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E il Papa cita Pascal per spiegare il concetto di modernità

di Massimo Introvigne (Corriere della Sera, giovedì 25 novembre 2010, inserto Sette, numero 47)

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Pascal è diventato un autore frequentemente citato dai Papi, da Paolo VI a Benedetto XVI passando per Giovanni Paolo II. Papa Ratzinger lo definisce in un discorso del 3 dicembre 2008 – né si tratta del solo riferimento – “grande pensatore”, capace di vedere contro ogni eccessivo ottimismo della ragione l’importanza del peccato originale, il “potere del male nelle nostre anime”, un “fiume sporco, che avvelena la geografia della storia umana”. Il Papa libera implicitamente Pascal dalle accuse secondo cui l’autore dei Pensieri negherebbe la bontà originaria della natura umana. Ma, spiega Benedetto XVI, Pascal fu capace di vedere una “seconda natura”, che erroneamente “fa apparire il male come normale per l’uomo” e che “si sovrappone alla nostra natura originaria, buona”.

La posta in gioco è enorme, e spiega i frequenti riferimenti a Pascal e ai Pensieri di Papa Ratzinger e dei suoi immediati predecessori. Si tratta infatti del giudizio della Chiesa sulla modernità. Lo stesso Benedetto XVI ha parlato nel viaggio in Portogallo degli “errori e vicoli senza uscita” in cui la modernità si è infilata. Altrove – nell’enciclica Spe salvi del 2007, e non solo – ha descritto l’itinerario degli errori della modernità, in un modo non dissimile da autori della scuola contro-rivoluzionaria come il brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira, come la sequenza che va da Lutero all’illuminismo anticlericale, alle ideologie del XX secolo e al nichilismo contemporaneo. Ma questa è tutta modernità? Qui si gioca anche un’altra partita, dove c’entra Pascal e che è carissima a Benedetto XVI: l’interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Ancora nel viaggio in Portogallo, il Papa distingue nella modernità “istanze” e domande cui era necessario rispondere, e che la Chiesa con il Concilio ha assunto nella loro parte migliore, e risposte sbagliate, che invece il Vaticano II – a meno d’interpretarlo, sbagliando, in discontinuità con tutta la tradizione cattolica precedente – non ha voluto fare proprie.

Dunque, non tutto nella modernità è ostile alla Chiesa. C’è una linea – non dominante, ma non inesistente – che ha accolto le domande moderne cercando risposte originali in linea con la tradizione cattolica. Un tema centrale del pensiero del filosofo cattolico italiano Augusto Del Noce, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, è precisamente quello secondo cui da Cartesio non parte una sola linea di pensiero moderno, quella che porta al razionalismo anticristiano e alle ideologie del Novecento, ma due.

C’è una seconda linea che da Cartesio porta a Pascal, nel quale per Del Noce coesistono “il più radicale cartesianismo e il più radicale anticartesianismo”, così che il rapporto fra i due filosofi francesi non è – come molti pensano – una semplice contrapposizione. Questa linea secondo Del Noce passa da Pascal, tramite il filosofo francese Nicolas Malebranche, agli italiani Giambattista Vico e Antonio Rosmini, non a caso beatificato proprio da Benedetto XVI.

Certo, la linea “buona” della modernità, di cui Pascal è un momento essenziale, rimane minoritaria. Ma per Benedetto XVI questa è la vera linea del Vaticano II. Il Papa critica così – le espressioni sono sue – sia gli “anticonciliaristi” che vorrebbero una Chiesa chiusa alle istanze della modernità, sia i “progressisti” che attribuiscono al Concilio anche le risposte ideologiche moderne. Se è così, Pascal e i suoi Pensieri restano di grande attualità per capire l’odierna stagione della Chiesa Cattolica.