CESNUR - center for studies on new religions

Cinquemila devoti nell’Italia satanista

di Giusi Fasano (Corriere della Sera, 6 giugno 2004)

imgPochi i gruppi organizzati, spesso composti da adulti. Molti i giovani adepti tra Internet e «subcultura musicale»

Una cosa è certa: la mappa del satanismo in Italia si può tracciare soltanto a matita. Nessun numero sicuro. Solo stime in continua evoluzione. I conteggi più recenti dicono che sono al massimo 250 i satanisti organizzati. Dai 2 ai 5 mila, invece, i «cani sciolti». Spesso del tutto regolari le attività dei primi, decisamente più pericolose le pratiche esoteriche degli altri. Due i punti che accomunano tutti: Internet e quella che gli studiosi del fenomeno chiamano «subcultura musicale». Nel nostro Paese le radici delle sette sataniche non hanno mai trovato terreno fertile. I casi di reati che hanno collegamenti accertati con riti satanici sono poca cosa se confrontati - per gravità dei fatti e per quantità - alle storiacce registrate dalle cronache negli Stati Uniti o in alcuni Paesi del Nord Europa come la Norvegia o la Danimarca. «Da noi i numeri non giustificherebbero l’attenzione data altrove a questo argomento» conferma Massimo Introvigne, sociologo, direttore del Centro studi sulle nuove religioni di Torino e uno dei massimi esperti italiani di satanismo.

DIFFERENZE - Dall’Università del Michigan, dove sta partecipando a un convegno proprio sull’esoterismo, Introvigne prova a disegnare l’Italia dei riti notturni e dei figli di Satana. Prima di tutto quella premessa: la differenza fondamentale fra il cosiddetto «satanismo degli adulti» e quello giovanile. Il primo è fatto di gruppi organizzati, con sedi, fondatori, riviste, riunioni e quant’altro può essere in qualche modo tenuto a bada da specialisti del settore o da polizia e carabinieri. Di questo filone farebbero parte fra le 200 e le 250 persone divise fra la Chiesa di Satana di orientamento razionalista, la Chiesa di Satana occultista, la setta dei Bambini di Satana e pochi altri gruppi minori. Le loro attività - più da massoni che da creature del maligno - sono ridotte al minimo: minate dalla morte del fondatore e gran maestro, come nel caso della Chiesa di Satana, oppure affondate dalle disavventure giudiziarie (anche se finite con l’assoluzione) com’è successo ai Bambini i Satana, capeggiati da «Bestia 666», all’anagrafe Marco Dimitri, ex guardia giurata invaghita del «mondo del male». Oggi i Bambini di Satana contano più o meno una cinquantina di adepti. E il gruppo non si è infoltito nemmeno quando il processo contro i capi della setta ha deciso che «il fatto non sussiste»: non ci sono mai stati, cioè, né sacrifici umani, né violenze, né patti di sangue col diavolo, come volevano le accuse. Soltanto una questione è rimasta in piedi: la violazione della legge in tema fiscale. Perché Dimitri - tanto accorto da volere nel suo nome diabolico il 666 che indica il demonio secondo l’Apocalisse di Giovanni - ha commesso una leggerezza all’Al Capone: faceva pagare gli «spettatori» per assistere ai riti senza emettere nessun tipo di ricevuta fiscale.

I PIÙ PERICOLOSI - I gruppi organizzati, dunque, non preoccupano più di tanto. Detto questo «il satanismo degli adulti non è privo di responsabilità - valuta Introvigne - quanto meno per aver fatto da cattivo maestro».
Ma tutt’altra cosa sono i satanisti «selvaggi»: «Le forze dell’ordine stimano che siano dai 2 mila ai 4-5 mila - dice ancora il sociologo - ma nessuno può dire davvero quanti siano. Certo è che loro sono più pericolosi. Seguono una sorta di fai da te del satanismo, si nutrono di contatti con la subcultura satanica, non pubblicano nulla, non hanno né sedi, né riviste e restano nella clandestinità finché non succede qualcosa che li mette in luce e generalmente si tratta di un fatto grave». Insomma: sono incontrollabili. Spesso si drogano, non hanno dottrina né sanno granché sul fenomeno delle sette e sui loro capi storici. Di punti in comune con i gruppi più regolari hanno la musica dei «metallari» duri, specie quella che inneggia alla violenza, e la consultazione di siti Internet che ostentano espressioni e ferri del mestiere: dalle formule da usare nei riti alle fruste, candele, catene e via dicendo.
Questo non significa, naturalmente, che ciascuno di loro sia pronto a impugnare un coltello per compiere uno qualsiasi degli atti che l’immaginario collettivo associa al satanista. «Quello che la maggior parte di loro è pronto a fare è al massimo scrivere bestemmie sulla porta di una chiesa o scoperchiare lapidi in un cimitero - spiega Introvigne -. Le persone che sarebbero disposte a reati molto gravi, qui in Italia, si contano sulle dita di una mano. E sono figure perdenti».

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