CESNUR - center for studies on new religions

"Ma non è solo colpa del guru"

di Marianne Gomez ("Avvenire", 29 maggio 2001)

Danièle Hervieu-Léger è direttrice del Centro di studi interdisciplinari dei fatti religiosi a Parigi ed ha appena pubblicato La réligion en miettes («La religione in briciole o la questione delle sette») presso le edizioni Calmann-Lévy.
Professoressa, qual è la sua opinione sul processo all'Ordine del Tempio Solare (Ots) appena concluso in Francia? È stato utile?
«Un processo è sempre utile, nel senso che, in uno Stato di diritto, è importante che i comportamenti delittuosi e criminali siano valutati e giudicati davanti a un tribunale con una procedura giuridica rigorosa e pubblica. In questo senso è un bene che il processo abbia avuto luogo. Da parte mia, ho avuto l'impressione di un'enorme difficoltà a trattare in giudizio questo genere di problemi e anche di una grande confusione, sottolineata dalla difficoltà di andare al cuore del problema».
E qual è, secondo lei, questo «cuore del problema»?
«È capire come si producono le strane alchimie che portano all'adesione dei discepoli alla persona e alla dottrina professata dal loro "maestro" in modo così eccessivo che le loro difese e l'istinto di sopravvivenza ne risultano annullate. Focalizzando l'attenzione, com'è normale in un processo, sulla valutazione della responsabilità dell'imputato, si compie un'analisi delle interazioni tra maestro e discepoli».
In questo caso i testi del «maestro» sono stati incriminati dal tribunale. Un comportamento corretto?
«Nessun testo è portatore di effetti in se stesso, in senso automatico. Sono le condizioni del suo recepimento e della sua interpretazione che contano. Un testo assume un significato particolare solo nell'ambito delle logiche di appropriazione particolari di cui è oggetto, e sono queste logiche che devono essere valutate nel caso dell'Ots. Tuttavia, per rimanere ai soli testi, nulla può essere determinato con sicurezza. Anche certe ingiunzioni bibliche o evangeliche possono essere considerate come antisociali se le si isola dal loro contesto! Il richiamo a "lasciare il padre e la madre" non potrebbe essere considerato, da questo punto di vista, come un richiamo alla rottura con l'ambiente familiare caratteristico di un "gruppo pericoloso"?».
Le testimonianze delle vittime hanno permesso di chiarire la deriva settaria?
«Nel corso delle udienze, si sono potuti ascoltare dei testimoni affermare di essere stati felici durante gli anni all'Ots. Ciò è importante perché permette di capire che delle persone possono aderire in modo pienamente spontaneo a un gruppo e averne un tornaconto, prima di essere catturate in una spirale di alienazione. In Francia si ha sempre la tendenza a presentare le "vittime" unicamente come "vittime", discolpandole in qualche modo del loro consenso. Si parla di "captazione" , di "alienazione". Si esteriorizza il problema situandolo interamente dalla parte del manipolatore, del guru. Ora, se vogliamo trovare il modo per capire qualcosa del fenomeno delle sette, dobbiamo smettere di presentare gli adepti esclusivamente come soggetti passivi che i guru indottrinano come vogliono. Bisogna invece capire come un rapporto di adesione può essere distorto».
Perché, secondo lei, è così difficile accettare l'idea che gli adepti possano avere un ruolo attivo?
«Perché questo permette di evitare di affrontare il fatto che, in questo rapporto, essi hanno anche esercitato la loro libertà di scegliere e di credere. In effetti disturba profondamente pensare che un adulto libero e cosciente possa impegnarsi volontariamente in un universo di credenze e di pratiche in cui perde progressivamente la sua autonomia. Attenzione: non intendo affatto diminuire la responsabilità dei guru che abusano di questa fiducia. Dico semplicemente che un giorno bisognerà ammettere che delle persone, che non sono né deboli di spirito né burattini, possano coinvolgersi in certe credenze a tal punto che la cura di se stesse e delle loro vite passa in secondo piano. Finché non si guarderà in faccia questa realtà, non si potrà pensare correttamente alla "questione delle sette"».
Il processo può avere un effetto dissuasivo per le persone fragili che sarebbero tentate di entrare in una setta?
«No, sarebbe ingenuo sperare nelle virtù preventive. Coloro che sono già coinvolti in una logica totalizzante di fede saranno insensibili a tutto ciò che può essere detto o scritto sull'Ots, perché la logica mortale di un gruppo è per definizione inintellegibile per colui che ne è coinvolto. A partire dal momento in cui si è affascinati, si diventa ciechi».
In Francia c'è una proposta di legge che istituisce, tra le altre cose, un reato di «abuso fraudolento di uno stato di soggezione psicologica o fisica». Che ne pensa?
«Tutto dipende dal contenuto definitivo del nuovo testo. Io resto assolutamente contraria alla versione precedente del progetto di legge, che parlava di reato di "manipolazione mentale" e trasferiva l'incriminazione sui comportamenti d'attrazione come se questi potessero di per se stessi privare l'individuo del libero arbitrio. Ma come fare a stabilire concretamente il limite tra la forza di convinzione, l'entusiasmo persuasivo, eccetera, e la manipolazione? Il riferimento alla manipolazione mentale può essere inoltre un modo di rifiutare il diritto degli individui di scegliere, in nome della loro fede, un modo di vita che si scontra coi nostri standard comuni. Ora, bisogna avere il diritto di vivere poveri, casti e obbedienti, per la maggior gloria di Dio, senza essere messi immediatamente sotto tutela giudiziaria per sregolatezza mentale! Per contro, mi sembra invece necessario punire coloro che tentano di abusare delle persone anziane, deboli, malate o depresse. Ma per questo non c'è bisogno di creare nuovi testi di legge: è sufficiente utilizzare l'attuale "abuso di debolezza", nel caso rivedendo la definizione di ciò che costituisce la "debolezza"».
Il primo strumento di lotta contro le sette non è forse quello di rinforzare lo spirito critico?
«Direi anche che la lotta contro la credulità è il lavoro principale. Si è parlato molto dell'educazione alla "tolleranza" ed è una cosa eccellente; ora bisogna rinforzare le difese critiche, rivalutare la ragione. È il compito della laicità, che deve esercitarsi nelle scuole, in particolare nel settore scientifico. Perché? Perché le nuove credenze proliferano, in modo molto sensibile, sull'ambivalenza del nostro rapporto con la scienza. Da un lato, essa viene idealizzata e rappresentata come capace di tutto; dall'altro è accusata di essere oscura e di favorire gli intrighi degli "scienziati folli". Questi due sentimenti contraddittori costituiscono la base delle "nuove credenze", alimentate dal desiderio di saperi alternativi. La sola arma efficace contro la credulità è il rafforzamento delle difese della ragione».

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