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Al fatidico terzo millennio si affaccia un'Italia postcattolica. Un paese, dove non solo è calata drasticamente la partecipazione all'istituzione ecclesiastica, ma in cui la religiosità ha assunto ormai caratteristiche "vaganti", multiformi, refrattarie ad una organizzazione nella dottrina e nei comportamenti. Con un clamoroso paradosso. Quanto più la Chiesa perde sul terreno delle coscienze individuali tanto più per l'arrendevolezza della classe politica è impegnata a conquistare privilegi economici e giuridici (l'inquadramento statale degli insegnanti di religione, il finanziamento delle scuole cattoliche, i contributi agli oratori).
I movimenti di fondo della società vanno invece inesorabilmente verso una frantumazione del controllo esercitato per secoli dalla Chiesa cattolica su ceti e generazioni. In un acuto saggio sulla Rivista del clero italiano don Severino Pagani, rettore del Biennio teologico al seminario di Milano, afferma la fine della pastorale dei parroci improntata al «controllo totale». La pastorale, spiega don Pagani, «ha perso il controllo del territorio, delle biografie delle persone, della loro coscienza, dei loro affetti, del loro corpo, dell'intelligenza, del lavoro, della politica». E se nelle file ecclesiastiche (nel clima trionfalistico di questo papato, aggiungiamo noi) si è nutrita per anni l'illusione del recupero e della ripresa, «è difficile pensare che ciò possa avvenire».
L'ultima fatica di Massimo Introvigne, studioso appassionato della nuova religiosità, rappresenta il quadro più completo dello stato postcattolico in cui è immersa l'Italia. La sua Enciclopedia delle religioni in Italia (edita da Elledici e redatta con Pierluigi Zoccatelli, Nelly Ippolito Macrina, Veronica Roldan) testimonia l'esplosione del sentimento religioso in altri tempi compattamente incanalato nell'alveo del cattolicesimo verso mille rivoli di fedi, credenze, gruppi e comunità. Non soltanto sono apparsi sulla scena l'Islam e il buddismo, ma hanno attecchito nella nostra società i semi dei movimenti più disparati: dalle parachiese ai gruppi messianici, dallo zoroastrismo al satanismo, dai seguaci di Odino alle nuove religioni orientali. La mappa dell'Enciclopedia di Introvigne è frutto di una ricerca precisa e appassionante e l'immagine che offre è di un supermercato della fede frequentato dagli italiani con curiosità e volubilità.
«Siamo al Far West religioso», racconta Introvigne, «in un universo caratterizzato dal continuo spostamento dalle religioni istituzionali verso forme non istituzionali. E' la religiosità del "pellegrino": colui che vuole credere ma non appartenere, che ha interesse per il trascendente ma rifugge dalla dimensione istituzionale unica, che va tranquillamente dal Dalai Lama e dal Papa, si interessa alla New Age e pratica la meditazione buddista senza avvertire la minima contraddizione. Sono i seekers, la tribù perennemente in ricerca».
Ormai è possibile quantificare il fenomeno. «La maggioranza degli italiani, un 88 per cento, crede in Dio e nel sacro. Però solo il 40 per cento ha un'appartenenza organizzata e quindi un buon 48 per cento non vive in collegamento diretto con un'istituzione». Le statistiche ufficiali ingannano. Quasi tutti gli italiani risultano battezzati e solo l'1,92 per cento è registrato come seguace di altre religioni: un milione e centomila persone appena. Ma per capire le tendenze è bene guardare ai poli di attrazione dell'area che rappresenta il «sommerso religioso». Ci spiega Introvigne che sono in rapida ascesa i Testimoni di Geova e i Pentecostali. I Testimoni sono diventati negli ultimi decenni la vera seconda religione d'Italia: «Secondo i loro calcoli sono 200.000 perché i Testimoni contano soltanto chi effettivamente va di casa in casa, ma se aggiungiamo vecchi e bambini come per le altre religioni, hanno raggiunto ormai le quattrocentomila unità».
Anche i Pentecostali segnano successi notevoli. Con i loro duecentocinquantamila aderenti fanno la parte del leone nel mondo protestante che raggiunge i 360.000 fedeli, surclassando le Chiese evangeliche tradizionali come i Valdesi, i Metodisti, i Luterani, gli Anglicani, i Battisti. Al terzo posto in questa gara si collocano i Buddisti con circa settantaquattromila seguaci. I Musulmani, invece dice Introvigne non sono affatto così diffusi fra gli italiani come si pensa. Lasciando da parte gli immigrati che sono oltre mezzo milione, i veri convertiti italiani non superano i diecimila, perché molti altri si convertono spesso unicamente per sposare una donna musulmana e poi non praticano la nuova religione.
Uguali trasmigrazioni dalla dimensione istituzionale a quella meno istituzionale si registrano all'interno dello stesso campo cattolico. I gruppi carismatici del "Rinnovamento dello Spirito" sono arrivati a centocinquantamila aderenti e continuano ad attirare seguaci i Neocatecumenali e i Focolarini. In pratica un dieci per cento dei cattolici militanti è in contatto con i movimenti, mentre si fanno strada anche da noi le cosiddette parachiese, agenzie di servizio religioso che invitano alla conversione cristiana, esortando a rivolgersi alla Chiesa più vicina all'ascoltatore. E' un'esperienza tipica del mondo anglosassone, abbastanza diffusa fra i gruppi evangelici fondamentalisti e pentecostali.
In questo senso, sottolinea lo studioso, l'Italia si è velocemente avvicinata al resto del mondo occidentale. L'offerta delle fedi è variegata: induisti e gruppi profetici convivono con i neopagani, gli adoratori di Satana con gli adepti dello sciamanesimo, i seguaci delle nuove religioni giapponesi con i neotemplari e le comunità teosofiche. La molla di fondo è una ripulsa della Chiesa istituzionale, della Chiesa cattolica. «I credenti rifiutano la burocrazia del sacro», insiste Introvigne, «non vogliono un parroco lontano come un presidente di circoscrizione, preferisco il gruppo di venti persone dove sono in rapporto diretto con il leader». C'è da dire anche che è emerso il rifiuto di codici etici troppo strutturati o troppo impegnativi.
«Eppure», conclude Introvigne, «in questa Italia dalla religiosità vagabonda la Chiesa cattolica, forse anche grazie al Papa, dimostra una vitalità e in certi limiti una capacità di ripresa che la differenzia dal resto dell'Europa. Se in Francia la media dei cattolici praticanti è del 10 per cento e in Europa del 20, in Italia resta attestata nonostante tutto al 35 per cento». Del gran terremoto postcattolico atei e agnostici non riescono a profittare: «Sono i panda di un'epoca, in cui è di moda definirsi vagamente religiosi. Non raggiungono più dell'11 per cento».
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