dunque, all’aumento della fiction magica non è neppure provato che corrisponda un aumento delle credenze nella magia. Aumentano solo i ritagli di giornali, e la fiction magica si auto-riproduce, nel senso che ai prodotti di qualità si affiancano tentativi d’imitazione più o meno rozzi: ma questo, esattamente, che cosa prova?

E le ragazzine sataniste (o sedicenti tali) di Chiavenna che ammazzano le suore? - domanda a questo punto, facendosi persino minaccioso, il nostro talebano. Chi ha qualche familiarità con l’inchiesta sa che le ragazze di Chiavenna non passavano il tempo a leggere Harry Potter, e neanche Tolkien, e neppure a vedere sceneggiati televisivi di supernatural fiction. Si interessavano alla morte, al sesso, alla droga e alla disperazione, e continuavano a girare intorno a questi temi con interminabili corrispondenze e diari.

Harry Potter, nel loro caso, avrebbe fatto bene? Manca certo la controprova, ma mi permetto di pensare di sì. Il linguaggio della magia - che è il linguaggio principale della cultura popolare prodotta per i più giovani, non da anni ma da secoli - non è certo un salvacondotto che debba consentire ai prodotti di tale cultura di sottrarsi a un giudizio critico. L’unico esame che possiamo fare alla fiction è di natura morale; l’esame di religione vale solo per i prodotti esplicitamente religiosi (se la televisione mette in scena Padre Pio, lo vogliamo ragionevolmente fedele all’originale). E l’esame di morale Harry Potter lo passa a pieni voti. Contro la confusione postmoderna, c’è una chiara distinzione fra il bene e il male. Ma questa distinzione non è dipinta (come capita nelle produzioni dozzinali, e - ahimè - nei tentativi dei fondamentalisti di produrre cultura popolare) usando solo il bianco e il nero. Si utilizzano tutti i colori della tavolozza, e Harry Potter è in grado di far prevalere il bene solo perché conosce un male che scopre misteriosamente dentro di sé e che deve sconfiggere giorno per giorno.

Il pericolo, semmai, è che la vera magia di Harry Potter - avviare bambini di sette o otto anni alla gioiosa lettura di migliaia di pagine - sia messa in pericolo dalla scorciatoia cinematografica. Contro questo pericolo, suggerendo discretamente un ritorno al testo scritto, i genitori che hanno sperimentato i benefici effetti di Harry Potter dovranno in effetti vigilare. Ma, di fronte all’avvento minaccioso del talebano italiano - che, dopo Harry Potter, si aggirà già alla ricerca di altri obiettivi - si tratta, tutto sommato, di un problema minore. Il talebano va fermato prima che sia troppo tardi, o al prossimo ballo Cenerentola non riuscirà a entrare senza burkha.

* Le opinioni espresse sono quelle dell’autore e non impegnano il CESNUR né i suoi organi associativi.


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