CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Il dramma dell'Europa senza Cristo

di Domenico Airoma (Il Corriere del Sud, anno XV, n. 13, 16 agosto 2006, p. IV)

Il dramma dell’Europa senza Cristo. Il relativismo europeo nello scontro di civiltà (Sugarco, Milano 2006, pp. 192, euro 16,00) costituisce per Massimo Introvigne una sorta di opera prima.

L’autore, sociologo e storico delle religioni, fondatore e direttore del Cesnur, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, ha firmato numerosissime pubblicazioni, tra libri ed articoli, in Italia ed all’estero, in materia di movimenti religiosi, fondamentalismo e terrorismo; e tuttavia, come egli stesso confessa nella Nota Introduttiva, “questo volume è diverso”. Se, infatti, le precedenti pubblicazioni sono, in quanto testi scientifici sulle religioni, “value-free prive di giudizi di valore”, “stavolta, invece – così esordisce Introvigne – ho ritenuto opportuno [...] ‘scendere in campo’, rivolgermi da cattolico ai cattolici”, e questo a causa “del carattere drammatico della crisi dell’Europa, che sconsiglia anche agli intellettuali di rimanere chiusi nelle loro ‘torri d’avorio’”.

Per la verità Introvigne già ha dimostrato di raccogliere l’invito, lanciato da Benedetto XVI ai laici ed agli uomini di cultura, di difendere l’identità cattolica e occidentale dell’Europa dalla minaccia di un relativismo sempre più aggressivo e multiforme. I numerosi articoli apparsi su Cristianità,  Il Timone, Il Giornale, L’Indipendente e Il Domenicale, raccolti e rivisitati in questo volume, hanno da tempo segnato l’ingresso di Introvigne nel territorio dell’apologetica, senza che ciò abbia rappresentato per lui l’abbandono dell’abito di sociologo, ma, al contrario, dando vita ad una sintesi tanto felice quanto feconda.

Prova ne sia l’accuratezza di analisi degli aspetti della crisi europea – cui viene dedicato l’intero primo capitolo -, la profonda disamina dei rapporti fra laicismo, multiculturalismo e fondamentalismo, la descrizione delle manifestazioni della crisi, non ultime anche quelle che interessano aspetti a torto considerati marginali, quali l’eleganza e la bellezza.

Sicché, anche quelle che appaiono – e l’Autore stesso definisce – digressioni (tratte da esperienze personali maturate nei luoghi più diversi del mondo, da Sidney a Damasco, dalla Mongolia a Kuala Lumpur, da Cracovia a Toronto, o da personaggi dei fumetti o di famosi serial televisivi), in realtà forniscono al lettore l’opportunità di riflettere – sfruttando un angolo visuale indubbiamente privilegiato, per informazioni e capacità di indagine – sui molteplici aspetti in cui si manifesta quel fenomeno battezzato da Samuel P. Huntington come “scontro di civiltà”, rispetto al quale, unico antidoto, non può che essere il dialogo delle civiltà.

Il dialogo, però, presuppone che ciascuna civiltà abbia da dire qualcosa alle altre; il dramma è proprio qui: dinanzi all’aggressione, verbale e non solo, soprattutto dell’islam, l’Europa tace.

Tace, scegliendo di non scegliere e di non schierarsi, ripetendo quel triste cliché già sperimentato, durante tutto il Secolo del male – secondo la definizione del Novecento di Henri Besançon -, nei confronti del nazionalsocialismo, un cliché che è sintomo di debolezza, nel pensiero prima ancora che nella politica internazionale.

Tace, rinunciando ad affermare il primato della morale sulla politica, della verità sulla libertà, trasformando in diritto ogni desiderio, dal matrimonio omosessuale all’eugenetica, dall’eutanasia all’uso delle droghe.

Tace, lentamente suicidandosi, evitando che altri europei vengano alla luce, non avendo più fiducia in sé stessa, speranza nel proprio futuro, un’eredità da trasmettere.

Tace – e qui la diagnosi lascia già intravedere la terapia – perché prigioniera di ricatti che ne paralizzano ogni forma di salutare reazione. Innanzitutto, il ricatto secondo cui chi non è laicista è fondamentalista, ricatto cui non sono sfuggiti, “cattolici e uomini di Chiesa, che – osserva Introvigne – da anni hanno ritenuto doveroso abbracciare una nozione di modernità di cui laicismo, relativismo e culturalismo sono componenti costitutive”. O, ancora, il ricatto “secondo cui, per non essere fondamentalisti, occorre fare concessioni al laicismo”, tentazione in cui più volte è caduto – nota ancora l’Autore – “un mondo che si auto-definisce di destra”.

E’ il silenzio di un mondo in frantumi, secondo la nota espressione di Solzenicyn: dove ad essere frammentato non è solo il corpo sociale, ma anche le visioni del mondo di ciascuno. Ma è il silenzio di un mondo che c’è, che vive, seppur debilitato da un morbo secolare che ne ha sfigurato l’identità.

Questo mondo è l’Occidente, nato e svilluppatosi attorno al cristianesimo, unico discrimine tra l’Europa e l’Eurabia (secondo la brillante definizione di Oriana Fallaci), vero collante di mondi tra loro distanti, anche interi oceani.

Ora, è ovvio – avverte Introvigne – che l’Occidente in cui viviamo non è più la civiltà cristiana. Tuttavia – per la verità soprattutto negli Stati Uniti […] – permangono elementi di continuità evidenti (che si manifestano persino in sede elettorale, come mostra il peso della ‘questione morale’ nella vittoria di Bush), che permettono di affermare che l’Occidente esiste ancora”.

Si tratta, dunque, per l’Europa e per l’Occidente di recuperare il centro, che non può che essere Cristo, e di ri-orientare verso quel centro le proprie scelte.

Ed infatti, “per poter dialogare con le altre civiltà, occorre anzitutto ritrovare sia una consapevolezza teorica della propria identità, sia quella consapevolezza pratica che abbiamo definito identificazione. Ma se la situazione è di crisi, e di quell’antico plesso di identità e di identificazione che era la cristianità europea sono rimasti solo residui, come muoversi in direzione della costruzione di una nuova sintesi tra identità e identificazione che, se non sarà identica all’antica cristianità, dovrà essere tuttavia ispirata agli stessi principi, che non mutano? E’ questo il problema impostato da Giovanni Paolo II con il costante richiamo alla nuova evangelizzazione”.

Una sfida, che giocandosi innanzitutto su un terreno culturale (essendo lo scontro di civiltà un conflitto fra culture, prima ancora che di tipo ideologico o economico), chiama in causa in modo particolare tutte quelle associazioni e movimenti – tra i quali Alleanza Cattolica, cui Introvigne, da dirigente, dedica uno specifico approfondimento – che si propongono la diffusione apologetica – dunque anche polemica (cioè non politically correct) – della dottrina sociale della Chiesa.

Tutto ciò richiede di rimettere gerarchia nelle proprie occupazioni, abbandonando le etiche centrate sul lavoro e riscoprendo il rapporto con sé stesso e con gli altri, anche attraverso il fare baldoria, cioè il “dedicarsi a occupazioni rituali piacevoli e ostentatamente non produttive”, tornando a fare esperienza della bellezza, attraverso la quale “intuiamo l’esistenza di una fonte originaria del Bello, quel Pulchrum assoluto che coincide con Dio stesso”.

Massimo Introvigne, Il dramma dell'Europa senza Cristo. Il relativismo europeo nello scontro delle civilta
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Il dramma dell'Europa senza Cristo. Il relativismo europeo nello scontro delle civiltà
Sugarco, Milano 2006