I fatti sono noti. L’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), il cui presidente fa parte della Consulta per l’islam italiano istituita dall’ex ministro Pisanu, ha fatto pubblicare a pagamento su diversi quotidiani un’inserzione che paragona Israele alla Germania nazista. Il ministro Amato ha convocato la Consulta per discutere il caso. Chi fin dall’inizio non voleva l’Ucoii nella Consulta ne approfitta per attaccare l’ex ministro e il precedente governo.
La legge istitutiva della Consulta ne fa un luogo dove il governo si confronta con esponenti dell’islam scelti - così recita la legge - «a prescindere da ogni carattere rappresentativo». La Consulta non crea un’impossibile «Chiesa islamica» in Italia e non pretende di rappresentare l’islam italiano. Diversamente, non avrebbe senso il fatto che al suo interno hanno un voto intellettuali islamici rispettabilissimi ma che rappresentano solo se stessi, e un voto i rappresentanti di organizzazioni che attraverso le moschee loro fedeli controllano migliaia o anche decine di migliaia di musulmani. D’altro canto, le indagini sociologiche mostrano che la maggioranza dei fedeli dell’islam presenti in Italia non conosce nessuna delle varie organizzazioni islamiche italiane né la Consulta, che dunque certamente non può parlare a nome dei musulmani italiani.
Tuttavia, le associazioni islamiche non sono tutte uguali. Ci sono gruppi - come l’Associazione delle donne marocchine della signora Souad Sbai, di tendenza laica, e la Coreis, di ispirazione sufi - che contano aderenti e simpatizzanti in un ordine che va dalle centinaia alle poche migliaia di persone. C’è la Lega musulmana mondiale dell’ex ambasciatore Scialoja a Roma, autorevole per il controllo della moschea di Roma e i legami privilegiati con gli Stati arabi. E c’è l’Ucoii, l’unica organizzazione a suo modo «rappresentativa» perché - anche se non controlla la maggioranza dei musulmani italiani - ha dalla sua oltre l’ottanta per cento delle moschee. Il problema della Consulta è che le organizzazioni moderate come quelle della Sbai o la Coreis hanno pochi aderenti. L’unica organizzazione con molti aderenti, l’Ucoii, ha una dirigenza neofondamentalista con parecchi leader storicamente vicini alla casa madre del fondamentalismo mondiale, i Fratelli Musulmani.
Una Consulta con l’Ucoii è dunque una Consulta con i fondamentalisti. Una Consulta senza Ucoii è una Consulta dove è rappresentata una frazione minima dell’islam italiano. In Francia Sarkozy (che non è Diliberto, e neppure Chirac) ha accolto in una Consulta simile l’Ucoif, il gemello francese dell’Ucoii, e si è preso critiche analoghe. La scommessa era che, dialogando con grandi istituzioni fondamentaliste, si facesse emergere al loro interno una componente non violenta e ostile al terrorismo.
Le bravate dell’Ucoii sembrerebbero indicare che in Italia la scommessa è stata persa. Ma in realtà le Consulte sono strumenti la cui utilità dipende da chi li tiene in mano. Un Sarkozy, o un Pisanu in Italia, potevano permettersi i neofondamentalisti nelle Consulte, perché queste presenze erano bilanciate dalla linea inequivocabile del ministero e del governo. Sono le ambiguità di Prodi e D’Alema che rendono la presenza dell’Ucoii - che trova nella nuova maggioranza sponde che non aveva nella vecchia - assai più discutibile oggi che ieri. È l’attuale governo che rende la Consulta con l’Ucoii uno strumento ambiguo e pericoloso, e non viceversa.