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Apripista per i gay

di Massimo Introvigne (il Giornale, 13 dicembre 2006)

Si comincia a parlare di Pacs e dal fronte dell'Unione tocca sentire una serie di scempiaggini. C'è per esempio la sociologa Chiara Saraceno che, certo obnubilata dalla passione politica, scrive che in Francia il riconoscimento delle unioni omosessuali non ha portato a un aggravamento della crisi demografica ma a una risalita delle nascite. Sarebbe come dire che la formazione del governo Prodi ha portato l'Italia a vincere i mondiali di calcio: si tratta di due dati contemporanei ma non correlati. Chiunque abbia studiato la situazione francese sa che l'aumento del numero dei nati non dipende certo dai Pacs ma dai numerosi cittadini francesi di religione islamica. Se si sottrae al totale dei nati in Francia il numero dei nati da genitori musulmani (che certamente non ricorrono ai Pacs) la Francia non sta tanto meglio dell'Italia.

Ai cattolici dell'Unione si cerca invece di vendere, alternando bastone e carota, la tesi secondo cui o si prendono i Pacs oggi o avranno il matrimonio omosessuale domani. Bugia, già smentita proprio in Francia: dopo avere sostenuto strumentalmente che i Pacs avrebbero consentito di evitare il matrimonio degli omosessuali, le stesse forze politiche non hanno neppure atteso che si asciugasse l'inchiostro della firma apposta da Chirac alla legge sui Pacs per depositare una proposta sul matrimonio gay. Ai cattolici dell'Unione consigliamo la lettura di un aureo volumetto del filosofo francese (laico) Thibaud Collin, Il matrimonio gay. Collin sostiene che i Pacs, presentati come una alternativa al matrimonio omosessuale, si rivelano invece un apripista, una tappa in un processo verso la legalizzazione di questo matrimonio e dell'adozione di figli da parte di coppie gay.

Per Collin una società è democratica soltanto se riposa su alcuni principi del senso comune, accettati dalla grande maggioranza dei cittadini. Tra questi c'è anche la nozione che un figlio sia tale in quanto ha un padre e una madre e che il matrimonio sia l'unione fra un uomo e una donna. Questi principi costituiscono anche il retroterra etico su cui la stessa democrazia si fonda, così che il fatto che un governo sia stato eletto dalla maggioranza non gli consente di per sé di modificarli.

Il comunismo, prosegue Collin, ha sostenuto che alcuni di questi principi, come la tutela della proprietà privata e l'idea che l'oppositore politico non può essere incarcerato o ucciso in quanto ostacola il progresso, ancorché condivisi dalla maggioranza, derivano da una «falsa coscienza» indotta dal capitalismo. Una minoranza illuminata ha dunque il diritto e il dovere di imporre alla maggioranza - per il suo stesso bene, di cui però la maggioranza non è consapevole - il loro rovesciamento.

Oggi una rivoluzione ulteriore al marxismo, secondo il filosofo francese, ragiona nello stesso modo. Sa bene che la maggioranza è contraria al matrimonio degli omosessuali, e al fatto che due persone dello stesso sesso possano «avere» (per adozione o fecondazione artificiale) dei figli. Ma sostiene che questa opposizione deriva da una «falsa coscienza» indotta dall'«omofobia». La minoranza illuminata che ha «preso coscienza» della falsità dell'opinione maggioritaria deve dunque imporre il «progresso» alla maggioranza non sufficientemente consapevole. Con il che, conclude Collin, si scardinano sia la democrazia sia il retroterra etico che la fonda. Chi lotta contro i Pacs, apripista e non alternativa al matrimonio omosessuale, difende dunque la democrazia per tutti.