CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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800 pagine in formato tascabile dense di nomi, dati, fatti, riferimenti e una ricca iconografia documentale che si leggono però come un romanzo d’appendice, mallevadrice la prosa ricercata e colto, fatta anche di molte maiuscole e parecchi guizzi di stile, ma mai inutilmente pomposa o autocompiacente, di un autore che scrive di Clio come un formidabile Emilio Salgari. È la nuova edizione aggiornata di Storia della massoneria italiana, un classico che, dopo avere visto la luce nel 1976, torna ora per i tipi di Bompiani avendo subito molti aggiornamenti sino a quest’ultimo, esplicitato dal nuovo sottotitolo: dal 1717 al 2018. Tre secoli di un Ordine iniziatico. La firma è quella di Aldo Alessandro Mola, elegante e meticoloso storico cuneese, classe 1943, un nome che per molti versi non ha bisogno di presentazioni (è pure riuscito ad apparire in televisione senza svendere la serietà per un quarto d’ora di applausi né posare seriosamente). Dal 1967 pubblica opere su Partito d’Azione, Risorgimento, unificazione politica della Penisola italiana e protagonisti celebri di quella stagione quali Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi e i sovrani di Casa Savoia. Imponente la sua Storia della monarchia in Italia (Bompiani 2002), monumentale il suo Giovanni Giolitti (Bompiani 2003), illuminante il suo Silvio Pellico (Bompiani 2004) - che finalmente restituisce l’identità cattolica e non giacobina del “martire dello Spielberg” -, definitivo il suo Giosue Carducci (Bompiani 2006) rigorosamente senza accento. Monarchico, docente a contratto di Storia contemporanea nell’Università degli Studi di Milano e contitolare della Cattedra Théodore Verhaegen nell’Università Libera di Bruxelles, è presidente del comitato scientifico del mensile Storia in rete nonché membro della giuria del Premio Acqui Storia. Dal 1986 è direttore del Centro per la storia della Massoneria, di cui è certamente un amico e un estimatore, ma anzitutto il massimo storico italiano.
Inizio con una domanda che può apparire “tecnica”, ma un giudizio sul punto, proferito da lei, è di indubbio valore scientifico. Se il suo Storia della massoneria in Italia è un classico di riferimento da più di quattro decenni, accanto a esso svetta certamente un altre grande classico, Storia della massoneria in Italia dalle origini alla rivoluzione francese dallo storico e partigiano azionista istriano Carlo Francovich (1910-1990), pubblicato a Firenze nel 1974 da La Nuova Itali e ripubblicato nel 2013 dalla milanese Ghibli con il titolo Storia della massoneria in Italia. I Liberi Muratori italiani dalle origini alla rivoluzione francese. Come valuta l’opera di Francovich?
Francovich, che mi onorò della sua fraterna amicizia, ebbe il merito di “sdoganare” il tema, all’epoca considerato scientificamente irrilevante, se non sconveniente. Lo fece senza nuove ricerche d’archivio, ma sulla base delle opere erudite di Pericle Maruzzi, Renato Soriga e altri. Con un pregiudizio, però: secondo lui la massoneria aveva esaurito la propria “missione” innovativa con la Rivoluzione Francese e con la trasformazione delle logge in club rivoluzionari (il che, peraltro, non è vero: molti massoni furono vittime della Rivoluzione e non avevano affatto voluto il Terrore giacobino che li sterminò, inclusa la principessa di Lamballe, unico membro di Casa Savoia sicuramente in loggia, ma, appunto, donna). Anche nell’Otto-Novecento, a giudizio di Francovich, le logge ebbero qualche valore; non in quanto tali, però, bensì quale “schermo” per azioni politiche “progressiste” e “patriottico-nazionali”. A quel modo anche Francovich, pur benemerito, spogliò nuovamente la massoneria della propria identità e la regalò all’antimassonismo perpetuo, incluso quello dell’estrema Sinistra.
Entriamo nel merito. Lei afferma che quando la massoneria, nata ufficialmente a Londra nel 1717, approda in Italia pochissimi anni dopo, forse per la prima volta nel 1723 a Girifalco, in Calabria, si tratta in verità un ritorno a casa, della «restituzione del suo magistero”: umanesimo, rinascimento, neoplatonismo, magismo. Il padre gesuita Florido Giantulli (1906-1974) pubblicò a suo tempo uno degli studi più penetranti sul tema, frutto di documentazione ricca e a volte rara (così la definì, il padre paolino Rosario F. Esposito [1921-2007], fautore dell’incontro fra cattolicesimo e massoneria), un piccolo, denso saggio intitolato, eloquentemente, L’essenza della massoneria italiana: il naturalismo (Pucci Cipriani, Firenze 1973). È corretto dire che lo spirito liberomuratorio sia il superamento del cristianesimo cattolico (se vuole “magisteriale”, “dogmatico”, “papista”) per sublimazione ottenuta attraverso il ricupero di dottrine da un lato precristiane dall’altro cristiane eterodosse, e che dunque sia questo il fulcro originario dell’incompatibilità fra Libera Muratoria e ortodossia cattolica?
Non spetta a me, ma al Magistero pontificio indicare le motivazioni dell’incompatibilità tra ortodossia cattolica e massoneria. La costituzione apostolica di Clemente XII (1738), la bolla di Benedetto XIV e i documenti dell’Ottocento (Pio VII, Pio IX, Leone XIII) nel merito risultano molto vaghi. Perciò vari studiosi (padre Giantulli incluso) hanno cercato di “interpretare”. Da circa tre anni la spiegazione è divenuta più netta e chiara: la massoneria affonda radici nel pelagianesimo e nel neognosticismo, come ha denunciato Papa Francesco. Questa intuizione fu proposta da p. Augustin Barruel (1741-1820) per spiegare la Rivoluzione Francese quale manifestazione del manicheismo, ma poi lasciata cadere. Certo, la massoneria d’inizio Settecento, attraverso l’antiquaria e l’enciclopedismo, “relativizza” la Rivelazione e il Libro (tutti i Libri, bene inteso) come aspetti particolari dello Spirito Universale.
La massoneria fa dell’antidogmatismo un punto qualificante, e addirittura d’onore, della propria filosofia. Gli specialisti parlano spesso più che altro di “metodo massonico”. Lei, da storico, è d’accordo con questa formula? E in cosa consiste?
Con il padre gesuita Giovanni Caprile passammo giorni a conversare sul “dogmatismo”. Per il pensiero cattolico, il “dogma” non è mai stato di ostacolo alla “ricerca”, dalla Patristica ai dottori della Chiesa, ma all'interno della Rivelazione. Per i massoni invece, come detto, la Rivelazione non è “vincolante”. E questo fa l’enorme differenza: il Mistero dell’Incarnazione. Certo, la differenza non comporta che un credente si precluda di cercare di capire l’orizzonte meta-confessionale della massoneria: un mondo comunque “altro” rispetto a quello delle singole “religioni”, delle Verità che “legano insieme” i propri credenti. Purtroppo alcuni ecclesiastici ritennero che il confronto (o dialogo) dovesse “per forza” generare la “doppia appartenenza”. Osservo, di passaggio, che padre Rosario Esposito, non venne propriamente iniziato massone, ma accolto dalla Gran Loggia d’Italia in spirito fraterno. Era una stagione particolare, di ricerca di abbracci a qualunque costo. Ricordo, per esempio, che il gran maestro del Grande Oriente d’Italia (GOI) inviò una onorificenza massonica a papa san Giovanni Paolo II, che la restituì al mittente osservando che il Pontefice con riceve “insegne” da altri.
Perdoni la sinteticità icastica, forse persino la brutalità, con cui formulo questa domanda. La massoneria è relativismo?
La massoneria è ricerca. Vi sono dunque possibili ampi tratti comuni, percorribili da massoni osservanti di diverse fedi. Però da un certo livello in poi, il massone, se è tale, rimane solo nel proprio percorso, che è “solitario”, ma, al tempo stesso, “collegiale”, perché (mai dimenticare!) il massone non è un solipsista: si realizza obbligatoriamente nel “travaglio di loggia”.
Che rapporto esiste fra Libera Muratoria ed esoterismo da un lato, occultismo dall’altro?
Il gran maestro Giordano Gamberini (1915-2003), già vescovo della Chiesa gnostica, amava ripetermi che dalla sua fondazione, nel 1717-1723 (anno della pubblicazione della “Costituzione” della “Fraternità” detta “di Anderson”), la massoneria aveva messo in guardia dalle “contaminazioni”: discussioni di religione, di partiti politici, iniziazione femminile ed esoterismo, fomite di confusione culturale e di suggestioni avventurose. Tra la massoneria, che è ricerca razionale (anche quando sonda Misteri), e occultismo vi è un abisso incolmabile. L’una è incompatibile con l’altro; e viceversa. Ben inteso, in loggia (o in “certe” logge) vi furono anche sedicenti o pretesi “maghi”: non in Officine regolari, però, ma in frange confusionarie. Del resto va ricordato che nel Settecento si contarono migliaia di ecclesiastici iniziati in loggia, malgrado le due scomuniche dei Papi. Ciononostante, le logge non divennero né cattoliche né clericali. Il nodo, a tale riguardo, è che la “massoneria” è divenuta nei secoli il paravento di una quantità enorme e variegata di “invenzioni” e di “abusi”.
Non posso a questo punto non porle la domanda che tutti si attendono che io ponga a un esperto assoluto dell’argomento qual è lei. Ci sono vescovi, magari persino cardinali massoni?
Per quanto so, si tratta di insinuazioni. In seno al collegio cardinalizio vi sono visioni diversificate sulla condotta magisteriale del Vicario di Cristo, sicché persino recenti encicliche sono state motivo di dibattito, anche vibrante. Altra cosa è la valutazione della condotta della Santa Sede quale autorità statuale e politica, inevitabilmente tenuta a confrontarsi con poteri a lungo ritenuti geneticamente estranei e ostili: dall’ONU alla miriade di agenzie internazionali e sovrannazionali. In molti Paesi (specie dell’America centro-meridionale) è ampiamente documentata l’interessenza tra episcopato e massoneria (è il caso del Costa Rica), ma sono realtà da indagare sul piano storiografico, senza frettolose deduzioni dottrinarie.
Passiamo alla storia. Nel suo libro scrive: «l’Italia, preunitaria e postunitaria, non può essere disgiunta dalla massoneria». Ci spiega il senso profondo di questa frase tanto impegnativa?
Ho documentato (ritengo in via definitiva) che in Italia la massoneria prese corpo solo dopo il 1861, cioè dopo la proclamazione del regno unitario, e che rimase policentrica, lacerata in “organizzazioni” contrapposte, a caccia di riconoscimenti esteri (anche per corpi rituali, come il Supremo Consiglio del Rito scozzese antico e accettato). Non esiste continuità logico-cronologica né diplomatica tra il Grande Oriente d’Italia, insediato a Milano dal Supremo Consiglio scozzesista istituito a Parigi il 16 marzo 1805, e il Grande Oriente, sorto a Torino nel 1861, dal quale discende l’attuale. Nondimeno, la massoneria italiana elaborò e prestò allo Stato nascente il programma civile e culturale di cui la classe dirigente aveva bisogno dopo la cesura netta e per decenni incolmabile con la Chiesa. È un prodotto della storia, dei “fatti”, non di un programma propriamente “spirituale”. Non a caso ministri massoni della Pubblica istruzione non si opposero all’insegnamento del Catechismo nella scuola pubblica dell’obbligo e quando, nel 1908, il socialista Leonida Bissolati propose l’esclusione della religione dalla scuola, fu il massone Saverio Fera, pastore protestante, a condannare la “mozione” e i provvedimenti del gran maestro contro i deputati massoni che non la votarono, dando vita alla Gran Loggia d’Italia, in nome della libertà di coscienza propria dei massoni. All’epoca, il Grande Oriente era indulgente verso militanti di un “libero pensiero” intriso di irreligiosità e persino di ateismo. L’intervento nella “Grande guerra”, improvvidamente voluto anche dal Grande Oriente, mutò tutto e dette spazio alle correnti intrinsecamente antimassoniche: nazionalisti, sindacalisti rivoluzionari e due figure curiose, Gabriele d’Annunzio e Benito Mussolini. Non vi potevano essere in Italia due “partiti nazionali”. Alla fine prevalse il più opportunista, il “fascismo”, un “partito spugna”, che assorbì anche tanti massoni.
C’è un argomento “scottante” cui lei ha dedicato una monografia, Gelli e la P2. Fra cronaca e storia (Bastogi, Foggia 2008.). Appunto Licio Gelli (1919-12015) e la loggia “Propaganda massonica” 2, nota a tutti come “P2”. Elenchi, complotti, servizi segreti, pezzi delle istituzioni deviati, persino strategia della tensione e terrorismo. Inevitabile toccare il punto parlando di massoneria e Italia. Non le domanderò, però, se quel che nei decenni si è detto e ripetuto su Gelli e la P2 “sia vero”. Le chiedo invece di riassumere i legami fra P2 e massoneria tout court (italiana e non). La P2 fu una loggia deviata? E se sì, quanto e rispetto a cosa? Del resto, d’accordo, la P2: ma allora c’era (o c’è), sopra, come “si dice”, una “P1”? Se sì, che cosa è? Del resto perché altrimenti quel “2” orfano?...
La loggia “Propaganda Massonica” venne costituita nel 1877 per iniziativa di Adriano Lemmi (1822-1906), gran tesoriere del GOI da quello stesso anno, gran maestro aggiunto dal 1882 ed effettivo dal 1885 al 1896: l’unico massone ad aver prospettato un programma massonico organico verso lo Stato, di concerto con Francesco Crispi, presidente del Consiglio dal 1877a l1891 e dal 1893 al 1896, e con Carducci, entrambi massoni: riforme (incluso il Codice penale che abolì la pena di morte, un primato civile dell’Italia, 1889) a sostegno della monarchia, Istituzione garante dello Stato. La “Propaganda” era stata preceduta dalla Loggia “Universo” (Firenze, 1867, poi traslata a Roma), che raccolse il meglio della dirigenza politica, La “Propaganda” fu la “vetrina” dell’Ordine, ma ebbe modesta influenza effettiva. Fu una delle poche logge non sciolte dopo il 1925 e si fece rappresentare a Parigi alle assemblee del Grande Oriente dell'Esilio (1930-1937). Alla ripresa, nel 1945, alle logge venne assegnato un numero distintivo. La Santorre di Santarosa di Alessandria ebbe il n.1; la Propaganda il 2. Non è mai esistita una Propaganda 1. A Torino vi è la Propaganda 14 (non ne fece parte Carlo De Benedetti quando si fece iniziare massone). La Propaganda 2 faceva regolarmente parte del Grande Oriente, ma con regolamento speciale: esclusione del diritto di visita da parte degli altri affiliati. Nell’età del gran maestro Lino Salvini (1925-1982), che ne affidò il venerabilato a Gelli, non venne mai riunita e crebbe ad almeno 950 componenti (circa), forse molti di più, come ho documentato. Divenne il punto di incontro di una dirigenza in cerca di stabilità e di riconoscimento della massoneria da parte dello Stato e all’estero, anche in forma di organizzazione mondiale, riconosciuta dall’ONU come ong.
Sfioro un altro aspetto classico, addirittura a volte uno stilema della “questione massonica”. Si ripete e spesso si presume che la massoneria coincida con la ricchezza (per esempio con il mondo dell’“alta finanza”) dei poteri sovranazionali, insomma che sia “il potere forte dei poteri forti”. Non le domando nemmeno stavolta se sia vero o no, o se lei lo creda o meno, perché innescheremmo un ennesimo valzer delle opinioni. Le domando invece da cosa origini, nella mentalità diffusa ma anche a livello erudito, l’identificazione tra massoneria e “potere”.
Indubbiamente lo è nei Paesi ove essa si identificava con lo Stato: gli Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna, i Paesi scandinavi, i Paesi Bassi, la Francia, ove il Grande Oriente è tutt’uno con le “Marianne” quale ne sia la forma (impero, repubblica, etc.). Non lo è dove essa o non si riconosce pienamente nello Stato (fu il caso dell’Italia tra il 1861 e il 1925, a parte la parentesi di Lemmi-Crispi-Carducci) o non è riconosciuta affatto, come dal 1945 a oggi in Italia, ove nel tempo ha subito varie offensive (l’affare P2, l’inchiesta condotta dal magistrato Agostino Cordova, una serie di altre vicissitudini, scissioni, e così via) e ora è sotto assedio dal “contratto per il governo per il cambiamento” mirante a escludere i massoni dal governo, mentre alcuni propongono per legge l’esclusione dei massoni dal pubblico impiego. Poteri forti? Lascio giudicare al lettore.... Gli Stati esteri, anche ad alto tasso massonico (ma ormai sono pochi), tratteranno con il governo italiano anche se massonofobo, come fecero con quello di Mussolini: gli affari sono affari; e le armi pure.
Quanto potere hanno oggi i massoni nel mondo?
Ormai è modesto. Vi sono altre e molto potenti organizzazioni sovrannazionali, indifferenti agli aspetti ritualistici propri dell’Ordine iniziatico.
C’è un aspetto affascinante della questione che certo non può essere esaurito in poche righe, ma che almeno un cenno lo merita. Nelle pagine del suo studio torna di continuo. È il rapporto fra massoneria e ideocrazie, governi autoritari e regimi totalitari. Un rapporto strano e ambiguo, enigmatico e talora inquietante. Mi spiego. Uno dei leit-motiv del suo studio è la massoneria come affermazione di tolleranza e di libertà ubique. Una “società aperta” (mi accorgo di quanto sia paradossale questa definizione per una istituzione che viene descritta come una “setta”) la quale si scontra per ciò stesso inevitabilmente con le “società chiuse”, avendone, finché queste ultime detengono il potere, la peggio. La massoneria insomma - mi concederà la sintesi - come garanzia di democraticità, in netta contraddizione rispetto all’idea che la vorrebbe invece come (ne discuteva poc’anzi) “potere”, e “potere occulto”. Nondimeno i percorsi delle ideocrazie, dei governi autoritari e dei sistemi totalitari s’intrecciano oggettivamente e documentatamente con le vie delle logge, quanto meno nella fasi di “stato nascente” che preparano l’ascesa al potere dei regimi (le quale sono peraltro quelle più feconde e importanti). Sono i casi della Rivoluzione Francese (1789-1799), della stagione napoleonica (1799-1814), del Risorgimento italiano (1815-1871), del fascismo in Italia (1922-1943) Repubblica Sociale Italiana (1943-1945) compresa, del Terzo Reich nazionalsocialista tedesco (1933-1945) e persino del comunismo diventato Stato a partire dal 1917 in Russia (e lì, solo lì, imploso nel 1991). L’assiomaticità ideologica contro l’antidogmatismo assoluto: ma non sempre contro...
La massoneria si considera élite: “aristocrazia” della “democrazia”, opposta alla oclocrazia (il governo delle masse) e ai suoi miti estemporanei, fatalmente precipitanti in regimi dipotici. Per continuare la propria “missione” essa ha tentato spesso compromessi nicodemistici, occultandosi all’interno di regimi massonofagi per controllarli dall’interno e conservare almeno una scintilla della “Vera Luce”. Una valutazione equilibrata richiede di confrontarla con la condotta dei gesuiti per non essere cacciati dall’Estremo Oriente e per vivere in Paesi non cattolici (Russia, Prussia...) dopo lo scioglimento della Compagnia e con quella dei Templari dopo il rogo del loro ultimo maestro. Al culmine della crisi del 1925 alcuni massoni in Italia capirono che la vera salvezza dell’Ordine era possibile solo imboccando la via del “segreto per davvero”. Forse è quanto si prospetta all’orizzonte in Italia nel terzo centenario della nascita della massoneria universale.
Una ultima domanda. Maestro riconosciuto di storia massonica e amico di molti massoni italiani ed esteri, le danno del massone, e non per complimento. Lei è massone?
No. Ho ricevuto numerosi attestati di apprezzamento in Italia e all’estero (Francia, America meridionale, Europa orientale) da parte di singoli massoni, di logge e di corpi massonici e ho assistito a “tenute”, le riunioni in loggia (non solo “bianche”, cioè aperte ai profani). Lo storico ha motivo di conoscere il Soggetto dei suoi studi, anche per rispetto degli eventuali lettori delle sue opere. Quando si parla di iniziazione massonica, non basta leggere i documenti, occorre andare Oltre. Si parva licet, i due maggiori studiosi del papato, l’austriaco Ludwig von Pastor (1854-1923) e il tedesco Ferdinand Gregorovius (1821-1891), non erano cattolici, ma vissero a Roma frequentando ecclesiastici... Certo molti sono rimasti delusi di non trovarmi nei piè di lista di logge riservate, italiane o estere. Per loro consolazione, osservo che quando venne iniziato alla loggia Les Noeuf Soeurs di Parigi, Voltaire cinse ai fianchi il grembiule di un ecclesiastico cattolico che ne faceva parte. Morì pochi mesi dopo. Non vedo motivo di affrettare i tempi...