L’esplosione delle nuove religioni

Un articolo di Massimo Introvigne pubblicato sul numero speciale "Il cristianesimo e le religioni" di "Seminarium", organo della Congregazione per l'Educazione Cattolica, anno XXXVIII, n. 4 (1998), pp.719-749.

I. Il contesto

Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nell’enciclica Fides et ratio, al n. 91 rileva come: "La nostra epoca è stata qualificata da certi pensatori come l’epoca della ‘post-modernità’. Questo termine, utilizzato non di rado in contesti fra loro molto distanti, designa l’emergere di un insieme di fattori nuovi, che quanto a estensione ed efficacia si sono rivelati capaci di determinare cambiamenti significativi e durevoli". In particolare, nel quadro di tali "cambiamenti", si sono manifestate "reazioni che hanno portato a una radicale rimessa in questione" della "pretesa razionalista" tipica della modernità; così, "sono nate correnti irrazionaliste"[1]. L’enciclica Fides et ratio - dopo avere sottolineato la necessità che l’uomo utilizzi entrambe le sue "ali", la fede e la ragione, per rispondere alle domande cruciali sulla sua origine e sul suo destino -- descrive una lunga stagione, iniziata con la crisi del Medioevo, in cui la ragione ha dapprima cercato di inglobare la fede, quindi ha preteso di farne a meno, infine l’ha combattuta in modo esplicito (dalla ragione senza la fede alla ragione contro la fede). Nell’epoca postmoderna si ripresenta -- peraltro non per la prima volta -- la possibilità di un rovesciamento di questo scenario. L’epoca della crisi della ragione è il tempo in cui si ripresenta una fede -- non necessariamente la fede cristiana -- separata dalla ragione. Come Giovanni Paolo II ha sottolineato in tutto il suo magistero, una fede privata della mediazione razionale è una fede incapace di diventare cultura, e quindi di animare la società. Nel migliore dei casi, una fede separata dalla ragione si riduce -- secondo la Fides et ratio -- a "sentimento ed esperienza"; nel peggiore, "cade nel grave pericolo di essere ridotta a mito o superstizione"[2].

Anche se l’enciclica Fides et ratio non si è occupata esplicitamente della nuova religiosità o delle nuove religioni -- come alcuni si attendevano -- le indicazioni a cui ho fatto brevemente cenno offrono preziosi elementi di quadro. Con il passaggio all’epoca cosiddetta postmoderna si sono determinati "cambiamenti significativi e durevoli" anche nel settore della religiosità. Sarebbe sufficiente una rapida scorsa ai titoli dei libri più diffusi, degli articoli più significativi, di numerose relazioni presentate in congressi di sociologia o di storia delle religioni per accorgersi che qualche cosa è veramente cambiato. Negli anni 1970 -- e nella prima parte degli anni 1980 -- il tema dominante era quello della crisi della religione. La tesi della secolarizzazione, nella sua versione quantitativa, postulava che, mentre progrediva la mentalità scientifica, nelle società industriali avanzate c’era sempre meno religione; non mancava chi prospettava come futuro evolutivo della religione addirittura l’estinzione. Uno strumento interpretativo importante rimaneva in quegli anni l’opera del teologo battista americano Harvey G. Cox The Secular City ("La città secolare")[3], in cui -- come lo stesso Cox ha scritto più recentemente -- il teologo di Harvard cercava "di elaborare una teologia per l’epoca ‘postreligiosa’ che molti sociologi ci avevano prospettato con fiducia come prossima"[4]. Le cose, oggi, sono certamente cambiate. Testi importanti fanno riferimento al "ritorno del religioso"[5]; alla "rivincita di Dio"[6]; alla "fine" della secolarizzazione. Lo stesso Cox -- a trent’anni da La città secolare -- scriveva nel 1995 in Fire from Heaven che "oggi è la secolarità (secularity), non la spiritualità, che può essere vicina all’estinzione". E’ diventato "ovvio che al posto della ‘morte di Dio’ che alcuni teologi avevano dichiarato non molti anni fa, o del declino della religione che i sociologi avevano previsto, è avvenuto qualcosa di veramente diverso". A proposito de La città secolare, il teologo americano aggiunge: "Forse ero troppo giovane e impressionabile quando gli accademici facevano queste previsioni tristi. In ogni caso le avevo assorbite davvero troppo facilmente, e avevo cercato di pensare quali avrebbero potuto essere le loro conseguenze teologiche. Ma ora è diventato chiaro che le predizioni stesse erano sbagliate. Chi le faceva (...) ammetteva che la fede avrebbe potuto sopravvivere come un’eredità culturale, forse in ridotti etnici o abitudini di famiglia, ma insisteva che i giorni della religione come una forza capace di dare forma alla cultura e alla storia erano finiti. Tutto questo non è accaduto. Al contrario, prima che i futurologi accademici facessero in tempo a ritirare la loro prima pensione, una rinascita religiosa -- di un certo tipo -- ha cominciato a manifestarsi in tutto il mondo"[7].

Naturalmente, chi ritiene che oggi -- nell’epoca postmoderna -- sia la secolarizzazione ad essere "vicina all’estinzione" fa riferimento a una nozione meramente quantitativa di secolarizzazione. Se invece si pensa alla secolarizzazione -- secondo la definizione di Bryan Wilson -- come a un processo prevalentemente qualitativo, in cui la religione -- pur continuando a interessare molte persone -- non determina più la gran parte delle scelte culturali, politiche e sociali, si può concludere che la secolarizzazione è ancora saldamente fra noi. In questo senso, il giurista americano Stephen L. Carter parla di "trivializzazione" di una religione che pure nel suo paese continua a essere importante, a livello individuale, per la maggior parte delle persone[8]. La secolarizzazione quantitativa, definita semplicemente come l’interesse sempre minore delle persone per la sfera del religioso e del sacro, appare effettivamente in declino nell’epoca postmoderna. In alcuni paesi del mondo i sociologi dubitano perfino che un processo quantitativo di secolarizzazione si sia mai verificato. In altri, vi è stata un’inversione di tendenza nel corso della seconda metà degli anni 1980. Uno dei più noti specialisti di indagini sociologiche quantitative in tema di religione, Laurence R. Iannaccone, scriveva nel settembre 1998 che i dati mostrano ormai con evidenza come la tesi secondo cui "la religione deve inevitabilmente declinare quando la scienza e la tecnologia avanzano" è stata "dimostrata falsa", e che "a mano a mano che i sondaggi, le statistiche e i dati storici si sono accumulati, la continua vitalità della religione è diventata evidente"[9]. Mentre il numero delle persone che si dichiarano atee e agnostiche declina quasi ovunque, in quasi tutti i paesi del mondo -- con l’eccezione di alcuni paesi europei a lungo sottoposti a propaganda antireligiosa da parte di regimi comunisti -- il numero di coloro che dichiarano di credere in una qualche forma di potere superiore alla persona umana, o a una vita dopo la morte, o affermano di consacrare qualche tempo durante la settimana a forme di preghiera o di meditazione si attesta intorno all’ottanta per cento della popolazione, con punte in paesi non secondari -- Stati Uniti compresi -- oltre il novanta per cento[10].

Il fenomeno del "ritorno del religioso" è dunque così evidente da non potere essere ignorato. Si tratta però di determinare, con maggiore precisione, quale tipo di religioso "ritorni" nell’epoca postmoderna. Cox -- nel suo volume Fire from Heaven -- mette al centro della sua indagine -- e considera come il maggiore "segno dei tempi" per il ritorno del religioso -- la corrente pentecostale-carismatica nel cristianesimo, e considera quindi caratteristiche salienti del nuovo accostamento al sacro l’interesse per i segni, i miracoli, le guarigioni, la demonologia, l’escatologia, la fine del mondo. Anche prescindendo dall’indagine di Cox -- che riguarda esclusivamente il cristianesimo -- si nota il crescente interesse per forme di rapporto con il sacro dove il percorso prevale sul discorso, il mythos sul logos, fino a quel rischio di costruire fedi senza ragione - o peggio di cadere nella superstizione - denunciato dalla Fides et ratio. Diversi sociologi invitano del resto, quando si tratta del sacro postmoderno, a partire da un dato di carattere negativo: dalla fine degli anni 1980, il consenso di massa nei confronti della scienza -- particolarmente della medicina, la scienza "pratica" con cui le persone comuni vengono più normalmente a contatto -- non è più unanime. A partire dagli ultimi anni del decennio 1980, in diversi paesi, il consenso popolare nei confronti della scienza e della medicina scende a quelli che sono probabilmente i livelli più bassi del secolo [11]. Per converso, qualunque forma di cura medica che si presenti come "alternativa" rispetto alla medicina "ufficiale", o da questa disapprovata, incontra immediatamente un vasto consenso popolare. Sembra che il termometro scientifico scenda e che salga il termometro del sacro: qualche volta -- però -- piuttosto in direzione dell’irrazionalismo, della ricerca acritica del miracoloso, o -- in altri contesti -- della magia.

Per comprendere chi veramente beneficia del contemporaneo ritorno del sacro occorre superare alcuni pregiudizi tanto diffusi quanto infondati. Anzitutto, non è del tutto vero che il ritorno del sacro si verifichi completamente al di fuori delle religioni maggioritarie e delle Chiese storiche. Certo, mentre le statistiche sul numero di persone che si dicono interessate alla religione o al sacro sono notevolmente simili da paese a paese, le statistiche sul numero dei praticanti sono molto diverse. Tuttavia, esistono elementi per ritenere che il declino della pratica religiosa in Occidente sia stato in qualche modo sopravvalutato [12]. In alcuni paesi -- fra cui gli Stati Uniti e l’Italia -- il numero di cristiani praticanti, dalla fine degli anni 1980 a oggi, mostra quasi ogni anno un lieve incremento quantitativo [13]. Certo, si tratta di incrementi modesti che non giustificano nessuna forma di trionfalismo. Tuttavia, l’inversione di tendenza è importante: il declino della pratica religiosa non era -- come qualcuno pensava -- un tuffo nel vuoto. Assomigliava piuttosto a un tuffo in una piscina dove, toccato il fondo, si comincia -- per quanto lentamente e faticosamente -- a risalire. All’interno delle religioni tradizionali, e dello stesso cristianesimo, vi sono movimenti i cui ritmi di crescita non hanno nulla da invidiare a gruppi neo-religiosi. Prescindendo dai fenomeni complessi che si verificano all’interno dell’Islam, dell’induismo e dell’ebraismo -- talora accomunati dall’etichetta, non sempre precisa, di "fondamentalismo" -- si può notare, con Cox, che i movimenti di rinnovamento carismatico all’interno della Chiesa cattolica e i movimenti pentecostali nel mondo protestante contano decine di milioni di fedeli e possono vantare ritmi di crescita superiori a quelli, spesso citati come spettacolari, dei mormoni o dei testimoni di Geova. Non rimane meno vero che, per quanto questi fenomeni siano interessanti e importanti, una parte sostanziale del ritorno del sacro va cercata al di fuori delle grandi religioni e delle Chiese storiche.

Un altro elemento di carattere ampiamente mitologico è quello relativo alla cosiddetta "invasione delle sette". Certo, i movimenti religiosi in qualche modo alternativi sono moltissimi. J. Gordon Melton -- che peraltro rifiuta di tracciare una linea di demarcazione netta fra "vecchie" e "nuove" religioni -- ne rubrica oltre 1500 di una certa consistenza negli Stati Uniti [14]. In un paese dove il pluralismo religioso è più recente, come l’Italia, il CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), di cui sono direttore, è a conoscenza di oltre cinquecento sigle. In Africa, gli specialisti contano diverse migliaia di nuovi movimenti religiosi e Chiese indipendenti, e il numero si accresce ogni giorno. Tuttavia -- con l’eccezione di alcuni paesi africani e asiatici, tra cui il Giappone (dove le nuove religioni possono vantare un numero molto superiore di seguaci rispetto all’Europa o all’America del Nord) -- il numero di aderenti a questi movimenti rimane piuttosto contenuto. Naturalmente, le statistiche dipendono da dove, esattamente, si pone la linea di demarcazione fra religioni "storiche" e nuovi movimenti religiosi. Tuttavia in nessun paese dell’Occidente i nuovi movimenti religiosi -- qualunque definizione se ne adotti -- sembrano superare il due per cento della popolazione. In Italia è più probabile che si aggirino intorno all’uno per cento [15]. In America Latina e in alcuni paesi dell’Africa e dell’Asia, naturalmente, sono possibili enormi variazioni del dato statistico relativo ai nuovi movimenti religiosi a seconda dell’inclusione o meno, in questa categoria, delle comunità protestanti di tipo pentecostale o fondamentalista indipendente.

Nel caso dell’Italia si deve poi considerare che oltre la metà di quell'uno per cento della popolazione che fa parte di religioni "alternative" è rappresentato da un unico movimento, i testimoni di Geova. Pertanto le altre cinquecento sigle, tutte insieme, non raggiungono lo 0,5% della popolazione. Se si legge il rapporto che il Ministero degli Interni italiano ha consacrato nel 1998 ai nuovi movimenti religiosi e magici -- per molti versi affidabile (anche se con qualche errore) -- si trovano oltre un centinaio di sigle, ma spesso il numero di aderenti è indicato in "cento", "cinquanta" o anche "venti", "quindici" o "dieci" [16]. Sembra che qualche volta ci sia più gente a un’assemblea di condominio che alla riunione plenaria di tutti gli adepti di un movimento in Italia. E’ vero: ci sono molte sigle, ma la maggioranza di queste sono -- quanto a numero di aderenti -- piccole o piccolissime. Più che di un'"invasione delle sette", si dovrebbe forse parlare di un’invasione delle sigle.

La più grande "nuova religione" -- utilizzo qui il termine in modo volutamente paradossale -- è dunque, particolarmente in Occidente, quella delle persone impegnate in un "credere senza appartenere" (believing without belonging, secondo la formula della sociologa inglese Grace Davie) [17]. In Italia, per esempio, i cattolici praticanti sono circa un terzo della popolazione. Gli aderenti a minoranze religiose -- storiche o di origine recente -- non superano il due per cento [18]. Gli atei, gli agnostici dichiarati, coloro che si rifiutano di rispondere ai sondaggi dei sociologi sono meno del dieci per cento. Rimane una popolazione costituita da oltre metà degli italiani che dichiarano di "credere" in qualche cosa di superiore o trascendente, ma nello stesso tempo di fatto non "appartengono" a una comunità religiosa nel senso pieno del termine. Naturalmente questa grande "nuova religione" degli italiani non è omogenea. Al suo interno i sondaggi rivelano una gamma di posizioni diverse. Si va da coloro che credono in un potere superiore che non sanno però identificare ai "credenti a modo loro", ai "cristiani a modo loro" e anche ai "cattolici a modo loro" ("sono cattolico, ma non pratico"; "sono cattolico, ma non sono d’accordo con la Chiesa"; o anche -- posizione non infrequente in Italia -- "sono cattolico, ma sono contro i preti"). Questo fenomeno che la sociologa francese Danièle Hervieu-Leger chiama "disistituzionalizzazione" della religione [19] è una delle caratteristiche salienti del sacro postmoderno [20]. Non ha dunque torto chi invita a non sopravvalutare i nuovi movimenti religiosi o le nuove religioni. Anche se alcuni di essi sono, su scala mondiale, tutt’altro che piccoli -- dieci milioni di mormoni, dieci milioni di testimoni di Geova, oltre quindici milioni di aderenti alla Soka Gakkai giapponese -- la loro incidenza percentuale, particolarmente in Occidente, è ancora molto ridotta. In assoluto, è maggiore il numero di coloro che si rivolgono a nuovi movimenti all’interno delle religioni storiche e delle Chiese maggioritarie, ed è certamente maggiore la massa di quanti "credono senza appartenere".

Tuttavia, si ha ugualmente torto quando si sottovalutano i nuovi movimenti religiosi. Essi, infatti, non sono importanti soltanto per le loro dimensioni quantitative, ma per la loro capacità di influenzare cerchie molto più vaste di persone. Un gruppo relativamente piccolo come gli Hare Krishna -- che non supera i ventimila membri nel mondo -- ha distribuito milioni di copie dei suoi libri e opuscoli. Il testo sulla reincarnazione più diffuso dagli Hare Krishna [21] è diventato popolarissimo in numerosi paesi dell’Occidente, è spesso citato anche in contesti insospettati e ha certamente contribuito alla moda della reincarnazione: anche presso persone che non si sognerebbero mai di aderire al movimento degli Hare Krishna. Più in generale, di quella percentuale di nostri contemporanei che "crede senza appartenere", manifesta un’aspirazione al sacro ma non partecipa regolarmente alle attività di nessuna confessione religiosa -- a seconda dei paesi, va dal quaranta al sessanta per cento -- sappiamo, tutto sommato, molto poco. In che cosa credono tutte queste persone? Una fonte per rispondere alla domanda è offerta dai sondaggi demoscopici e dalle indagini dei sociologi, certo importanti ma che non possono costituire l’unico strumento di indagine (come è noto, le risposte sono del resto influenzate dalle domande, e dal tipo di questionario). Un altro indicatore -- la cui importanza non può essere trascurata -- è costituito dalla letteratura popolare, dalla musica, dal cinema, dalla televisione. Il fatto che La profezia di Celestino di James Redfield [22] sia stato il libro più venduto in una decina di paesi del mondo tra gli anni 1994 e 1995 ci dice molte cose sul tipo di "spiritualità" che attrae un gran numero di nostri contemporanei [23]. Tuttavia, l’indicatore principale delle credenze diffuse nel popolo di coloro che "credono senza appartenere" è costituito, precisamente, dai nuovi movimenti religiosi e dalle nuove religioni. Giacché -- come si è visto -- esistono diverse centinaia di nuovi movimenti religiosi, impegnati in una sorta di lotta darwiniana per la sopravvivenza (a fronte di pochi che sopravvivono ve ne sono molti che non hanno successo e muoiono), studiare quali movimenti hanno successo e perché ci rivelerà quali aspirazioni, quali domande, quali sentimenti profondi si agitano -- al di là della più ristretta cerchia degli appartenenti ai movimenti -- in quel grande Far West della religione dove abitano coloro che "credono senza appartenere". Per questo, lo studio dei nuovi movimenti religiosi non è una semplice curiosità ma costituisce un elemento essenziale per la comprensione dello scenario religioso contemporaneo.

 

II. Una "mappa" dei nuovi movimenti religiosi

Terminologia

La problematica dei nuovi movimenti religiosi nasce in ambiente cristiano occidentale, e solo in seguito le stesse categorie sono applicate a realtà completamente diverse, per esempio al Giappone. La sociologia della religione -- fin dal suo sorgere -- si preoccupa di definire in termini obiettivi la differenza fra "Chiese" e "sette". Nei primi decenni del secolo XX, il teologo e sociologo protestante Ernst Troeltsch (1865-1923) propone la sua famosa distinzione fra: il tipo-Chiesa, un gruppo religioso in armonia con la società circostante; il tipo-setta, un gruppo religioso che contesta la società circostante; e il tipo-mistico, un gruppo religioso che si interessa scarsamente della società circostante, preferendo concentrare la sua attenzione sull’auto-perfezionamento dei suoi membri [24]. Queste categorie -- con integrazioni e modifiche -- sono rimaste al centro del dibattito sociologico per diversi decenni, e sono tuttora utilizzate. Tuttavia, la situazione sociologica si è andata complicando e ha messo in crisi alcuni presupposti fondamentali della tipologia proposta da Troeltsch. I movimenti, anzitutto, -- come dice il loro nome -- si muovono: per esempio i mormoni -- certamente "setta", nel senso di Troeltsch, nel secolo XIX - apparivano nel secolo XX come ormai perfettamente integrati almeno nella loro società statunitense di origine. Dopo la Seconda guerra mondiale si aggiungeva la crescente visibilità di gruppi religiosi di matrice non cristiana, particolarmente orientale, anch’essi popolarmente chiamati "sette", ma molto diversi dalle "sette" di origine cristiana che erano servite da modello a Troeltsch. Infine, un terzo elemento nuovo era -- ed è -- costituito dalla cosiddetta "esplosione delle sette" in America Latina, dove tuttavia, nel linguaggio comune per "sette" si intendono anche i gruppi protestanti di tipo evangelico e pentecostale, che in altre regioni del mondo non sono definiti come "sette" e che comunque presentano caratteristiche diverse rispetto al modello di Troeltsch.

Questi elementi nuovi hanno fatto emergere una serie amplissima di proposte terminologiche da parte di sociologi, di teologi e -- in misura minore -- di psicologi. In campo sociologico, una delle proposte più note era stata formulata nel 1985 da Rodney Stark e da William Sims Bainbridge nel loro volume The Future of Religion [25]. I due sociologi distinguevano fra "sette", "gruppi religiosi devianti all’interno di una tradizione non deviante", e "culti", "gruppi religiosi devianti all’interno di una tradizione deviante" [26]. Così, per esempio, i testimoni di Geova e i mormoni sarebbero "sette" in quanto adottano il sistema di simboli e molti punti di riferimento di una tradizione "non deviante" come quella cristiana, anche se le loro idee sono considerate "devianti" dagli altri gruppi che si situano all’interno di questa tradizione. Gli Hare Krishna sarebbero invece un "culto" perché -- almeno in Occidente -- non solo sono considerati come "devianti" in quanto gruppo, ma la stessa tradizione religiosa -- orientale -- da cui traggono i loro riferimenti e i loro simboli è percepita come estranea ed esotica dalla società circostante.

Recentemente, peraltro, gli stessi Stark e Bainbridge hanno invitato a servirsi di terminologie diverse, perché il dibattito è stato ulteriormente complicato dall’uso di espressioni come "setta" e "culto" in un senso non sociologico o teologico, ma criminologico [27]. Soprattutto dopo i tragici avvenimenti che hanno coinvolto alcuni gruppi definiti "sette" -- tra cui, i suicidi-omicidi dell’Ordine del Tempio Solare negli anni 1994, 1995 e 1997 [28], l’attentato al gas compiuto nella metropolitana di Tokyo nel 1995 da seguaci della Aum Shinri-kyo, e il suicidio di quasi tutti i membri del culto dei dischi volanti Heaven’s Gate nel 1997 [29] - giornalisti, criminologi e anche alcune commissioni parlamentari europee sono andate alla ricerca di un criterio, o di una serie di criteri, per distinguere fra "sette" pericolose e "movimenti religiosi" innocui. Particolarmente in Francia e in Belgio i risultati di queste indagini parlamentari -- che hanno insistito sulla nozione, a sua volta vaga, contestata da molti specialisti accademici e difficile da definire, di "manipolazione mentale" (talora usata come sinonimo di quella, ancora più controversa, di "lavaggio del cervello") - non sono stati giudicati particolarmente soddisfacenti da molti studiosi [30]. Le critiche sono state vivaci soprattutto quando, insieme ai rapporti, le commissioni parlamentari hanno proposto lunghe liste di "sette pericolose", o comunque di gruppi presi in esame, dove sono comparse anche realtà rispettate e rispettabili e perfino movimenti cattolici riconosciuti dalla Chiesa [31]. Altri rapporti europei -- pure nati dalle stesse preoccupazioni, e pubblicati negli anni seguenti -- come il rapporto della Commissione d’inchiesta parlamentare tedesca, del 1998, e il rapporto di una commissione governativa svedese, pure del 1998 -- si sono mostrati assai più cauti, e hanno ritenuto impossibile fissare una linea di demarcazione precisa fra "sette" pericolose e "movimenti religiosi" legittimi. Senza approfondire qui il merito di queste controversie, è evidente che -- in seguito a queste discussioni -- la parola "setta" ha assunto, particolarmente in Europa, due diversi significati, che si sovrappongono. A un significato criminologico secondo cui la "setta" è un gruppo religioso (o che si pretende tale) pericoloso, di cui si può dire con un certo grado di probabilità che commetterà reati e crimini di maggiore o minore gravità, fa da pendant un significato di tipo sociologico, secondo cui la "setta" è semplicemente un gruppo religioso le cui idee sono piuttosto diverse rispetto a quelle condivise dalla maggioranza dei consociati. Tutto questo crea notevole imbarazzo presso gli studiosi, e anche rischi per la libertà e la tolleranza religiosa. Quando a uno studioso -- per esempio in un’intervista televisiva -- si chiede se questo o quell’altro gruppo è "una setta", si vuole in realtà sapere da lui se il gruppo è "pericoloso" o potrà commettere dei crimini. L’intrecciarsi fra significato criminologico e significato sociologico del termine crea qui una pericolosa ambiguità. Se per esempio uno studioso risponde a un intervistatore che i mormoni sono una "setta" -- risposta certamente corretta con riferimento alle categorie di Troeltsch, o anche a quelle proposte inizialmente da Stark e Bainbridge -- il rischio è che chi lo ascolta alla televisione si convinca che i mormoni sono un gruppo "pericoloso" o addirittura tendenzialmente criminale, il che -- con riferimento alla situazione attuale della Chiesa mormone maggioritaria -- è certamente falso e ingiusto.

E’ per ragioni di questo genere che -- mentre i giornalisti, i criminologi e chi desidera mettere in guardia l’opinione pubblica nei confronti dei pericoli delle "sette" continua a utilizzare questo termine - gli studiosi preferiscono spesso parlare di "nuovi movimenti religiosi" o "nuove religioni". Molti chiamano "nuove religioni" i gruppi più grandi e consolidati (come i mormoni o i testimoni di Geova) -- le cui dimensioni superano ormai quelle di un semplice movimento -- e invece "nuovi movimenti religiosi" le realtà più piccole, o di origine più recente [32]. Questi termini, naturalmente, non sono del tutto soddisfacenti -- alcune "nuove" religioni esistono da oltre cento anni --, ma hanno almeno il vantaggio di mettere tra parentesi la problematica più strettamente criminologica e legale. Anche nella pratica pastorale -- per quanto si debba rilevare che il termine "setta" è più facilmente comprensibile -- lo stesso Magistero della Chiesa comincia a tenere conto delle preferenze degli studiosi. La Relazione generale La sfida delle sette o nuovi movimenti religiosi: un approccio pastorale del cardinale Francis Arinze al Concistoro straordinario del 1991 - che aveva appunto questo fra i temi all'ordine del giorno - raccomanda "di adottare un termine che sia il più imparziale e preciso possibile", almeno "finché non vi sarà una terminologia universalmente accettata", e sceglie di usare "in generale il termine ‘nuovi movimenti religiosi’ (abbreviato in NMR) perché è neutrale e abbastanza generale (...)" [33]. Pure consapevole dei problemi che pone, userò anch’io in questa sede l’espressione "nuovi movimenti religiosi", distinguendo -- fra le migliaia di movimenti oggi presenti nel mondo -- quattro grandi "famiglie", seguendo precisamente una delle tipologie menzionate nella stessa Relazione generale del cardinale Arinze al Concistoro del 1991.

 

Nuovi movimenti religiosi a simbologia cristiana

Per un cristiano -- procedendo dal più vicino al più lontano -- i nuovi movimenti religiosi che presentano caratteristiche, almeno esteriormente, più familiari sono quelli che mantengono elementi simbolici cristiani: riferimenti a Gesù Cristo, alla Bibbia, uso della denominazione "Chiesa", e così via. Spesso questi elementi sono però ampiamente reinterpretati. Possiamo distinguere -- sulla scia della Relazione generale del cardinale Arinze -- fra nuovi movimenti religiosi di origine protestante e di origine cristiana; personalmente, credo si debba ormai aggiungere una terza categoria di movimenti di origine cattolica.

- L’uso, nella Relazione generale del cardinale Arinze dell’espressione "nuovi movimenti provenienti dalla Riforma protestante" [34] mostra, anzitutto, come non sia affatto facile stabilire una linea di demarcazione precisa fra alcune nuove forme in cui, particolarmente dalla fine del secolo scorso, si presenta il protestantesimo, e i veri e propri nuovi movimenti religiosi [35]. La distinzione fra nuovi movimenti religiosi di origine protestante e di origine cristiana è chiara (i secondi, a differenza dei primi, negano le basi trinitaria e cristologica che sono patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti). Più difficile è tracciare una linea di demarcazione precisa fra nuove forme del protestantesimo e nuovi movimenti religiosi di origine protestante. Alcuni autori ritengono che i nuovi movimenti religiosi di origine protestante, pur mantenendo una teologia compatibile con la definizione generale del protestantesimo (che naturalmente tollera al suo interno un numero molto ampio di varianti), siano però carenti dal punto di vista ecclesiologico. Non che i nuovi movimenti religiosi di origine protestante si disinteressino della nozione di Chiesa. La loro ecclesiologia insiste però sulla discontinuità della Chiesa nella storia. La Chiesa non continuerebbe dalle origini ai nostri giorni (sia pure tramite una Riforma), ma sarebbe a un certo punto venuta meno, così che sarebbe stato necessario non tanto riformarla quanto rifondarla. L’idea di discontinuità della Chiesa nella storia si accompagna facilmente a un proselitismo aggressivo, fondato sull’idea che i seguaci delle Chiese storiche, particolarmente i cattolici, non siano veramente cristiani e debbano ancora ricevere l’autentico annuncio del Vangelo: un atteggiamento comune in alcuni nuovi movimenti di origine protestante soprattutto in America Latina. La Relazione generale del 1991 attira l’attenzione -- quando si tratta di indicare esempi di nuovi movimenti religiosi di origine protestante -- sulle comunità pentecostali e su quelle fondamentaliste indipendenti, che si sono moltiplicate nel nostro secolo. Tuttavia, anche all’interno del mondo pentecostale si è verificata un’evoluzione. Alcune denominazioni più grandi e più antiche (talora anche alcuni gruppi piccoli, ma particolarmente aperti al dialogo con altri cristiani) hanno riconquistato, spesso faticosamente, una dimensione ecclesiologica più completa. Altri sembrano ritenere che la Chiesa di Gesù Cristo, cessata a causa di una grande apostasia, sia rinata soltanto con il loro movimento (un atteggiamento particolarmente tipico di alcune denominazioni autoctone latino-americane). Sarebbe forse eccessivo, adottando un criterio ecclesiologico, affermare che tutte le comunità pentecostali siano nuovi movimenti religiosi di origine protestante, ma è certamente in quest'area -- e in quella del fondamentalismo indipendente, che a partire dalla fine dell’Ottocento ha costituito grandi e piccole denominazioni autonome -- che troveremo gruppi che corrispondono alla descrizione generale di questa categoria [36].

- I nuovi movimenti religiosi di origine protestante, in genere, condividono con i cattolici, i protestanti, gli anglicani e gli ortodossi -- talora con peculiarità proprie -- una base cristologica e trinitaria comune [37]. Al contrario, nei nuovi movimenti religiosi di origine cristiana alla rottura ecclesiologica si accompagna anche una rottura teologica, con inserimento di idee radicalmente diverse rispetto al protestantesimo storico (e naturalmente rispetto al cattolicesimo). In gruppi come i mormoni e i testimoni di Geova il cristianesimo delle Chiese e comunità storiche è un retroterra da cui ci si allontana inserendo nuove idee e nuove scritture sacre, così come -- è un’immagine utilizzata dalla storica protestante Jan Shipps per il mormonismo [38] - il cristianesimo delle origini si era allontanato dall’ebraismo. Per questi gruppi l’insieme delle dottrine tradizionali del cristianesimo costituisce come un grande "Vecchio Testamento", a cui se ne aggiunge uno nuovo, spesso tale da modificare radicalmente le interpretazioni del primo, costituito da nuove rivelazioni o da nuove scritture sacre. I testimoni di Geova e i mormoni -- ciascuno, come si è accennato, con circa dieci milioni di aderenti nel mondo -- sono gruppi con una storia più che secolare, e di grandi dimensioni (cosiddette "nuove religioni"). In quest’area si situano tuttavia anche altri gruppi più piccoli, dai Bambini di Dio (da diversi anni ribattezzati The Family)[39] fino alla Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon, che peraltro negli ultimi anni non si presenta più come Chiesa ma come movimento "interconfessionale" con il nome di Federazione delle Famiglie per la Pace e l’Unificazione Mondiale. Il "nucleo duro" di questo movimento rimane peraltro costituito da coloro che attribuiscono alla figura del reverendo Moon un ruolo messianico [40].

- A queste due categorie, menzionate nella Relazione generale del 1991, occorre a mio avviso aggiungerne oggi una terza, quella dei nuovi movimenti religiosi che si possono chiamare di origine cattolica, il cui insieme costituisce quello che alcuni chiamano "cattolicesimo di frangia". Si tratta di gruppi che si sono separati dalla Chiesa cattolica seguendo una rivelazione privata non riconosciuta dalla Chiesa, un profeta, un santone, ovvero -- in senso ultra-conservatore oppure ultra-progressista -- si sono allontanati dalla comunione con il Papa e con i vescovi. Nella loro maggioranza, questi gruppi si ritengono soggettivamente in comunione con la Chiesa cattolica, mentre spesso oggettivamente non lo sono. Talora introducono anche dottrine inaccettabili. Non mancano casi in cui movimenti di origine cattolica si danno una struttura di vera e propria "Chiesa" alternativa. E’ il caso del gruppo italiano originariamente denominato Cristo nell’Uomo, sorto nei dintorni di Torino intorno alle rivelazioni private del veggente Roberto Casarin, che -- dopo l’abbandono formale della Chiesa cattolica -- si è presentato come nuova religione universale, prima con il nome di Chiesa della Nuova Gerusalemme e ora con il nome di Chiesa dell’Anima Universale.

I nuovi movimenti religiosi a simbologia cristiana -- distinti a seconda che siano di origine protestante, di origine cristiana o di origine cattolica -- sono molto diversi fra loro. Alcuni contano milioni di seguaci, altri poche decine. Alcuni hanno vita effimera, altri esistono da più di un secolo e continuano a crescere [41]. Un elemento, tuttavia, che quasi tutti i nuovi movimenti religiosi a simbologia cristiana hanno in comune è l’ansia escatologica: l’attesa di una fine del mondo come imminente e l’aspirazione a un sapere su come (non soltanto su quando) sarà la fine, che assume quasi sempre la forma del millenarismo. Da questo punto di vista i nuovi movimenti religiosi a simbologia cristiana -- antichi o recenti, grandi o piccoli -- costituiscono il segnale o la spia di un elemento molto diffuso nella sensibilità religiosa postmoderna: l’interesse per la fine del mondo e per gli eventi che la accompagneranno, l’attesa talora gioiosa -- ma più spesso ansiosa e piena di paura -- di eventi apocalittici. Questa attesa è largamente diffusa nel mondo cristiano -- e anche al di fuori di esso [42] -- ben al di là della cerchia dei membri di questi nuovi movimenti religiosi.

 

Nuovi movimenti religiosi di origine orientale

Un’altra grande "famiglia" comprende i nuovi movimenti religiosi di origine orientale, la cui simbologia non è mutuata dal cristianesimo (anche se elementi cristiani si ripresentano talora in chiave sincretistica) ma dalle religioni del Medio o dell’Estremo Oriente. Per la verità il Medio Oriente -- e l’Islam -- sono stati meno fecondi di nuovi movimenti religiosi. Tuttavia, separandosi dall’Islam, il movimento baha’i è emerso, per storia e dimensioni, come una delle più grandi "nuove religioni", con oltre cinque milioni di seguaci nel mondo. La maggioranza dei nuovi movimenti religiosi di origine orientale si ispira alle religioni nate nel subcontinente indiano (induismo, buddhismo, ma oggi anche giainismo, sikhismo, religione radhasoami); non mancano gruppi giapponesi che combinano buddhismo, scintoismo e religiosità popolare locale. Possiamo distinguere fra gruppi creati da occidentali affascinati dall’Oriente (il cui esempio più antico e importante è la Società Teosofica, fondata nel 1875, che peraltro nega di essere un movimento religioso)[43] e i risultati di vere e proprie "missioni" promosse da gruppi nati in Oriente. A partire dal Parlamento mondiale delle religioni celebrato a Chicago nel 1893 la presenza di occidentali entusiasti dell’Oriente non sfugge a dirigenti di movimenti indiani e giapponesi, che -- come ha suggerito Reinhart Hummel, anche come reazione organizzata alle missioni cristiane in Oriente - iniziano a promuovere vere e proprie "contro-missioni" [44]. Oggi i guru indiani -- per non parlare degli occidentali che, dopo essersi formati in India, si sono auto-proclamati guru -- e i maestri di tutte le tradizioni religiose orientali vecchie e nuove hanno dato origine a centinaia di nuovi movimenti religiosi in Occidente. Ci troviamo qui di fronte, nuovamente, a problemi di confine e di demarcazione. E’ difficile dire quali gruppi siano "tradizionali", espressioni fedeli delle grandi tradizioni orientali, e quali invece siano "nuovi". Se organizzano in modo sistematico e continuato una predicazione missionaria in Occidente, anche gruppi orientali di origine antica tendono ad assumere profili nuovi. Altri erano già "nuovi" nella loro terra di origine quanto a stile e modalità di presentazione, anche se radicati in una tradizione antica. Gli Hare Krishna -- cioè i membri dell’ISKCON, la Società Internazionale per la Coscienza di Krishna -- si inseriscono certamente nel solco di una spiritualità, di origine bengalese, che risale al XVI secolo. Tuttavia, con la massiccia presenza in Occidente il messaggio -- forse contro le intenzioni di alcuni dei missionari partiti dall'Oriente -- a poco a poco si è modificato, almeno quanto alle modalità di presentazione: nel caso degli Hare Krishna, con interessanti ripercussioni anche nel loro paese di origine, l’India [45]. La Soka Gakkai -- che conta circa quindici milioni di seguaci nel mondo -- è nata nell’alveo di una delle scuole buddhiste giapponesi, quella del monaco medioevale Nichiren (1222-1282). La grande espansione internazionale ha finito per dare al movimento uno stile e caratteristiche in parte nuove, lontane dal modo di presentarsi dei monaci della Nichiren Shoshu, l’ordine monastico al quale la Soka Gakkai era originariamente affiliata. Si situano qui -- al di là di controversie e scontri personali anche assai duri e sgradevoli -- le ragioni sostanziali e sociologiche della rottura fra la Soka Gakkai e la Nichiren Shoshu, che si è consumata nel 1991. Come ha fatto notare il suo maggiore studioso europeo, il sociologo belga Karel Dobbelaere, dopo questa rottura (ma il processo era già incominciato in precedenza) un movimento di laici, la Soka Gakkai, si è strutturato come una vera e propria religione, certo radicata nell’alveo buddhista ma insieme dotata di caratteristiche che derivano dalla sua espansione internazionale nel nostro secolo [46].

Si afferma spesso che i nuovi movimenti religiosi di origine orientale sono in crisi. Tuttavia si tratta di un mercato che offre continuamente nuovi prodotti -- si pensi alla rapida crescita del Sahaja Yoga della maestra indiana Sri Mataji Nirmala Devi [47], o alla recente espansione di nuovi movimenti religiosi nati a Taiwan -- e, dove il fascino dell’India viene meno, di frequente cresce il fascino del Giappone, qualche volta più difficile da rilevare in quanto le nuove religioni giapponesi hanno un certo culto del "basso profilo" e rifuggono, per quanto possibile, dai contatti con la stampa. Un esempio interessante di espansione di un movimento giapponese è costituito da Sûkyô Mahikari, un gruppo che presenta elementi derivati dallo scintoismo, dal buddhismo, dalla religiosità popolare giapponese (e anche dall’esoterismo occidentale) che è cresciuto in modo silenzioso in diversi paesi del mondo, oggetto di rarissimi studi e quasi mai dell’interesse della stampa, almeno fino a quando non è rimasto coinvolto nelle recenti polemiche europee sulle "sette" a cui ho già avuto occasione di fare cenno [48].

Con l’eccezione dei gruppi di origine medio-orientale e di quelli che, pure nati in Oriente, derivano principalmente dal cristianesimo -- e dovrebbero quindi essere piuttosto studiati nell’ambito dei movimenti a simbologia cristiana [49] -, un elemento dottrinale che si ritrova quasi sempre in primo piano in questa famiglia di movimenti è la dottrina della reincarnazione. Naturalmente, il successo di questa dottrina non è dovuto soltanto ai nuovi movimenti religiosi di origine orientale. Hanno contribuito anche la letteratura, il cinema, la televisione, gruppi di origine magica o del potenziale umano (come Scientology, dove la reincarnazione ha un ruolo che sarebbe sbagliato considerare secondario). Tuttavia, un numero rilevante di occidentali incontra per la prima volta la dottrina della reincarnazione quando si trova di fronte alla letteratura di movimenti religiosi di ispirazione o di origine orientale, che si tratti della Società Teosofica, degli Hare Krishna o dell’Organizzazione Sathya Sai Baba. Se il successo dei nuovi movimenti religiosi a simbologia cristiana mostra l’interesse dell’uomo contemporaneo per il destino dell’umanità e la fine del mondo, la diffusione di nuovi movimenti di origine orientale è un segnale dell’interesse per il destino della persona e per la vita dopo la morte. Ancora una volta, si tratta di temi diffusi in una cerchia molto più ampia rispetto a quella, relativamente ristretta, delle persone disposte ad aderire a un movimento religioso di origine orientale.

 

Nuovi movimenti religiosi nati in Occidente per innovazione

Una terza famiglia di nuovi movimenti religiosi è stata costruita in Occidente intorno a due idee le cui radici risalgono alla fine del Settecento. La prima è che le religioni tradizionali non siano adatte all’uomo moderno e alla sua mentalità scientifica, e sia dunque necessario fondare una religione nuova, prendendo gli elementi migliori -- o, almeno, quelli compatibili con il progresso tecnico-scientifico -- dalle grandi religioni del passato. La seconda idea è che, mentre le religioni tradizionali hanno messo al centro del loro messaggio Dio, una religione veramente moderna -- senza necessariamente negare l’esistenza di un Essere Supremo -- dovrebbe invece concentrarsi sull’uomo, sulle sue potenzialità e sulla sua felicità. Tentativi di costruire, più o meno a tavolino, religioni interamente nuove consacrate all’uomo o all’umanità si sono manifestati già durante la Rivoluzione francese; lo stesso Auguste Comte (1798-1857), il padre del positivismo, cercò di fondare una Chiesa positivista, che sopravvive ancora oggi -- ridotta a un piccolo gruppo -- in Brasile [50]. E’ tuttavia soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale che è esploso un "movimento del potenziale umano", chiamato anche "religione dei seminari", con riferimento a seminari o corsi -- offerti normalmente dietro il pagamento di un corrispettivo (spesso elevato) -- in cui si insegna a "fare esplodere" il nostro potenziale nascosto. Dio -- con poche eccezioni -- non è tematicamente negato, così che non si può veramente parlare di "religioni atee", ma rimane un remoto orizzonte, con poca incidenza sulle attività quotidiane del gruppo, concentrate sull’auto-perfezionamento dell’uomo, che dovrebbe sviluppare qualità straordinarie. Alcuni gruppi del potenziale umano, come la Chiesa di Scientology, rivendicano -- fra molte controversie -- la qualifica di religione. Altri come la Dinamica Mentale -- che oggi non esiste più, ma nelle cui fila sono passati i fondatori di numerosi altri movimenti simili -- o est (Erhard Seminary Training, il cui nome era di solito scritto con l’iniziale minuscola), poi chiamato The Forum e vittima a sua volta di una grave crisi economica, hanno preferito presentarsi come semplici società commerciali, pronte a offrire i loro servizi senza chiedere in cambio l’adesione a nessun principio di carattere dottrinale o religioso. Il confine fra movimenti del potenziale umano "religiosi" e "non religiosi" sembra tenue. Se è vero che la Chiesa di Scientology ha una visione del mondo di tipo neo-gnostico (gli uomini sarebbero gli originari creatori del mondo, che si sono dimenticati di averlo creato e sono rimasti intrappolati negli universi di materia-energia-spazio-tempo), e nella sua pratica assume importanza notevole -- come si è accennato -- il tema della reincarnazione, anche altri gruppi del potenziale umano, che pure si presentano come società meramente commerciali, fondano la loro attività su una serie di presupposti relativi alla natura, alle origini e al destino della persona umana. D’altro canto la stessa Chiesa di Scientology ha un’attività quotidiana che consiste ampiamente nell’offrire servizi dietro pagamento di uno specifico corrispettivo.

Le controversie che hanno riguardato Scientology -- e che oggi si estendono ad altri gruppi del potenziale umano -- mostrano come, in numerosi paesi dell’Occidente, non esista più una nozione socialmente condivisa di religione. Teologi, sociologi, giuristi propongono definizioni diverse, e "religione" sembra sempre di più -- piuttosto che una caratteristica essenziale che inerisce a questo o quel fenomeno -- una "rivendicazione" che è negoziata fra attori sociali portatori di specifici interessi (i governi, le amministrazioni fiscali, i gruppi che rivendicano -- o, ispirandosi a strategie diverse, non rivendicano -- l’etichetta di "religione") [51]. Al di là della natura "religiosa" o meno di questi gruppi -- la risposta alla relativa domanda dipende dalla nozione di "religione" che si adotta -- e del dibattito, spesso molto vivace, sui metodi più o meno discutibili e leciti che adottano nella loro propaganda, il messaggio dei "movimenti del potenziale umano" rimanda a una "religione del Sé" che pone al centro dell’esperienza del sacro una "sacralizzazione del Sé" e una insistenza (di tipo, spesso, neo-gnostico) sul carattere "divino" dell’uomo.

In questa prospettiva, il sociologo inglese Paul Heelas propone un paragone fra la "religione dei seminari" in genere (Scientology compresa) e il New Age [52]. Certo, dal punto di vista della struttura sociologica, i movimenti del potenziale umano -- soprattutto Scientology -- sono molto diversi dal New Age. Quest’ultimo non è, in senso tecnico, un movimento: non ha una struttura facilmente visibile, non ha capi, non ha adesioni formali (non ci si "iscrive" né si viene "battezzati" nel New Age). E’ piuttosto un network di gruppi molto diversi fra loro con idee e aspirazioni in comune [53]. Molti movimenti del potenziale umano -- ancora una volta, l’esempio di Scientology è particolarmente evidente -- sono strutturati in modo rigidamente gerarchico, agli antipodi (sembrerebbe) del New Age [54]. Tuttavia, se il New Age non è dal punto di vista tecnico un nuovo movimento religioso (precisamente perché non è un "movimento"), al suo interno è proposta, circola, è suggerita una "religione del Sé", una "sacralizzazione della persona" (vista più spesso come creatore che non come creatura) tale da giustificare il parallelo con i movimenti del potenziale umano. Heelas ritiene che il New Age e la "religione dei seminari" facciano parte di una più vasta "spiritualità del Sé" (in cui include anche un altro aspetto -- oggi non più soltanto folkloristico, considerato il numero delle persone coinvolte -- dell’innovazione religiosa occidentale, i cosiddetti "culti" dei dischi volanti). Ci si può chiedere se -- con il declino del New Age e la sua progressiva sostituzione con forme che non annunciano più un rinnovamento globale del Pianeta, ma piuttosto un ingresso privato e individuale in una nuova e superiore sfera di felicità (il cosiddetto Next Age)[55] -- non ci trovi di fronte a un passaggio, per certi versi inquietante, da una "religione del Sé" a una "religione del Me". In ogni caso, il successo di alcuni movimenti del potenziale umano -- sopravvalutato talora sul piano delle statistiche, ma non inesistente -- mette in luce un’altra tendenza-chiave della spiritualità contemporanea: la "sacralizzazione del Sé", che si esprime anche nel New Age e in altri fenomeni.

 

Nuovi movimenti magici

Esistono movimenti che, da un punto di vista sociologico, si strutturano con forme simili ai nuovi movimenti religiosi, ma dove l’esperienza che è proposta non è tanto religiosa quanto magica. Nel 1990 ho proposto di chiamare questi gruppi "nuovi movimenti magici" [56], e l’espressione è stata adottata da molti, al di là di quanto io stesso avrei potuto prevedere. Ero consapevole, all’epoca, che anche la distinzione fra "magia" e "religione" non è ovvia, e dipende dalla definizione di "religione" (e di magia) che si adotta. In generale -- seguendo una nota distinzione di Mircea Eliade -- si può dire che la religione sia un’esperienza del sacro, una ierofania, che implica una certa gratuità, mentre la magia è un’esperienza del potere, una cratofania, in cui si cerca un rapporto dove l'uomo manipola il sacro e lo mette al suo servizio [57]. Il pensiero magico ha una versione colta, l’esoterismo, il cui influsso sulla cultura occidentale, sull’arte, sulla politica non deve essere sottovalutato [58], e una versione "popolare", la cosiddetta folk magic, in cui maghi a pagamento stabiliscono con i loro clienti rapporti di tipo prevalentemente economico, con scarso contenuto dottrinale o culturale. Tra l’esoterismo in alto, e la folk magic in basso, si colloca il mondo dei nuovi movimenti magici. La sociologia ottocentesca riteneva che la magia fosse esperienza eminentemente individuale, e che non si prestasse a essere praticata in gruppo. Come il calabrone, di cui si dice che secondo le leggi dell’aerodinamica non potrebbe volare -- ma il calabrone non lo sa, e vola lo stesso -- anche i movimenti magici, incuranti dei sociologi, hanno cominciato a organizzarsi alla fine dell’Ottocento (con qualche precedente settecentesco), e oggi sono diffusi in molti paesi del mondo. Possono essere distinti a seconda del tipo di esperienza magica che propongono (spiritismo, magia cerimoniale, occultismo, satanismo), o anche del mito fondatore o del periodo storico cui fanno riferimento (movimenti neo-gnostici, neo-pagani, neo-stregonici, neo-templari, neo-rosacrociani, e così via). I movimenti che hanno avuto maggiore influenza nell’ambito più vasto della nuova religiosità contemporanea sono gli ordini di magia cerimoniale -- come l’Ordine Ermetico della Golden Dawn, fiorito in Inghilterra particolarmente nell’ultimo decennio dell’Ottocento, con una notevole influenza sulla vita artistica e letteraria, e l’O.T.O. (Ordo Templi Orientis), diretto in una fase centrale del suo sviluppo dal celebre mago "nero" inglese Aleister Crowley (1875-1947) -- e alcuni movimenti esoterici di tipo neo-gnostico, come quelli che fanno riferimento al mito dei rosacroce. La neo-stregoneria raduna decine di migliaia di fedeli, particolarmente negli Stati Uniti con il nome di wicca (termine inglese antico per witchcraft, "stregoneria"), e si presenta come una religione della natura neo-pagana. A differenza di quanto avviene in alcuni paesi europei, la wicca degli Stati Uniti insiste sulle sue differenze con il satanismo, che considera una forma primitiva e inferiore di protesta anticristiana (mentre la vera alternativa al cristianesimo sarebbe il ritorno a forme di paganesimo precristiano).

Naturalmente, non tutti i movimenti di tipo magico, ovvero che praticano la magia cerimoniale o l’occultismo, sono satanisti. Un teologo potrebbe dare all’espressione "satanismo" un significato più vasto, ma normalmente gli specialisti di nuovi movimenti religiosi fanno rientrare in questa categoria soltanto i gruppi che -- considerandolo una persona o un semplice simbolo -- venerano con pratiche reiterate di tipo liturgico o para-liturgico il personaggio chiamato Diavolo o Satana nella Bibbia [59]. Se è vero che il satanismo mutua dalla magia cerimoniale e dall’occultismo molti dei suoi riti -- particolarmente rituali a sfondo sessuale --, è altrettanto vero che gli altri movimenti magici spesso hanno opinioni piuttosto negative nei confronti dei satanisti. Il satanismo organizzato -- gruppi di adulti con un minimo di organizzazione (sedi, riviste, libri, gerarchie) -- è un fenomeno spesso sopravvalutato, che interessa in realtà solo qualche migliaio di persone nel mondo intero. Molto più diffuso -- e difficile da stimare -- è un satanismo selvaggio (chiamato talora "acido" per i suoi collegamenti con il mondo della droga), fenomeno di imitazione in cui si muovono bande giovanili (ispirate spesso dalla musica, dai fumetti o da qualche film), senza contatti con la tradizione "storica" del satanismo. Proprio il satanismo "selvaggio" -- tra l’altro, molto più difficile da sorvegliare per le forze di polizia -- si rivela spesso veramente pericoloso, ed è in questo ambiente che sono maturati negli ultimi anni crimini di varia gravità, dal vandalismo nei confronti di chiese e cimiteri fino alla violenza carnale e, in qualche caso, all’omicidio "rituale" [60]. Se si eccettua il caso -- che occupa più spesso le cronache giornalistiche, ma è minoritario -- del satanismo, i nuovi movimenti magici non sono spesso oggetto di indagini articolate. Sono tuttavia interessanti come punta di un iceberg che ha dimensioni molto più vaste: il cosiddetto "ritorno della magia", che porta numerosissime persone a rivolgersi a maghi a pagamento, indovini, cartomanti, e a credere nell’efficacia delle pratiche magiche. Anche il rinnovato interesse per la magia è un sintomo della crisi della modernità e del passaggio al postmoderno.

 

III. Alcune conclusioni

Se per "nuove religioni" intendiamo un universo di appartenenze, un mondo di movimenti organizzati e gerarchici, si può parlare di "esplosione delle nuove religioni" con riferimento alla moltiplicazione dei gruppi e delle sigle, ma non alla moltiplicazione del numero degli aderenti. Anche se alcuni gruppi -- come i mormoni, i testimoni di Geova o la Soka Gakkai -- coinvolgono milioni di persone, le percentuali complessive degli aderenti ai nuovi movimenti religiosi sull’insieme della popolazione rimangono relativamente basse, particolarmente in Occidente. Se invece per "nuove religioni" intendiamo non soltanto sistemi di appartenenze ai movimenti organizzati ma anche sistemi di credenze -- che non necessariamente si traducono nell’adesione a un movimento -, allora parlare di "esplosione delle nuove religioni" è pienamente giustificato. Nel clima postmoderno del "ritorno del sacro" crescono, come si è visto, alcuni movimenti all’interno delle religioni storiche e delle Chiese maggioritarie. Crescono, certamente, alcuni nuovi movimenti religiosi. Ma soprattutto cresce l’area del believing without belonging, del "credere senza appartenere". E se ci si chiede -- all’interno di quest’area -- in che cosa chi non "appartiene" vuole comunque "credere", la risposta deve fare riferimento non soltanto -- forse non principalmente -- a credenze di tipo tradizionale, ma a credenze nuove. Da questo punto di vista tracciare una mappa dei nuovi movimenti religiosi che oggi hanno un certo successo è importante, perché ogni "famiglia" di nuovi movimenti religiosi ci segnala esigenze e credenze diffuse ben al di là dei suoi confini. Così, i nuovi movimenti religiosi a simbologia cristiana rimandano all’interesse per l’escatologia, le profezie apocalittiche e la fine del mondo. I nuovi movimenti religiosi di origine orientale sono un indice del grande interesse che circonda le teorie della reincarnazione. I movimenti del potenziale umano e altri nati in Occidente per innovazione -- come pure il New Age -- rinviano a un tema oggi molto diffuso (e, dal punto di vista della fede cattolica, preoccupante): quello della "sacralizzazione del Sé", della "spiritualità del Sé" che rischia, in questa fine di ventesimo secolo (con il passaggio dal New Age al cosiddetto Next Age) di diventare semplicemente "spiritualità del Me". Infine, i nuovi movimenti magici testimoniano e sottolineano la crescita -- o il ritorno -- di diffuse credenze nella magia, il ricorso a pratiche magiche, la consultazione di "professionisti dell’occulto".

Così, lo studio dei nuovi movimenti religiosi aiuta non soltanto a capire quali esigenze muovono i loro aderenti ma anche quali idee religiose o spirituali circolano all’interno di quell’area molto più vasta in cui si situa chi "crede senza appartenere". Occorre, peraltro, diffidare della facile dicotomia che vorrebbe distinguere il mondo religioso in "noi" e "loro". Di qua "noi", i cattolici, che -- fedeli alla fede che ci è stata trasmessa -- rifiutiamo credenze eterodosse. Di là "loro", gli altri, coloro che appartengono a un movimento religioso nuovo ovvero, credendo "senza appartenere" ad alcun gruppo, facilmente cadono in credenze strane, irrazionali, superstiziose. Il quadro -- purtroppo -- è più complesso. Le indagini sociologiche mostrano che credenze come quella nella reincarnazione [61], nell’efficacia delle pratiche magiche, nel carattere affidabile delle profezie sulla fine del mondo certamente diminuiscono in percentuale se si interroga non la popolazione generale ma un campione di cattolici che sono intervistati all’uscita della Messa domenicale. Diminuiscono ancora se si intervistano cattolici impegnati in un gruppo parrocchiale o in un movimento. Diminuiscono: ma non spariscono. Indagini effettuate in Italia e in altri paesi mostrano come queste credenze siano presenti anche fra coloro che frequentano la Messa domenicale, con percentuali solo leggermente minori rispetto a quelle della popolazione in generale. Se si passa a intervistare cattolici impegnati regolarmente in un gruppo parrocchiale o in un movimento le percentuali scendono in modo molto più significativo, ma -- lungi dallo sparire -- rimangono, per alcune delle credenze neo-religiose indicate, intorno o sopra al dieci per cento [62]. La catechesi, dunque, fa certamente diminuire l’influenza delle idee neo-religiose, ma non la elimina. Qualche volta "noi" siamo "loro", o "loro" sono "noi".

Questi dati -- e la diffusione della nuova religiosità in genere -- devono indurre a riflettere sulla qualità particolare del nostro tempo, e sulle sfide che pone alla Chiesa e alla pastorale. Non si tratta tanto di riposare contenti sugli allori delle nostre certezze, ringraziando il Signore per non essere come "loro", come quelli che professano credenze "strane". Si tratta piuttosto di riflettere sulle occasioni che pone all’evangelizzazione il passaggio al postmoderno. Molte persone, si potrebbe dire tutto un popolo che aveva manifestato in decenni passati un minore interesse per il sacro e per la religione si è rimesso in movimento. Ma questo movimento è confuso, oscillante, ambiguo. Un popolo che professa interesse per il sacro si è messo in cammino, ma sembra non sapere dove andare. La domanda di sacro, di spiritualità, di religione esiste, c’è un percorso per cui molti si avviano: ma, al termine di questo percorso, potranno incontrare la verità ovvero l’errore, qualche volta l’inganno o perfino la tragedia. Come si presenterà il ritorno del sacro nel secolo XXI? Come saranno gli scenari religiosi del prossimo secolo? Sono domande a cui è difficile rispondere se non si è presuntuosi, o se non si ritiene di potersi affidare a una sfera di cristallo. C’è qualcosa, tuttavia, che -- di fronte alle occasioni di ogni epoca storica -- il cristiano può sapere con certezza. Il futuro è nelle mani di Dio ma, in via -- evidentemente -- subordinata a Dio, è anche nelle nostre. Il futuro sarà come sapremo costruirlo, e dipende anche dal nostro impegno e dalla nostra capacità. Se i ricercatori di sacro, che manifestano un nuovo interesse per la sfera del religioso, incontreranno o meno la verità al termine del loro sofferto cammino dipende anche dai cristiani: da noi, dalla nostra capacità di essere al posto giusto, e di parlare il linguaggio giusto, perché questo popolo possa veramente trovare quello che confusamente ricerca. La Chiesa, in quest’ultimo scorcio di ventesimo secolo, ci ha offerto un nome e un programma per questo sforzo di incontrare chi si riavvicina -- certo, in modo incerto e ambiguo -- alle "domande serie" che hanno a che fare con il sacro e la religione. Questo sforzo si chiama, semplicemente, nuova evangelizzazione.

 

Massimo Introvigne

 

 

Sommario

Nell’epoca postmoderna il "ritorno del sacro" si esprime sia in un "credere senza appartenere" (believing without belonging), sia nella diffusione di nuovi movimenti religiosi. Si possono distinguere: movimenti a simbologia cristiana, la cui esigenza fondamentale fa spesso riferimento all’escatologia e alla fine del mondo; movimenti di origine orientale, molti dei quali annunciano la dottrina della reincarnazione; movimenti del potenziale umano, nati in Occidente per innovazione, che -- come fa anche gran parte del New Age -- diffondono una spiritualità o una sacralizzazione del Sé; e nuovi movimenti magici, forme organizzate di un interesse per la magia e per l’occulto che è largamente diffuso nella società. La loro presenza conferma l’ipotesi del "ritorno del sacro", che si presenta come un’occasione e una sfida per la nuova evangelizzazione.

 

Note

  1. [torna]Giovanni Paolo II, enciclica Fides et ratio, del 14 settembre 1998, n. 91.
  2. [torna]Ibid., n. 48.
  3. [torna]Cfr. Harvey G. Cox, The Secular City, Macmillan, New York 1965 (tr. it.: La città secolare, Vallecchi, Firenze 1968).
  4. [torna]H.G. Cox, Fire from Heaven. The Rise of Pentecostal Spirituality and the Reshaping of Religion in the Twenty-First Century, Addison-Wesley, Reading (Massachussetts) 1995, p. XV.
  5. [torna]Cfr. per esempio i saggi raccolti nell’opera curata da Michel André, Sortie des religions, retour du religieux, Astragale, Lille 1992.
  6. [torna]Cfr. Gilles Kepel, La revanche de Dieu. Chrétiens, juifs et musulmans à la reconquête du monde, Seuil, Parigi 1991 (ed. ingl.: The Revenge of God. The Resurgence of Islam, Christianity, and Judaism in the Modern World, Pennsylvania State University Press, University Park (Pennsylvania) 1994; tr. it.: La rivincita di Dio, Rizzoli, Milano 1991).
  7. [torna]H.G. Cox, Fire from Heaven, cit., p. XVI.
  8. [torna]Stephen L. Carter, The Culture of Disbelief. How American Law and Politics Trivialize Religious Devotion, Basic Books, New York 1993.
  9. [torna]Laurence R. Iannaccone, "Introduction to the Economics of Religion", Journal of Economic Literature, vol. XXXVI (settembre 1998), pp. 1465-1496 (p. 1468).
  10. [torna]Cfr. ibid., p. 1469.
  11. [torna]Cfr. Daniel Boy -- Guy Michélat, "Premiers résultats de l’enquête sur les croyances aux parasciences", in La pensée scientifique et les parasciences, Albin Michel -- Cité des sciences et de l’industrie, Parigi 1993.
  12. [torna]Cfr. Robin Gill, The Myth of the Empty Church, SPCK, Londra 1993.
  13. [torna]Cfr. L.A. Iannaccone, op. cit.; Franco Garelli, Religione e Chiesa in Italia, Il Mulino, Bologna 1991.
  14. [torna]J. Gordon Melton, Encyclopedia of American Religions, 6ª ed., Gale, Detroit 1999.
  15. [torna]F. Garelli, op. cit., pp. 12-16.
  16. [torna]Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale Polizia di Prevenzione, Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia, rapporto del febbraio 1998.
  17. [torna]Grace Davie, Religion in Britain since 1945. Believing without Belonging, Blackwell, Oxford 1994.
  18. [torna]Cfr. sul punto F. Garelli, op. cit. Parliamo qui di cittadini italiani. Se volessimo prendere in esame le persone presenti sul territorio italiano, la percentuale di aderenti a minoranze religiose salirebbe perché salirebbe il numero dei musulmani. La grande maggioranza dei musulmani presenti in Italia non è composta da cittadini italiani.
  19. [torna]Danièle Hervieu-Leger, La Religion pour Mémoire, Cerf, Parigi 1993.
  20. [torna]Per ulteriori annotazioni su questo tema cfr. il mio Il sacro postmoderno. Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Gribaudi, Milano 1996.
  21. [torna]Bhaktivedanta S. Prabhupada, La reincarnazione: la scienza eterna della vita, tr. it., Edizioni Bhaktivedanta, Firenze 1983.
  22. [torna]James Redfield, The Celestine Prophecy. An Adventure, 2ª ed., Warner Books, New York 1994 (l’autore aveva pubblicato una prima edizione in forma privata a Hoover [Alabama] nel 1989); tr. it.: La profezia di Celestino. Romanzo, Corbaccio, Milano 1994.
  23. [torna]Anche la letteratura non direttamente "spirituale" è un indicatore delle aspirazioni religiose implicite o sommerse nella nostra società. Così la straordinaria popolarità del genere horror -- anche nella letteratura giovanile -- mostra il fascino profondo del tema della morte e dell’immortalità: cfr. sul punto Edward J. Ingebretsen, S.J.., Maps of Heaven, Maps of Hell. Religious Terror as Memory from the Puritans to Stephen King, M. E. Sharpe, Armonk (New York) -- Londra 1996; e il mio La stirpe di Dracula. Indagine sul vampirismo dall’antichità ai nostri giorni, Mondadori, Milano 1997.
  24. [torna]Ernst Troeltsch, Le dottrine sociali delle Chiese e dei gruppi cristiani, tr. it., 2 voll., La Nuova Italia, Firenze 1941-1960.
  25. [torna]Rodney Stark -- William Sims Bainbridge, The Future of Religion. Secularization, Revival, and Cult Formation, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-Londra 1985.
  26. [torna]Ibid., pp. 24-26.
  27. [torna]Cfr. W.S. Bainbridge, The Sociology of Religious Movements, Routledge, New York-Londra 1997; R. Stark -- W.S. Bainbridge, Religion, Deviance, and Social Control, Routledge, New York-Londra 1997.
  28. [torna]Per una ricostruzione cfr. Jean-François Mayer, Le mythe du Temple Solaire, Georg, Ginevra 1996; ed. it. aggiornata: Il Tempio Solare, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997.
  29. [torna]Su cui cfr. il mio Heaven’s Gate. Il paradiso non può attendere, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997.
  30. [torna]Per una serie di critiche, da prospettive diverse, del rapporto parlamentare francese del 1996 Les Sectes en France, cfr. gli studi raccolti nel testo curato da me e da J. Gordon Melton, Pour en finir avec les sectes. Le débat sur le rapport de la commission parlementaire, 3ª ed., Dervy, Parigi 1996. La migliore storia delle controversie sulle "sette" in tema di "lavaggio del cervello" si trova nella tesi di dottorato di Dick L. Anthony, "Brainwashing and Totalitarian Influence: An Exploration of Admissibility Criteria for Testimony in Brainwashing Trials", Graduate Theological Union, Berkeley (California) 1996. I documenti principali della controversia statunitense degli anni 1980 su questo tema sono riprodotti nel sito Internet del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni): https://www.cesnur.org/APA_Documents.htm
  31. [torna]A proposito della lista del rapporto francese, un documento del Segretariato Generale della Conferenza Episcopale francese si preoccupava per esempio "di vedere circolare nei mezzi di comunicazione di massa, che si riferiscono al rapporto, liste di gruppi qualificati come ‘sette’ di cui ci si domanda chi le ha ispirate, sostituendosi all’autorità giudiziaria con una condanna dove l’accusato non è stato ascoltato secondo le regole del diritto in un processo contraddittorio e legale" (L’Eglise catholique et les sectes, documento del Segretariato Generale della Conferenza Episcopale francese del 6 febbraio 1996, n. 4). La risposta alla domanda su "chi ha ispirato" non solo le "liste", ma l’idea stessa che la compilazione di elenchi di "sette pericolose" sia possibile e opportuna presupporrebbe una ricognizione storica sul cosiddetto movimento anti-sette e sulla sua ideologia, su cui cfr. il mio Il sacro postmoderno, cit., pp. 141-253; e Anson Shupe -- David G. Bromley (a cura di), Anti-Cult Movements in Cross-Cultural Perspective, Garland, New York -- Londra 1994.
  32. [torna]Sui problemi terminologici in genere cfr. il mio "Nel Paese del punto esclamativo: ‘sette’, ‘culti’, ‘pseudo-religioni’ o ‘nuove religioni’?", Studia Missionalia, n. 41 (1992), pp. 1-26.
  33. [torna]Card. Francis Arinze, La sfida delle sette o nuovi movimenti religiosi: un approccio pastorale, relazione generale al Concistoro straordinario del 1991, n. 6 (il testo è pubblicato in traduzione italiana in appendice al mio La questione della nuova religiosità, Cristianità, Piacenza 1993, pp. 59-93).
  34. [torna]Ibid., n. 7.
  35. [torna]Su questi problemi cfr. il mio I protestanti, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1998.
  36. [torna]Su questo problema, e sulla fecondità metodologica delle categorie della Relazione generale del 1991, cfr. il mio "Christian New Religious Movements: A Roman Catholic Perspective", in Eileen Barker -- Margit Warburg (a cura di), New Religions and New Religiosity, Aarhus University Press, Aarhus 1998, pp. 243-261.
  37. [torna]Fanno eccezione i gruppi oneness del mondo pentecostale che battezzano soltanto "nel nome di Gesù Cristo" e rifiutano la Trinità. Peraltro la loro posizione è spesso rappresentata in modo semplicistico, e negli ultimi anni si sono moltiplicati i contatti e i momenti di dialogo fra pentecostali oneness e altri pentecostali. Cfr. sul punto il mio "La sfida pentecostale: origini, storia e sociologia dei movimenti pentecostali e carismatici", in CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), La sfida pentecostale, a cura di M. Introvigne, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1996, pp. 13-83.
  38. [torna]Cfr. Jan Shipps, Mormonism. The Story of a New Religious Tradition, University of Illinois Press, Urbana-Chicago 1985.
  39. [torna]Sulle evoluzioni recenti di questo movimento cfr. J. Gordon Melton, Dai Bambini di Dio a The Family, ed. it., Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997.
  40. [torna]Su questi sviluppi cfr. il mio La Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997.
  41. [torna]Una categoria speciale di nuovi movimenti religiosi di origine protestante o cristiana è costituita dalle "Chiese africane indipendenti e movimenti profetici o messianici in Africa" citati anche nella Relazione generale del 1991 al n. 7. Questi movimenti presentano caratteristiche specifiche. Sono così numerosi (diverse migliaia) che ne sono state proposte, a loro volta, sottodivisioni e tipologie.
  42. [torna]Per una panoramica cfr. Stephen J. Stein (a cura di), Encyclopedia of Apocalypticism, 3 voll., Continuum, New York 1998 (soprattutto il vol. III); e il mio Mille e non più mille. Millenarismo e nuove religioni alle soglie del Duemila, Gribaudi, Milano 1995.
  43. [torna]Cfr. sul punto James Santucci, La Società Teosofica, ed. it., Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1999.
  44. [torna]Cfr. Reinhart Hummel, Les Gourous, Cerf, Parigi e Fides, Montreal 1988, pp. 15-16. Nella stessa India i guru hanno un ruolo importante nei movimenti nazionalisti e anti-occidentali: cfr. Lise McKean, Divine Enterprise. Gurus and the Hindu Nationalist Movement, University of Chicago Press, Chicago 1996.
  45. [torna]Cfr. Charles R. Brooks, The Hare Krishnas in India, Princeton University Press, Princeton (New Jersey) 1989.
  46. [torna]Cfr. Karel Dobbelaere, La Soka Gakkai. Un movimento di laici diventa una religione, ed. it., Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1998.
  47. [torna]Cfr. Judith Coney, Sahaja Yoga, Curzon, Richmond (Surrey) 1998.
  48. [torna]Cfr. sul punto, per un’analisi degli sviluppi recenti, Laurence Bernard-Mirtil, Sûkyô Mahikari. Une nouvelle religion venue du Japon, Editions Bell Vision, Trignac 1998; e il mio Sûkyô Mahikari, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1999.
  49. [torna]Cfr., con riferimento ai movimenti a simbologia cristiana nati in Giappone, Mark R. Mullins, Christianity Made in Japan. A Study of Indigenous Movements, University of Hawaii Press, Honolulu 1998.
  50. [torna]Cfr. Mario Aldo Toscano, Liturgia del moderno: positivisti a Rio de Janeiro, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 1992.
  51. [torna]Cfr. Arthur L. Greil, "Sacred Claims: The ‘Cult Controversy’ as a Struggle for the Right to the Religious Label", in David G. Bromley -- Lewis E. Carter (a cura di), The Issue of Authenticity in the Study of Religion, JAI Press, Greenwich (Connecticut) 1996, pp. 47-63.
  52. [torna]Cfr. Paul Heelas, The New Age Movement. The Celebration of the Self and the Sacralization of Modernity, Blackwell, Cambridge 1996.
  53. [torna]Cfr. sul punto il mio Storia del New Age 1962-1992, Cristianità, Piacenza 1994; e PierLuigi Zoccatelli, Il New Age, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997.
  54. [torna]Cfr. sul punto J. Gordon Melton, La Chiesa di Scientology, ed. it., Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1998.
  55. [torna]Cfr. Massimo Introvigne -- PierLuigi Zoccatelli, Dal New Age al Next Age, Giunti, Firenze 1999. L’espressione "Next Age" ha avuto origine all’interno del mondo del New Age nell’Europa continentale, ed è pressoché ignota negli Stati Uniti. La crisi del New Age, con la riduzione dell’aspirazione utopistica verso una società globalmente rinnovata a un anelito privatistico a una vita personale più piena e felice, è stata invece descritta anzitutto negli Stati Uniti: cfr. sul punto J. Gordon Melton, "The Future of the New Age Movement", in E. Barker -- M. Warburg, New Religions and New Religiosity, cit., pp. 133-149.
  56. [torna]Cfr. il mio Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, SugarCo, Milano 1990.
  57. [torna]Cfr. Mircea Eliade, Le sacré et le profane, Gallimard, Parigi 1965 (tr. it.: Il sacro e il profano, P. Boringhieri, Torino 1967).
  58. [torna]Cfr., per i problemi metodologici e storici in tema di definizione e di studio dell’esoterismo, Antoine Faivre -- Wouter J. Hanegraaff (a cura di), Western Esotericism and the Science of Religion, Peeters, Lovanio 1998.
  59. [torna]Per una storia di questo fenomeno cfr. il mio Indagine sul Satanismo. Satanisti e anti-satanisti dal Seicento ai nostri giorni, Mondadori, Milano 1994. Più brevemente cfr. il mio Il satanismo, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997.
  60. [torna]Anche il numero di omicidi compiuti da gruppi satanisti è talora sopravvalutato. Fonti giornalistiche parlano di migliaia, qualche volta addirittura di decine di migliaia di casi. Sarebbe peraltro un errore -- di segno contrario -- sostenere, semplicemente, che omicidi non si verifichino mai nel mondo del satanismo. Ci sono almeno una quindicina di episodi, negli ultimi vent’anni, in cui i tribunali hanno condannato esponenti del satanismo (in genere "selvaggio") per casi di omicidio. Considerando che altri casi possono non essere stati scoperti, siamo nell’ordine di qualche decina di omicidi nel giro di vent’anni. Ma si tratta sempre di venti o trenta omicidi di troppo, che giustificano la sorveglianza di un ambiente potenzialmente pericoloso. Accanto alla vigilanza, è peraltro opportuna un’indagine sulle cause della devianza giovanile che si esprime nel satanismo "selvaggio": cfr. sul punto Joyce Mercer, Behind the Mask of Adolescent Satanism, Deaconess Press, Minneapolis 1991.
  61. [torna]Di un certo credito gode, anche presso alcuni cattolici, la tesi -- totalmente falsa -- secondo cui i primi cattolici avrebbero creduto nella reincarnazione; per una confutazione cfr. Pietro Cantoni, Cristianesimo e reincarnazione, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997. Più in generale, sull’incompatibilità fra fede cattolica e reincarnazione, cfr. il testo del vescovo cattolico di Copenaghen, mons. Hans Ludvig Martensen, S. J., Reincarnazione e dottrina cattolica. La Chiesa di fronte alla dottrina della reincarnazione, tr. it., Cristianità, Piacenza 1994; e il libro dell’arcivescovo di Vienna, card. Christoph Schönborn, Risurrezione e reincarnazione, tr. it., Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 1990.
  62. [torna]Per esempi e analisi di statistiche di questo genere in alcuni regioni d’Italia cfr. Luigi Berzano -- Massimo Introvigne, La sfida infinita. La nuova religiosità nella Sicilia centrale, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 1994; L. Berzano -- M. Introvigne, Il gigante invisibile. Nuove credenze e minoranze religiose nella provincia di Foggia, N.E.D., Foggia 1997.

 


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