CENTOSESSANTAMILA morti nel 1999, molti di più nel 2000. E un allarme mondiale: la persecuzione nei confronti dei cristiani sta crescendo, praticamente in ogni area del pianeta, anche in regioni dove fino a qualche anno fa lequilibrio religioso e etnico (vedi lIndonesia) sembrava un dato acquisito. Lallarme viene da più parti. Nazioni Unite, Organizzazioni dei diritti umani, la Commissione Giustizia e Pace, la Federazione protestante di Francia, Cristiani contro la Tortura, Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), tutte: in queste settimane presentano denunce, chiedono interventi, o attenzione, da parte dei media distratti. A maggio la sede centrale di ACS, unorganizzazione cattolica che gestisce aiuti per 70 milioni di dollari annui (circa 150 miliardi di lire) in 150 paesi, pubblicherà il suo Rapporto 2000 sulla libertà religiosa nel mondo . Già ora però la «filiale» olandese dellACS ha reso noti i dati relativi ai cristiani (non solo i cattolici, ma i cristiani di tutte le confessioni), e ha stilato una mappa dei vari livelli di pressione, i tre gradini dellintolleranza: discriminazione, discriminazione con accenni di persecuzione, persecuzione. Il rapporto cita la proiezione di un professore di statistica statunitense, David B. Barrett, di Richmond, secondo il quale i martiri cristiani per la fede sarebbero saliti nel 2000 a 165 mila. «Specialmente in India, Sudan, Indonesia, Timor Est e Egitto ci sono molte vittime - afferma Gyula Orban di ACS Olanda -. Approssimativamente il 10 per cento dei due miliardi di cristiani nel mondo sono perseguitati. Questo significa che circa 200 milioni di cristiani soffrono a causa della loro religione». Non sono i soli, naturalmente. Gli spazi di libertà religiosa si sono ristretti in maniera sensibile in molti paesi, e persino in Francia un progetto di legge, teoricamente contro le sette, è fermo in Parlamento dopo le proteste della Chiesa cattolica, della Comunità Israelitica e dellUnione Evangelica. «Vengono introdotto criteri sanzionatori nei confronti delle idee, in mano al Ministero dellInterno - ci spiega Attilio Tamburrini, direttore generale dellAiuto alla Chiesa che soffre. - Si è tanto detto contro lInquisizione, e ora la facciamo in chiave laicista»? Lobiettivo è quello di creare un Osservatorio permanente dello stato della libertà religiosa nel mondo. Generale, si badi bene, non limitato solo ai cristiani. «Il Papa ha ripetuto più volte che il diritto alla libertà religiosa non è qualcosa che riguardi questa confessione o quellaltra; è un diritto naturale che riguarda tutti gli uomini in quanto tali. E recentemente lha ribadito anche allambasciatore iraniano. Quindi noi diciamo: andiam o a vedere la situazione della libertà religiosa in quanto diritto naturale. E non è un problema di interesse astratto: se uno Stato ha il diritto di intervenire sul modo di pensare di chiunque, e se io gli riconosco questo diritto, allora domani può intervenire anche su di me». Con Tamburrini compiamo una rapida ricognizione della situazione nella aree di peggioramento. Cè stato un irrigidimento non previsto, a Cuba; «Forse dipende dalletà di Fidel, man mano che si avvicina il trapasso, la paura del cambiamento provoca dei blocchi». LAfrica è un dramma, ma il problema non è tanto e non solo la persecuzione organizzata, quanto linstabilità generale. «In particolare nellAfrica nera, abbiamo un mondo al suicidio». Un continuo scontro tribale, finanziato da chi ha interessi in l oco, «dove lattività del missionario, ma anche del missionario laico di Medecins sans frontières è a rischio ogni giorno. Spesso il missionario è visto male dai due contendenti, è visto come un possibile testimone dalluno e dallaltro». In Sudan la situazione si complica perché alcuni gruppi armati hanno perso connotazione politica, si sono trasformati in bande, e non rispondono più a nessuno: «Allora non cè più solo la ribellione contro il Nord, contro lislamizzazione forzata». Le Molucche e lIndones ia sono una ferita aperta. Incancrenita dagli odi tribali: «Ci sono tribù cristiane e tribù di altre religione. Di fatto, siamo al massacro; noi non siamo la Congregazione per le Cause dei Santi che deve accertare il martirio "in odium fidei", registriamo che i cristiani soffrono». LIslam è un problema anche dal punto di vista della denuncia: «Cè il grave handicap che i paesi considerati più filo-occidentali, come lArabia Saudita, sono i più duri dal punto di vista religioso. E facile impostare una campagna quando coincide con gli interessi occidentali. Se cè da attaccare lIraq, non si hanno problemi. Ma per esempio con la Cina è più difficile». In tutti i paesi islamici le conversioni o sono proibite esplicitamente, o di fatto rese quasi impossibili dalla pressione sociale. Problemi anche in Vietnam, ma ovunque si profila una fuga, almeno parziale. «Questi regimi hanno un grosso problema di controllo con Internet. Quando è stato imposto lobbligo di registrazione per chi si collega con la rete, solo a Saigon in un mese ci sono state quarantamila domande. Non cè burocrazia che tenga: Internet rompe un muro altrimenti invalicabile». Infine Tamburrini suggerisce una «griglia» di valutazione per ogni cittadino dei paesi sotto esame: «Ho diritto alla conversione, a manifestare pubb licamente la mia fede, e ad avere relazioni internazionali con chi condivide la mia fede».
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