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Tra fondamentalismo e conservatorismo islamico: nota sui Deobandi

Massimo Introvigne

A proposito dei talebani e della situazione in Afghanistan e in Pakistan, molti menzionano la scuola indiana Deobandi, da cui i talebani indirettamente derivano. Al suo proposito, si legge spesso che si tratta di una corrente conservatrice puritana indiana affine al wahabismo saudita, alcune derivazioni della quale avrebbero incontrato il fondamentalismo. L’importanza della corrente (oggi cruciale per qualunque scenario relativo all’islam in un arco che va dall’Afghanistan all’Indonesia) suggerisce alcune precisazioni.

Il nome Deobandi deriva dalla città indiana di Deoband, sita circa 140 Km. a Nord-Est di Delhi, dove nel 1867 è stata fondata una scuola coranica che è considerata la seconda per importanza al mondo dopo l’Università al-Azhar del Cairo. La fondazione della scuola va inquadrata nelle vicende politico-religiose dell’India del tempo, con riferimento in particolare a tre elementi: la controversia sul sufismo, importantissimo nel contesto indiano (così che quasi nessun movimento giunge a rifiutarlo totalmente) ma criticato da alcuni per gli elementi "superstiziosi" o "magici" legati al culto dei santi e delle loro tombe; il declino e la caduta dell’impero Mughal e il consolidamento del potere inglese (in particolare con la repressione della rivolta anti-britannica del 1857); i movimenti riformisti nel mondo degli ‘ulama indiani, collegati alla perdita del loro punto di riferimento e di sostegno costituito dall’impero. Questi movimenti, fra la fine del secolo XVII e l’inizio del XIX, si esprimono principalmente nella fondazione di scuole e in un rinnovato sforzo di educazione islamica, in parte legato al nome di Shah Waliyu’llah (1703-1762). Non mancano tuttavia movimenti rivoluzionari di tipo militare come il jihad di tipo mahdista di Sayyid Ahmad (1786-1831) nella zona di Peshawar (1826-1831), concluso con l’uccisione di Ahmad nella battaglia di Balakot del 1831 (non a caso spesso evocata a proposito dei talebani). Peraltro, non tutto il movimento riformista è ostile agli inglesi, come dimostra la vicenda del Delhi College, fondato nel 1825 come risultato di una cooperazione fra inglesi e ‘ulama e dedito all’insegnamento sia del Corano sia di materie "profane", chiuso solo dopo la rivolta del 1857.

Tre uomini educati nell’ambiente creato a Delhi dal Delhi College sono alle origini della fondazione di una scuola coranica a Deoband: Muhammad Qasin Nanautawi (1833-1877), Rashid Ahmad Gangohi (1829-1905), e Haji Imdadu’llah (1817-1899), quest’ultimo iniziatore dei primi due in tre diverse confraternite sufi (Chistiyya, Qadiriyya e Naqshbandiyya) - secondo il costume indiano, era comune per un maestro sufi appartenere simultaneamente a più di una confraternita - e influente su di loro anche dopo il suo trasferimento alla Mecca. La fondazione della scuola può essere considerata una risposta alla crisi del mondo musulmano indiano seguita alla rivolta del 1857: a proposito di quest’ultima, quale atteggiamento abbiano avuto i primi Deobandi è controverso, mentre è certo che la scuola accoglie persone e famiglie che avevano collaborato all’avventura mahdista di Sayyid Ahmad. Il successo della scuola, in ogni caso, è fenomenale, grazie alla capacità di combinare un insegnamento islamico tradizionale (ben più di quanto lo fosse stato quello del Delhi College) e un’organizzazione improntata alle public school inglesi: da una dozzina, gli allievi diventano migliaia prima della fine del XIX secolo; oggi le filiali e le scuole di ispirazione Deobandi sono nel mondo (principalmente in Asia) poco meno di diecimila, anche se non esiste fra loro un legame gerarchico né un collegamento di tipo amministrativo.

Accusati dagli oppositori di essere "wahabiti" (una parola che in India ha il significato negativo di oppositore fanatico del sufismo), i Deobandi rifiutano recisamente questa etichetta. La loro scuola giuridica è quella hanafita (mentre i wahabiti sono di scuola hanbalita, più rigorista); i maestri Deobandi svolgono spesso la funzione di iniziatori a questa o quella confraternita sufi dei loro studenti e mantengono una serie di pratiche tipiche del sufismo indiano (la distribuzione di amuleti, le speculazioni sul significato esoterico dei numeri, l’interpretazione dei sogni) che sarebbero inconcepibili in ambiente wahabita. In effetti i Deobandi, mentre sono accusati di "wahabismo" dalla scuola rivale dei Barelwi (che intende mantenere in onore tutte le pratiche del sufismo indiano tradizionale, in particolare quelle collegate alle tombe dei santi), sono invece criticati come troppo moderati nella loro critica alle "superstizioni" di certo sufismo sia dal movimento bengalese dei Fara’izi (fondato da Hajji Sharj‘atu’llah, 1781-1840, che si era formato in Arabia in ambiente wahabita), sia dal movimento più radicale degli Ahl-i Hadis che rifiuta le scuole giuridiche (ma soprattutto quella hanafita) in nome del puro ricorso al Corano e agli hadith ed è a sua volta ispirato dai wahabiti (pur rifiutando la rispettiva etichetta). Sono semmai i Fara’izi e gli Ahl-i Hadis, più dei Deobandi, che manifestano caratteristiche "wahabite": tuttavia, la forza dell’ambiente indiano è tale che neppure questi movimenti rifiutano totalmente il sufismo (i Fara’izi considerandolo riservato a pochi, gli Ahl-i Hadis tollerabile come pratica privata senza espressioni sociali e pubbliche), anche se il numero di pratiche sufi da loro condannate è molto più alto rispetto ai Deobandi. Benché soprattutto gli osservatori inglesi notino in particolare le violente controversie fra queste scuole, esse hanno anche diversi tratti in comune: il richiamo alla shari’a, una sua interpretazione rigorosa soprattutto per quanto riguarda i rapporti tra uomini e donne e il ruolo di queste ultime, un’avversione al mondo sciita considerato da alcuni esponenti di queste scuole addirittura al di fuori dell’islam, un desiderio di purificare l’islam indiano da elementi di sospetta derivazione induista (per esempio, la mancata autorizzazione alle vedove a risposarsi, il carattere ereditario di certi ruoli all’interno del sufismo e un certo culto della personalità del maestro sufi, assimilato al guru della tradizione induista). I Deobandi inoltre mantengono a lungo una lealtà alle autorità costituite e un certo scetticismo di fronte alle prospettive rivoluzionarie, che nel XX secolo li distingue dal movimento fondamentalista. È vero che quando nel 1941 Maulana Sayyid Abul Al’a Maududi, 1903-1979, fonda la Jama‘at at-i Islami, la maggiore organizzazione fondamentalista internazionale insieme ai Fratelli Musulmani, quattro dei primi sedici ‘ulama che vi aderiscono sono Deobandi; ma è anche vero che la componente Deobandi entra ben presto in contrasto con Maududi.

Originariamente così concentrato sulla priorità dell’insegnamento da criticare chiunque consacri troppo tempo all’impegno politico, il mondo Deobandi comincia a essere attraversato da fermenti diversi, di tipo anti-britannico, all’epoca della Prima guerra mondiale. Esponenti autorevoli della scuola si dividono tuttavia tra loro fra coloro che insistono per un’India unita come federazione di comunità separate, indù e musulmana, con diverso regime giuridico (Jam‘iyatul ‘Ulama’-i Hind, fondata nel 1919, molti dei cui iniziatori sono Deobandi) e chi propone uno Stato islamico separato, il Pakistan (Lega Musulmana, con cui collabora la Jamiat e-Ulema Islam [JUI] di ispirazione Deobandi, rivale a sua volta della Jama‘at at-i Islami di Maududi; peraltro - a conferma delle complessità della politica pakistana - il secondo successore di Maududi e terzo amir della Jama‘at at-i Islami, Qazi Husain Ahmad [1938-], eletto nel 1987 alla carica che tuttora occupa [benché posto agli arresti domiciliari dal governo pakistano dopo l’11 settembre 2001], è stato educato in ambiente Deobandi e ha due fratelli ‘ulama Deobandi, con cui mantiene ottime relazioni). I dirigenti della scuola di Deoband mantengono oggi l’atteggiamento "quietista" e lealista tipico dell’islam conservatore nei confronti dello Stato indiano (che non lesina loro riconoscimenti) e sono critici nei confronti dei fondamentalisti indiani; la JUI - a seguito delle turbolente vicende politiche pakistane - è esplosa in oltre una decina di sigle rivali, alcune delle quali fanno della lealtà ai governi pakistani (purché almeno minimamente "islamici") l’asse della loro azione politica, mentre altre si sono schierate apertamente a sostegno non solo dei talibani (che si sono formati in scuole coraniche Deobandi in Pakistan) ma anche di Osama bin Laden. Infine, non si può non fare cenno all’influenza cruciale dei Deobandi sulla Jama‘at at-Tabligh wa da’wa ("Associazione del messaggio" o "Gruppo di predicazione"), il maggiore movimento missionario islamico mondiale avviato in India negli anni 1880 da Muhammad Ismail (1835?-1898) e fondato negli anni 1925-1927 dal figlio Muhammad Ilyas Kandhalawi (1885-1944), di idee conservatrici comunque legate al modello di una "islamizzazione dal basso" e ostile a qualunque prospettiva politica di tipo rivoluzionario.

Non si può, quindi, parlare, a proposito del grande movimento Deobandi, di un orientamento politico unitario (per esempio, di sostegno ai talebani, e/o di collaborazione con l’Arabia Saudita). I Deobandi si considerano soprattutto un movimento educativo, e ritengono l’educazione logicamente prioritaria e cronologicamente precedente rispetto a qualunque forma di impegno politico. Tipicamente conservatori quanto a ideologia (ma non "wahabiti", se si tiene conto dell’importanza della componente sufi nella scuola di Deoband), hanno formato attivisti di diverso orientamento - dai talebani afghani a collaboratori della "laica" Indira Gandhi (1917-1984) in India -, uniti da un’attenzione alla shari’a e da una lettura conservatrice dell’islam (occasionalmente - ma non necessariamente - alleata del fondamentalismo). L’importanza della presenza Deobandi per la continua vitalità di una lettura rigorosa dell’islam nell’Asia orientale è essenziale; ma le sue derivazioni politiche non possono essere ricostruite attraverso schemi lineari.

Nota bibliografica

Talora condizionate da un’evidente simpatia per l’oggetto della sua ricerca, cruciali per un accostamento ai Deobandi rimangono le opere di Barbara Daly Metcalf: Islamic Revival in British India, 1860-1960, Princeton University Press, Princeton 1982; e la sua voce "Deobandis" in The Oxford Enciclopedia of the Modern Islamic World, Oxford University Press, New York 1995, 4 voll., vol. I, pp. 362-363. Si troverà qui anche ulteriore bibliografia. Per i rapporti fra Maududi e i Deobandi cfr. Seyyed Vali Reza Nasr, The Vanguard of the Islamic Revolution. The Jama‘at-i Islami of Pakistan, Oxford University Press, Berkeley - Los Angeles 1994.



Dal fondamentalismo islamico a Osama bin Laden
From Islamic Fundamentalism to Osama bin Laden

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