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Il terrorismo suicida nella Palestina di oggi

di Giuseppe De Rosa S.I. (La Civiltà Cattolica, quaderno 3668, 19 aprile 2003, pp. 134-141)

Ci si chiede da molte parti, con evidente e comprensibile angoscia, come mai, dopo tanti tentativi e tanti sforzi, non si sia riusciti a risolvere il problema israeliano-palestinese. Non che non ci siano stati momenti in cui la soluzione sembrava vicina e a portata di mano; ma ogni volta i tentativi sono falliti, cosicché oggi la soluzione appare a molti non solo lontana, ma quasi impossibile. C'è forse troppo pessimismo in questo atteggiamento, perché, se ci fosse un maggiore impegno delle due parti in conflitto e un più pressante intervento degli Stati Uniti, la soluzione potrebbe trovarsi. Il dubbio che ciò possa avvenire sta nel fatto che, da una parte e dall'altra, ci sono gruppi che, per motivi soprattutto religiosi, non riescono ad accettare che in Palestina ci siano due Stati – quello israeliano e quello palestinese –, perché ciò comporterebbe una divisione del territorio palestinese che, invece, per disposizione «divina», è tutto d'Israele o è tutto dei palestinesi. Per difendere questo principio «sacro», i gruppi che lo sostengono ricorrono alla lotta armata e ad azioni terroristiche.

Vogliamo qui parlare di Hamas, il più noto di tali gruppi terroristici, sul quale recentemente Massimo Introvigne ha scritto un breve ma denso e assai informato volume [1]. Hamas è un termine che significa «fervore», ma è anche l'abbreviazione di Harakat al–Muqawama al-Islamiyya (Movimento di Resistenza Islamico). Esso è nato nel dicembre 1981 al tempo della prima Intifada (Sollevazione) dei palestinesi contro gli israeliani, in seguito all'uccisione di un colono israeliano, pugnalato in un attentato del Jihad Islamico e alla successiva reazione ebraica, particolarmente dura.

Per comprendere l'ideologia di Hamas bisogna rifarsi all'organizzazione dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas è «una branca in Palestina» [2]. Quello dei Fratelli Musulmani è un movimento fondamentalista islamico, fondato in Egitto nel 1928 da un maestro di scuola, Hasan al-Banna, il cui spirito è ben espresso in queste parole del suo fondatore: «Allah è il nostro Capo. Il Corano è la nostra Costituzione. Il Jihad [la guerra santa] è la nostra via. La morte sul cammino di Allah è il nostro desiderio supremo». Hamas, nell'articolo 8 del suo Statuto, fa di queste parole il suo «motto».

Il fondamentalismo islamico [3] – che è cosa diversa dal «fondamentalismo» americano, riguardante l'interpretazione della Sacra Scrittura – è una corrente di pensiero e di azione, interna al mondo islamico, che si propone tre obiettivi: l'applicazione della sharí'a (legge islamica desunta dal Corano e dalla Tradizione di Muhammad) in tutti i Paesi musulmani; l'unificazione di tutti i Paesi a maggioranza musulmana in una sola realtà politico-religiosa guidata da un califfo, quale rappresentante di Allah; l'islamizzazione del mondo intero. Perciò, il fondamentalismo islamico si oppone ad altre correnti presenti nel mondo musulmano: al nazionalismo, che propone l'istituzione di Stati-nazione, in contrasto con l'istituto del califfato; al conservatorismo, per il grande rispetto che i conservatori hanno per le autorità costituite a cui sono legati e di cui godono i favori; al modernismo, che propone l'adozione di modelli occidentali, sia con la costituzione di Stati laici, sia con l'applicazione del metodo storico-critico nell'interpretazione del Corano. Nei Paesi islamici i modernisti sono pochissimi e hanno uno scarso seguito; ce ne sono di più nei Paesi occidentali e in America, dove occupano spesso cattedre universitarie e compiono un lavoro che nei tempi lunghi potrebbe giovare alla modernizzazione dell'islàm, al quale tuttavia essi intendono restare fedeli.

Hamas è un movimento fondamentalista islamico che si ispira al movimento dei Fratelli Musulmani, ma con caratteri e accentuazioni proprie, che talvolta lo hanno posto in contrasto con al-Fatah (Movimento Nazionale per la Liberazione della Palestina) e con l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), che oggi è diretta da Yassir Arafat e di cui al-Fatah è la maggiore componente. Infatti l'accusa più grave che Hamas muove all'OLP è di aver ceduto all'«invasione ideologica» dell'Occidente, iniziata con le Crociate e perseguita con l'«orientalismo, il lavoro dei missionari e l'imperialismo», fino ad accettare la prospettiva di uno «Stato laico». Infatti l'ideologia «laica» è radicalmente opposta al pensiero «religioso», e dunque alla natura «religiosa», propriamente «islamica», della questione palestinese, secondo Hamas.

Quali sono infatti l'ideologia e la pratica di Hamas, secondo lo Statuto che esso si è dato il 18 agosto 1988? Questo inizia con riportare la frase coranica: «Voi siete la migliore comunità che sia stata suscitata tra gli uominï». La gente del Libro (ebrei e cristiani, che «per la maggior parte sono empi») «non potrà arrecarvi del male, se non debolmente: essi vi combatteranno, ma saranno avviliti dovunque si trovino», perché «hanno meritato la collera di Allah». Quanto a Israele si riporta un detto di Hasan al-Banna, l'imam martire, ucciso nel 1949: «Israele verrà stabilito, e rimarrà in esistenza, finché l'islàm non lo ponga nel nulla, così come ha posto nel nulla altri che furono prima di lui».

È detto all'articolo 1: «La base del Movimento di Resistenza Islamico (Hamas) è l'islàm. Dall'islàm deriva le sue idee e i suoi precetti fondamentali, nonché la visione della vita, dell'universo e dell'umanità; e giudica tutte le sue azioni secondo l'islàm, ed è ispirato dall'íslàm a correggere i suoi errori». Articolo 3: «Hamas consiste di musulmani che si sono dedicati interamente ad Allah e che lo adorano in verità; hanno riconosciuto i loro obblighi di fronte a se stessi, al loro popolo e alla loro terra. In tutto questo, hanno avuto timore di Allah e innalzato la bandiera del Jihad di fronte agli oppressori, per liberare la terra e il popolo dall'immonda sporcizia, dall'impurità e dal male dell'oppressore». Articolo 6: «Hamas è un movimento palestinese unico. Offre la sua fedeltà ad Allah, deriva dall'islàm il suo stile di vita, e si sforza di innalzare la bandiera di Allah su ogni metro quadrato della Palestina».

Articolo 11: «Hamas crede che la Palestina sia un lascito legale (waqf), terra islamica affidata alle generazioni dell'islàm fino al giorno della risurrezione. Non è accettabile rinunciare ad alcuna parte di essa. Nessuno Stato arabo, né tutti gli Stati arabi nel loro insieme, nessun re o presidente, né tutti i re e i presidenti messi insieme, nessuna organizzazione, né tutte le organizzazioni palestinesi o arabe unite hanno il diritto di disporre o di cedere anche un singolo pezzo di terra, perché la Palestina è terra islamica affidata alle generazioni dell'islàm fino al giorno del giudizio [...]. Questa è la regola della sharï`a, e la stessa regola si applica a ogni terra che i musulmani hanno conquistato con la forza, perché al tempo della conquista i musulmani l'hanno consacrata per tutte le generazioni dell'islàm fino al giorno del giudizio».

Articolo 13: «Le iniziative di pace, le cosiddette soluzioni pacifiche, le conferenze internazionali per risolvere il problema palestinese contraddicono tutte le credenze di Hamas. In verità, cedere qualunque parte della Palestina equivale a cedere una parte della religione. [...]. Le conferenze non sono nulla di più che un mezzo per imporre il potere dei miscredenti sui territori dei musulmani. E quando mai i miscredenti hanno reso giustizia ai credenti? [...] Non c'è soluzione per il problema palestinese se non il Jihad. Quanto alle iniziative e conferenze internazionali sono perdite di tempo e giochi da bambini».

Articolo 15: «Quando i nemici usurpano un pezzo di terra islamica, il Jihad diventa un obbligo individuale per ogni musulmano. Di fronte all'usurpazione della Palestina da parte degli ebrei dobbiamo innalzare la bandiera del Jihad [...]. Dobbiamo instillare nelle menti di generazioni di musulmani l'idea che la causa palestinese è una causa religiosa, e dev'essere affrontata su queste basi. La Palestina include santuari islamici come la moschea di al-Aqsa, che è collegata alla Santa Moschea della Mecca dal viaggio del Messaggero di Allah» (si accenna all'isra', cioè al viaggio notturno dalla Mecca a Gerusalemme, compiuto da Muhammad sul cavallo al-Buraq, e al mi’raj, cioè all'«ascensione» di Muhammad dalla moschea al-Aqsa di Gerusalemme al Cielo, dove vede Allah econversa con lui).

Gli articoli 20, 21 e 22 parlano degli ebrei – «un nemico mal–vagio e nazista nella sua condotta» –, che «rovinano la vita delle persone, rubano il loro denaro e minacciano il loro onore». Gli ebrei hanno accumulato un'immensa ricchezza, con cui hanno preso il controllo dei mezzi di comunicazione del mondo (agenzie di stampa, grandi giornali, catene radio-televisive), hanno fatto scoppiare tutte le rivoluzioni, dalla Rivoluzione francese alla Rivoluzione russa, hanno «organizzato la prima guerra mondiale per distruggere il Califfato islamico», hanno fondato la Società delle Nazioni per dominare il mondo, hanno organizzato la seconda guerra mondiale, «nella quale sono diventati favolosamente ricchi grazie al commercio delle armi e del materiale bellico», hanno ordinato che fosse formata l'ONU, per mezzo della quale dominano il mondo, hanno formato organizzazioni segrete (massoneria, Rotary Club, Lions Club, B'na B'rith) «per distruggere la società e promuovere gli interessi sionisti», sono appoggiati dai poteri imperialisti.

Articolo 27: Hamas considera l'OLP «più vicina a sé di ogni altra organizzazione», ma deplora che, sotto la spinta dell'«invasione ideologica» occidentale, abbia «adottato l'idea di uno Stato laico», perché «l'ideologia laica è diametralmente opposta al pensiero religioso»: «Ci rifiutiamo di servirci del pensiero laico per il presente e per il futuro della Palestina, la cui natura è islamica. La natura islamica della questione palestinese è parte integrante della nostra religione, e chi trascura una parte integrante della sua religione certamente è perduto».

Articolo 31: «Hamas è un movimento umanistico. Si occupa dei diritti umani e s'impegna a mantenere la tolleranza islamica nei confronti dei seguaci di altre religioni. È ostile solo a coloro che mostrano ostilità nei riguardi dell'islàm, si mettono di traverso al suo cammino per arrestarlo o ostacolano i suoi sforzi. All'ombra dell'islàm, è possibile ai seguaci delle tre religioni – islàm, cristianesimo ed ebraismo – coesistere in pace e sicurezza. Anzi pace e sicurezza sono possibili solo all'ombra dell'islàm, e la storia antica e quella recente sono i migliori testimoni di questa verità».

Come appare dal suo Statuto, Hamas è un'organizzazione fondamentalista islamica, di natura religiosa, che ha come suo scopo la lotta armata per liberare la Palestina dall'occupazione israeliana, ritenendo che tutta la Palestina sia territorio islamico e quindi «sacro», e debba esserlo fino al giorno del giudizio: ciò comporta la cacciata degli israeliani dalla Palestina. Non accetta perciò la divisione della Palestina in due Stati, uno israeliano e l'altro palestinese, come invece fa l'OLP. È quindi contro ogni accordo di pace tra israeliani e palestinesi.

Così ha rifiutato gli Accordi di Oslo, firmati da Israele e dall'OLP il 13 settembre 1993; e dal 1994, ad ogni tentativo di accordo tra Israele e l'OLP, Hamas risponde con attentati suicidi in territorio israeliano che provocano molte vittime e scatenano la reazione israeliana. Il 23 ottobre 1998 è ripresa, sotto gli auspici di Clinton, a Wye Plantation, la trattativa tra Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese di Arafat, ma Hamas l'ha fatta fallire con la ripresa degli attentati suicidi. Nel 2001 se ne contarono 28, di cui 21 rivendicati da Hamas e sette dal Jihad islamico.

In seguito alla visita di Ariel Sharon alla Spianata del Tempio, sede anche della moschea di al-Aqsa, compiuta il 28 ottobre 2000 e considerata dai palestinesi come una «provocazione», ha inizio la seconda Intifada, in cui Hamas ha una parte di rilievo. Per tutto il 2002 e per il 2003 gli attentati suicidi sono continuati.

Ma chi sono gli autori di questi attentati suicidi? Sono i «nuovi martiri di Allah» [4], giovani cioè che scelgono la morte per motivi di natura essenzialmente religiosa. Nel mondo islamico attuale, il «martirio» viene dalla tradizione sciita, la cui teologia della «morte come significato dell'esistenza» si rifà all'uccisione di Husayn (626-680), terzo imam degli sciiti duodecimani, caduto a Karbala’ nella battaglia contro l'esercito sunnita [5]. Hamas appartiene alla tradizione sunnita; ma ha subito l'influsso degli Hezbullah libanesi, organizzati e finanziati dall'Iran sciita.

Si tratta di giovani, appartenenti in massima parte non agli strati più miseri e disperati della popolazione palestinese ma alla classe media, istruiti e con un buon lavoro, che chiedono di compiere attentati suicidi per l'instaurazione di uno «Stato islamico», cioè a base religiosa e non laica, in Palestina, liberata dagli ebrei. Il loro reclutamento – o meglio, la scelta tra i molti giovani palestinesi che chiedono di essere inviati a compiere attentati suicidi – avviene secondo quattro criteri: la pratica religiosa, l'autorizzazione dei genitori (non si accettano figli unici), la capacità di compiere l'attentato; la probabilità che il suo martirio inciti altri giovani al martirio. Durante la settimana che precede l'attentato due assistenti vivono con il candidato, la cui attenzione è concentrata sul Paradiso, sul trovarsi alla presenza di Allah, sull'incontrare il profeta Muhammad, sulle huri [6] e sulla lotta contro l'occupazione della Palestina, che è «lascito islamico» per tutte le generazioni. Negli ultimi giorni, il candidato compie «gli esercizi spirituali», con lunghi digiuni, lettura di alcune sure del Corano, legate al tema del martirio e al Jihad, veglie di preghiera notturne, ascolto di lunghi sermoni.

Nell'ultimo giorno, il candidato paga i suoi debiti, redige il suo testamento spirituale su carta, su audiocassetta e su videocassetta, si fa fotografare con un'arma e il Corano nelle mani, compie le abluzioni rituali, indossa abiti puliti, visita una moschea, recita l'antica preghiera delle armate musulmane prima della battaglia, mette il Corano nella sua tasca destra e indossa la cintura esplosiva. Il suo superiore lo saluta con le parole: «Allah sia con te, Allah ti conceda il successo perché tu possa conseguire il Paradiso». II candidato risponde: «Se Allah vuole, ci vedremo in Paradiso». Poi parte. Dopo alcune ore, preme il detonatore gridando Allahu akbar («Allah è grande - Ogni lode sia per lui»).

Dopo l'attentato la famiglia organizza per il «martire» una festa simile a quella del matrimonio in cui si servono i piatti tipici delle nozze. Talora è la madre che intona il tradizionale grido di gioia del matrimonio. Immediatamente, sui muri dei Territori appaiono i manifesti che onorano il «martire». Le cassette audio e video da lui lasciate col suo testamento spirituale circolano nei Territori, incitando altri giovani a seguire il suo esempio [7].

L'orrore che desta questa forma di «martirio» è già grande per il fatto che esso comporta la morte di molte persone innocenti: si pensi che in due attentati, perpetrati a Gerusalemme il 25 febbraio e il 3 marzo 1996, furono uccisi 45 passeggeri di un autobus di linea. Ma lo è ancora di più per il fatto che i «martiri» pensino di agire in nome di Dio e attendano da lui il Paradiso proprio per la morte inflitta a se stessi e a molte altre persone. Non può esserci una distorsione più orrenda della religione. Perciò la condanna morale e religiosa del terrorismo suicida di Hamas, come di al-Qaeda, è totale, e nessun fine – sia esso religioso o politico – può in alcuna maniera giustificarlo.

Purtroppo non in tutto il mondo islamico esso è condannato, come sarebbe necessario; anzi in Palestina i «martiri» di Hamas sono esaltati da una notevole parte della popolazione. La cosa è molto triste, perché il terrorismo suicida, da una parte, danneggia l'islàm come religione, facendolo apparire come una religione che incoraggia e giustifica l'assassinio di persone innocenti con la promessa del Paradiso; dall'altra nuoce alla popolazione palestinese, gettandola in una situazione tragica sotto il profilo politico ed economico, perché ad ogni attentato terroristico di Hamas tiene dietro la reazione israeliana, altrettanto spaventosa e crudele. Così Hamas è una pietra d'inciampo per la soluzione del problema palestinese, avendo la capacità di influire su ogni accordo che preveda la costituzione di due Stati in Palestina, e in tal modo rendendo molto difficile l'unica soluzione realistica di quel problema. Sta qui il dramma della Palestina di oggi e di domani.

 

Note

[1] Cfr M. INTROVIGNE, Hamas, Fondamentalismo islamico e terrorismo suicida in Palestina, Leumann (TO), Elledici, 2003, 128, euro 8,00. È merito dell'A. aver riportato, per la prima volta in traduzione italiana, lo «Statuto del Movimento di Resistenza Islamaco (Hamas. Lo citiamo qui ampiamente.

[2] Sui «Fratelli Musulmani», cfr A. PACINI (ed.), I Fratelli Musulmani e il dibattito sull'Islam politico. Torino, Fond. G. Agnelli, 1996.

[3] Sul fondamentalismo, cfr J.-F. MAYER 1 Fondamentalismi, Leumann (TO), Elledici, 2001; M. INTROVIGNE, Osama bin Laden. Apocalisse sull'Occidente, ivi, 2001; R. GUOLO, Avanguardie della fede. L’islamismo tra ideologia e politica, Milano, Guerini e Associati, 1999. Si noti che tra Hamas e al-Qaeda di Bin Laden ci sono notevoli differenze: Hamas è un movimento fondamentalista «nazionale», cioè radicato in uno specifico territorio (la Palestina), mentre al-Oaeda è «transnazionale». Hamas ha come scopo immediato la cacciata degli ebrei dalla Palestina e l'instaurazione di uno «Stato islamico» che vada dal Mediterraneo al Giordano, mentre al-Qaeda sogna l'istituzione del califfato e l'islamizzazione dell'Occidente, il «nemico mortale» dell'islàm e il predatore delle sue ricchezze, costituite essenzialmente dal petrolio. Perciò, mentre il nemico contro cui si batte Hamas è Israele, il nemico di al-Qaeda è l'Occidente «ateo e corrotto», in primo luogo gli Stati Uniti: perciò predica la «rivoluzione islamica mondiale» e a tale scopo è in contatto con tutte le organizzazioni terroristiche dei vari Paesi, per la sconfitta e la distruzione dell'Occidente. Si deve poi notare che, in Palestina, Hamas è il più importante, ma non l'unico movimento terrorista. Oltre al Jihad Islamico, ci sono le Brigate dei Martiri di al-Aqsa, legate ad al-Fatah.

[4] Cfr F. KHOSROKHAVAR, Les nouveaux Martyrs d’Allah, Paris, Flammarion, 2002.

[5] I musulmani si dividono in sunniti che sono la grande maggioranza, e in sciiti, che vivono in massima parte nell'Iran e nel Sud dell'Iraq. La divisione risale ai primi tempi dell’islàm. Quando si trattò di eleggere il successore di Muhammad alla guida della «comunità del Profeta» (ummat al-Nabi), la maggioranza dei suoi compagni si pronunciò a favore di Abu Bakr e poi di ‘Omar e di ‘Uthman, mentre la minoranza si schierò dalla parte di Ali, marito di Fatima, figlia di Muhammad. Sorse così, la Shi' at 'Ali (o partito di Ali), secondo il quale il successore di Muhammad come Califfo doveva essere sempre un membro della sua famiglia. Ben presto la Shi'a si divise dalla Sunna (la maggioranza musulmana ortodossa), formando una branca particolare dell'islàm, con credenze proprie, la principale delle quali è che l’imam (capo supremo), sempre e solo della famiglia di Ali, ha in sé una particella di luce o di sostanza divina, per cui è dotato di una scienza sovrumana, è impeccabile e infallibile. Gli sciiti si chiamano «duodecimani» perché credono in 12 imam, l'ultimo dei quali, Muhammad ibn al-Hasan al-Askari, non sarebbe morto, ma si sarebbe nascosto, per fare la sua apparizione come Mahdi, cioè come Messia, che dovrà riportare sulla terra la bontà e la giustizia prima del giudizio. La morte in battaglia del terzo imam ha fatto nascere negli sciiti l'ideologia del «martirio».

[6] Le huri sono le giovani «vergini, amanti, coetanee» dei beati del Paradiso, di cui parla con molta frequenza il Corano (s. 56, 35-36).

[7] Abbiamo attinto queste notizie sul «rituale» del terrorista «martire» da M. INTROVIGNE, Hamas, cit., nota 1, 73-75.

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